il racconto

La sfilata che non fu: Vuitton crea una perfetta realtà parallela

Le collezioni cruise sono diventate così importanti da determinare il tono di un racconto. Un esempio dall'evento all'Isola Bella

Fabiana Giacomotti

Troppo importanti per il fatturato (le ultime rilevazioni, pre-Covid, ne attestavano il peso attorno al 60 per cento), il prestigio, la comunicazione, sono diventate le sfilate “cruise”, o resort, o crociera come si diceva una volta quando le signore andavano in crociera davvero, in inverno, perché si possa anche solo immaginare di trasmetterne al grandissimo pubblico una versione meno che perfetta. Le collezioni crociera, che si inseriscono in boutique verso fine novembre, sono le uniche a essere vendute a prezzo pieno fino a giugno. Non solo: benché i creativi in genere lamentino la pressione di dover realizzare una collezione dietro l’altra, senza il tempo per ripensare, cambiare strada, semplicemente fare ricerca, è proprio nelle collezioni cruise che trovano una maggiore libertà di espressione.

 

Dunque, chi fra dieci, vent’anni, dovesse cercare per motivi di studio o di semplice interesse per la moda il video della sfilata Cruise 2024 di Louis Vuitton, su Youtube o nei vecchi account di qualche specialista ne troverebbe due: il primo, generalmente malfatto, girato ieri sera nei saloni del palazzo Borromeo all’Isola Bella, con le modelle che camminano veloci lungo il pavimento a seminato, sullo sfondo gli influencer stranieri ma anche certe isteriche giornaliste italiane, tutti esterrefatti di non “avere campo” e dunque di non poter trasmettere in diretta perché quello è un palazzo del Seicento e no, il segnale non passa attraverso quei muri spessi un metro e dieci ed è anche inutile provarci, ammirate i Guido Reni e Giordano piuttosto, "Giordano chi". E poi un secondo filmato, girato con grande dispiego di droni nel giardino, sullo sfondo del Teatro Massimo, capriccio barocco in pietra locale, ornato di statue scolpite da Carlo Simonetta nel decennio 1667-1677, che rappresentano il lago Verbano, i fiumi Ticino e Toce, i quattro elementi naturali, tutti dominati dall’unicorno, simbolo dei signori del luogo, che nonostante la pioggerella battente è incantevole.

   

È il video delle prove, e saggiamente il direttore creativo Nicolas Ghesquière ha voluto che questo film, che dà senso alla collezione, ai copricapi delle modelle, alla ragione stessa della sua presenza qui, diventasse il documento ufficiale di un evento falcidiato da una pioggia battente come solo il lago sa offrirne quando si rannuvola. E ieri aveva deciso di dare il peggio di sé. Saltata dunque, ma non per l’ufficialità dei posteri, la sfilata fra le rare essenze del parco dell’isola sulle note ideali della Barcarolle dei Contes d’Hoffmann di Offenbach, “O belle nuit d’amour” perché sì, l’isola è di costruzione e sogno seicentesco, ma l’apogeo il lago lo conobbe dalla Belle Epoque ai primi Trenta, gli anni del trionfo delle operette, dei capricci e anche di molte esplorazioni musicali e letterarie del tema della “donna del lago”, topos comune a ogni mitologia e molto frequentato dal Decadentismo (fra pochi giorni, Emma Dante porterà al Teatro alla Scala Rusalka, altra lunare fiaba dell’acqua e delle donne seducenti e misteriose che la popolano). Impossibili i giochi di luce dei droni, che avrebbero dato alla sfilata il tocco del sogno incantato, e che si sono goduti gli abitanti di Stresa, la sera precedente, una sera perfettamente blu e limpida.

 

Niente cena fra le bancarelle dell’isola, interamente ri-brandizzate Vuitton, Cate Blanchett comunque sorridente sotto l’ombrello, Oprah Winfrey di ottimo umore, Marina Borromeo impegnata a fare gli onori di casa come se gli ospiti fossero stati otto e non ottocento, Catherine Deneuve con l’espressione che tutti prendiamo con l’età, cioè quella che ci meritiamo e che nel suo caso non è delle più serene e benevole, la gentile sindaca di Stresa Marcella Severino sinceramente dispiaciuta: sperava tanto in una simile visibilità per fare nuovamente di Stresa la meta elegantissima che era un secolo fa, si è adoperata tantissimo con l’organizzazione perché tutto filasse liscio.

   

Dice Ghesquière, incontrato pochi minuti prima della sfilata in una suite dell’hotel Delfino, nato nel Settecento per accogliere i primi ammirati visitatori del parco, compreso Stendhal e oggi ristrutturato da Vitaliano XI Borromeo, di non aver voluto sapere alcunché della storia dell’isola per poter sognare e portare in vita liberamente una lunga teoria di sirene e creature acquatiche emergenti dalle acque, e di aver studiato un percorso progressivo “dal nautico al barocco” che parte da una serie di top e giacche in scuba (è decisamente il momento dello scuba, se ne è visto anche da Gucci a Seoul) per sublimarsi in una serie di abiti da sera in sete e ruches, come ampi e seducenti peignoir. Una unione di opposti che Ghesuière pratica da sempre, mescolandovi linee tratte dall’amatissima saga di Star Wars e dai manga che rendono perfettamente spiegabile il grande successo del brand in Giappone e in genere in Oriente. Molto seducenti le gonne in grandi paillettes traslucide e cangianti che mimano le squame dei pesci, una interessante sorpresa la riscoperta la Randonnée, riuscitissima sailor bag degli Anni Novanta che sul mercato vintage ha raggiunto prezzi interessanti, e che viene riproposta in nuovi colori.

 

A margine dell’incontro, compare il nuovo presidente-amministratore delegato di Louis Vuitton, Pietro Beccari. Parla anche lui di acqua: di quella, devastatrice, che ha colpito la terra dov’è nato, l’Emilia Romagna Il Gruppo Lvmh ha fatto una grossa donazione per i territori colpiti dall’alluvione. Fonti vicine al presidente Bonaccini parlano di un milione di euro.

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