controtendenza - 3

Come fare moda senza parlare mai di vestiti

Il clamoroso show di Gucci, sessantaquattro gemelli, una grande riflessione sul tema del doppio, dimostra che per restare rilevanti in questo settore che fagocita creativi come Crono non ha importanza fare ogni volta una collezione diversa, ma raccontare la vita e le sue evoluzioni

Fabiana Giacomotti

Il grande, assoluto capolavoro di Alessandro Michele, il motivo per cui la sua moda continua a essere rilevante pur restando sostanzialmente inalterata da sette anni, perché quando la scomponi continua ad essere fatta di bei completi giacca-pantalone, di gonne a matita donanti, da giorno o da sera, di camicie bon ton, pantaloncini e di abiti da sera luccicanti e molto sexy, si è capito solo in queste ore, quando alla conferenza stampa della collezione “Twinsburg”, interessante riflessione attorno ai risvolti psicologici, e anche un po’ esoterici, del doppio, dei gemelli, sessantaquattro coppie uscite in passerella a sorpresa in un’ondata di batticuore e commozione che ha travolto la platea, è riuscito a non parlare nemmeno una volta della collezione.

  

Sì, la borsetta ripresa da uno storico modello Gucci ispirato alle selle, sì i gadget sviluppati attorno al personaggio tenero e mostruoso del Gremlin, anche lui simbolo di alterità e di doppiezza, sì il recupero sulle felpe zippate della testata “Fuori!!”, il simbolo editoriale del movimento di liberazione omosessuale italiano fondato dal libraio Angelo Pezzana di cui meno di un anno fa è uscita la copia anastatica completa dei numeri, con il supporto di Levi’s (non lo sa, però indossa la bomba-simbolo della rivista stampata sulla t shirt).

 

Sì tutto, però senza che valga la pena di approfondire, perché chi è lì a guardare moda sarà ben in grado di valutare da solo i pantaloncini costruiti come giarrettiere, giusto? Rendere la moda rilevante come oggetto di riflessione sociale significa andare all’essenza etimologica e simbolica della moda stessa, al “modus”, ed è certamente per questo che anche chi si disinteressa totalmente di vestiti è interessato invece al lavoro del direttore creativo di Gucci.

  

Alessandro Michele è noto ben oltre il mondo della moda perché non parla di moda, ma parla di noi. Perché nel suo approccio teatrante, abilissimo, allo spettacolo della moda (per questo show ha preso una vecchia canzoncina di John Foster che le gemelle Olsen cantavano in tv da bambine, travestite come ballerine di charleston, l’ha fatta recitare come un testo shakespeariano da Marianne Faithfull, vi ha aggiunto una composizione musicale sviluppata per l’occasione da Gustave Rudman, abbiamo visto colleghi singhiozzare come per la Fedra di Racine), intercetta e interpreta le pulsioni del contemporaneo. E lo fa partendo sempre da sé, dalla propria esperienza personale: questa volta, il tema dello specchio, dell’altro da sé, proveniva dalla sua infanzia di bambino accudito da due mamme, la sua e la zia, gemelle monozigote, incapaci di separarsi al punto di vivere a pochi metri di distanza l’una dall’altra, sullo stesso pianerottolo, e di dividere ogni pensiero, ogni idea, ogni desiderio.

 

“Alle mie mamme gemelle, Eralda e Giuliana, che hanno potuto accedere alla comprensione della vita solo attraverso la presenza dell’altra”, scrive Michele dedicando la collezione al suo “mondo dell’infanzia, perfettamente doppio”. Esistono infiniti studi sul rapporto simbiotico fra i gemelli, su quella che il direttore creativo di Gucci racconta giustamente come “una solidarietà genetica” e “un’intimità segreta e inaccessibile dall’esterno” perché costruito attorno “a un patto ancestrale, immemore di sé perché nato in un tempo più antico di loro”. Esistono i rapporti e le ricerche sui gemelli, del tutto insufficienti a spiegare il moto di meraviglia e di commozione per il mistero della vita che ci coglie ogniqualvolta ne incontriamo due, ma esiste anche la curiosità per quel nostro doppio nascosto, quell’ombra nascosta, quel lato segreto che talvolta abbiamo voglia di rivelare e al quale, nella sua infinita abilità, Michele attribuisce alla moda stessa.

 

La moda come leva di personalità altre, come mezzo di affermazione dello specchio di sé, del proprio io nascosto, è un tema di cui sentiamo parlare da sempre, anche ampiamente teorizzato da secoli, ma che difficilmente facciamo nostro a livello cosciente, palese, o discutiamo apertamente. La forza di Alessandro Michele, la ragione per la quale continua a vendere borse e scarpe e non è ancora stato divorato dal sistema, crudele come Crono con i suoi figli e come la sfilata veramente malriuscita di Missoni dimostra (ne scriveremo a breve) sta proprio in questo: nella capacità di rendere la moda una parte, non superficiale, della vita quotidiana.