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Non solo Totti e Ilary. Il nostro ascensore sociale sono le borsette e i Rolex

Fabiana Giacomotti

Lei che si porta via gli orologi e allora ecco lui che le nasconde le borsette. Anche se la moda e il lusso guardano all'inclusione e alla sostenibilità, l'essenza più intima dei nostri orizzonti è sempre in un film dei Vanzina. I vecchi status symbol non muoiono mai

Lei va a svuotare la cassaforte con i Rolex, “con la scatola e la garanzia”, che significa manco di fretta per la rabbia, bensì pianificando l'azione come aveva pianificato anche lui il possesso degli orologi, con la scatola e tutto, mica come gli sbadati che si dimenticano il Patek del nonno nel cestino del pic nic e lo ritrovano vent’anni dopo (tratto da una storia vera). Lei che si porta via gli orologi e allora ecco lui che le nasconde le borsette, o la borsa o il Rolex e già fioriscono i meme sui social ed è sempre film dei Vanzina. Nessuno mai come loro ha capito la nostra essenza più intima, indagato con maggiore acume i limiti – vicinissimi – dei nostri orizzonti. Milano-Cortina due giri di tic, il Dogui, il Ferrari scritto con l'articolo al maschile e “ciao povery”.

  

Non sono Ilary Blasi e Francesco Totti, non è il caso specifico. E' il contesto generale. Non ci stacchiamo da lì, l’unico ascensore sociale che conosciamo e ri-conosciamo è quello dello sfoggio pacchiano, del consumo vistoso, the conspicuous consumption come diceva Thorstein Veblen oltre un secolo fa.

  

Slippini con la fascia elastica D&G e orologione d’oro, un’estetica unica che unisce il nord e il sud, i fratelli Bianchi, l'imprenditore veneto, il calciatore e la velina media. Un mondo che credevamo scomparso con la politica di Silvio Berlusconi e che invece, proprio come il Cavaliere, non scompare mai anzi torna con gli stessi slogan e gli stessi identici successi. La moda, il lusso, guardano da almeno un decennio ad altri temi – l’inclusione, il sostegno delle minoranze, la (quasi impossibile) sostenibilità. Ma è chiaro che, per una buona fetta di clienti e come in fondo tutti abbiamo sempre saputo, questi temi siano inutili orpelli, strategie di marketing, semplici mezzi di comunicazione per ammantare di valori positivi puri e semplici oggetti del desiderio, insegne costose di successo e disponibilità economica. Insomma, i vecchi status symbol, che tutto sono fuorché inclusivi.

  

Per un semiologo, un comunicatore, un sociologo, l’intervista del Corriere della Sera a Francesco Totti è materia di studio straordinaria, e certamente entrerà nei prossimi saggi e nelle future analisi. Vi si trovano sogni, ambizioni, valori della classe media italiana di oggi. E in sottotono il tema, fondamentale per le logiche del consumo di lusso, del valore che nella nostra vita assumono gli oggetti, e di come questi oggetti, o la loro sparizione, la loro sottrazione, la loro rappresentazione, diventino capitali per raccontare se stessi agli occhi del mondo. Ecco allora che acquista senso sia la collezione di borse (per la signore della tv, soprattutto romane, la borsetta ha un ruolo identitario che le milanesi, per esempio, ignorano e trovano anche un filo cafone) sia quella di orologi. Per questo, in fondo, la dichiarazione di Totti, mi ha sottratto i Rolex, le ho nascosto le borse, suona al tempo stesso patetica e preoccupante. Perché parla a un mondo culturalmente residuale, e che andrà però a votare fra dieci giorni.

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