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Come è bello sibilare con la Vespa (elettrica) per le strade di Roma

Michele Masneri

Ha anche la retromarcia, ma è così leggera che non servirebbe. Si ricarica in 4 ore. In modalità eco hai 100 km di autonomia. Ci si sente un po’ Nanni Moretti, ma lui non aveva il Kers...

Ogni città ha il suo mezzo di trasporto, e quello di Roma si sa che è lo scooter, anzi meglio ancora la Vespa: raffigurata in decine di film, fu presentata proprio a Roma, al circolo del golf dell’Acquasanta nel 1946. Ma è al cinema che è stata protagonista, e dunque oggi che c’è di meglio di ripercorrere alcune fondamentali location di pellicole  leggendarie però con l’ultima versione elettrica di questo mezzo che conosce innumerevoli tentativi di imitazione? 
Con la Vespa elettrica è ancora più facile girare per i luoghi più turistici dell’immaginario tra Dopoguerra e oltre. E la Roma di oggi, quella del Covid alla seconda ondata, quella che attende i DPCM notturni, spopolata e  surreale, invoglia alla guida placida che consente di ammirare e ricordare: dunque ideale selezionare la modalità “eco”, che permette velocità limitata a 45km/h e autonomia fino a 100km. Alla fontana di Trevi per la prima volta deserta si può far finta di essere Mastroianni, e al Colosseo privo delle migliaia di turisti cinesi e giapponesi coi selfie-stick immaginarsi dei Gregory Peck molto ecologici. Non si è mai capito peraltro se è verità o leggenda che le case motociclistiche testino i loro scooter proprio ai Fori, più economici ma ugualmente accidentati e “challenging” di qualche sterrato africano (ma adesso sono pedonali, ci passano solo autobus e taxi); e anche piazza Venezia, il tratto stradale più accidentato del mondo libero, è stato bonificato con estenuante sistemazione dei sanpietrini. Su questi, anche se resi scivolosi dalle bombe d’acqua che sono cadute negli ultimi giorni, questa Vespa in versione elettrica si guida come una normale Vespa, tranne il sibilo che le prime volte colpisce i passanti e chi ti si affianca ai semafori (ma ormai lo stupore dell’automobilista e del pedone alla vista del mezzo elettrico è sostituito da uno sguardo sollevato: è una Vespa, non è per fortuna un monopattino, di quelli che ti sguinciano accanto su un marciapiede o che si accatastano buttati a terra davanti anche ai più fondamentali monumenti).

 

Questa Vespa, a parte il sibilo, e la mancanza del tubo di scappamento, è distinguibile dalle altre solo per un bordino in colori accesi che segue la carrozzeria (qui verde). Le batterie da 4,2 kilowattore si ricaricano in quattro ore nella normale presa elettrica, e il filo che esce da quello che era una volta il tappo del serbatoio, sotto la sella, è un’altra delle differenze che colpiscono. Ce n’è abbastanza comunque per compiere un giro degno del Nanni Moretti di “Caro diario”, il film del 1993 che esce in questi giorni in versione restaurata: e dunque eccomi a seguire l’itinerario vespistico morettiano, dalla Garbatella oggi famosa soprattutto per la presenza di Eataly, fino a Spinaceto, il quartiere di Roma Sud simbolo dello spopolamento della città negli anni Sessanta, quando già si parlava di andare a vivere in campagna. Ma l’omonimo brano di Toto Cutugno è del 1995, e comunque sempre prima delle archistar di oggi, che teorizzano con le pandemie la fine della città e la riscoperta delle campagne a bassa intensità.

 

Rispetto alla Vespa di Moretti, qui al posto del contachilometri c’è un enorme display a colori da 4,3" che sembra un piccolo televisore. Al centro vengono visualizzate informazioni come velocità, modalità di guida, autonomia e livello della batteria, ai lati c’è un indicatore dell’energia utilizzata e recuperata grazie al sistema di recupero dell’energia cinetica KERS (Kinetic Energy Recovery System), che la ricarica nelle fasi di decelerazione. Lo schermo scintillante è comunque talmente scintillante che ti viene voglia di guardare quello invece della strada (ma potrebbe non essere una buona idea, diciamo). Con la Vespa elettrica in pellegrinaggio sui luoghi morettiani mi spingo dunque a Sud, sulla Cristoforo Colombo, la grande via che porta verso il mare e l’Eur – “La Terza Roma si dilaterà sopra altri colli lungo le rive del fiume sacro sino alle spiagge del Tirreno”, sta scritto sul palazzo degli Uffici, mentre più avanti nel palazzo della Civiltà romana anche detto Colosseo quadrato ecco un’altra scritta mussoliniana, «un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori», che pare un po’ un’esagerazione (un paese soprattutto di mitomani). Ma poco prima ecco il palazzo della Regione Lazio, già utilizzato per alcune scene di Fantozzi (più consono allo spirito nazionale).

 

Supero finalmente Spinaceto e arrivo a Ostia, dopo aver percorso la via del Mare in modalità  power (quella più sportiva, con velocità massima di 70km/h e autonomia fino a 70km). La Vespa elettrica pesa circa venticinque chili in più di quella normale, e le batterie collocate sul pavimento del sottosella riescono a tenerla ben ancorata a terra anche nei pezzi di strada in cui le radici dei pini marittimi creano dune degne del Camel Trophy. Tra le caratteristiche che la contraddistinguono dalla sua parente termica, il fatto che per accenderla bisogna premere un pulsante, e la retromarcia (sì, c’è una funzione che si chiama “reverse”, per facilitare gli spostamenti magari in salita o in manovra, anche se non ce ne sarebbe bisogno perché la Vespa è leggera abbastanza per portarla a mano). Comunque adesso è già ora di tornare: si passa accanto all’ippodromo di Tor di Valle, dove nel ‘59 si girava la corsa delle bighe di Ben Hur, il re di tutti i “peplum”, 11 oscar e fama imperitura: e il regista William Wyler, quello già di Vacanze romane, andava a girare, naturalmente, in Vespa).

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).