il foglio mobilità

La mobilità del futuro sarà servita alla spina

Umberto Zapelloni

Tutto sarà elettrico, ma servono le ricariche. Agenda per il governo

Guardatevi attorno. Monopattini, biciclette a pedalata assistita, motorini che hanno lo stesso ronzio di un calabrone, auto attaccate alla spina come l’abat-jour della nonna. Il mondo attorno a noi sta cambiando il suo modo di muoversi, la mobilità cittadina sta imboccando una via da cui poi difficilmente potrà tornare indietro. Le colonnine di ricarica, che fino a qualche tempo fa erano parte dell’arredo urbano, oggi sono quasi sempre in uso, collegate a un’auto. Sono momenti decisivi per capire dove stiamo andando, se davvero ci stiamo preoccupando dell’aria che respiriamo, dei mari dove nuotiamo o se tutto questo interesse per la mobilità elettrica sarà soltanto una moda passeggera come la caccia ai Pokemon con il proprio telefonino. A giudicare dagli investimenti dei costruttori di auto, moto ed e-bike e dei provider di energia, ma anche analizzando i dati del mercato dopo il blocco dovuto al virus, tutto indica che il futuro andrà in quella direzione. Non potremo fare a meno di ricaricare l’auto, così come facciamo con il telefonino e mille altri oggetti usati quotidianamente. Non saremo subito inondati dalle auto elettriche, ma vivremo un passaggio con le ibride plug-in, probabilmente la miglior soluzione al momento, auto che ci permettono di percorrere 50/60 chilometri in elettrico e completare il viaggio con il motore termico, sia esso a benzina o a gasolio. 

 

Il Foglio ha così deciso di dedicare un inserto mensile di 8 pagine alla mobilità del futuro. Racconteremo le tendenze, le novità, i personaggi che stanno scrivendo questo futuro insieme a tutti noi. Poi, come sempre, saremo noi a decidere il nostro destino come abbiamo fatto mangiando la mela. La pandemia ha rivalutato il trasporto personale, auto, scooter, bicicletta o monopattino che sia. Se una volta si consigliava di muoversi con i mezzi pubblici, di stringerci in una macchina con altri tre colleghi, oggi tutto cambia o sta cambiando.

 

Prima di approdare in un mondo totalmente elettrico, però, c’è un lungo percorso da intraprendere e soprattutto un parco auto da svecchiare. Quello italiano è il più vecchio d’Europa, ha più di 11,5 anni di media e il 60 per cento dei quasi 39 milioni di auto in circolazione è da euro 4 in giù. Al ritmo di un milione, un milione e mezzo di auto all’anno, se anche comprassero tutti auto elettriche ci vorrebbero 25 anni per vedere in giro solo auto di quel tipo.  Che il mondo della mobilità stia cambiando se ne è accorto anche chi governa incentivando un po’ tutto (dal monopattino alla supercar elettrica) anche se in modo un po’ confuso. Gli stanziamenti per le auto meno costose con una fascia di emissioni di CO2 comprese tra 91-110 g/km (50 milioni ad agosto e 100 a settembre) sono andati esauriti subito (in 5 giorni i primi, in 12 i secondi). E’ una fascia che significa il 42 per cento del mercato con un consumo di C02 comunque minore alla media italiana dello scorso anno che era di 114 g/km. “Non chiediamo contributi a fondo perduto: i 50 milioni di euro stanziati dal governo per agosto si sono concretizzati nell’acquisto da parte di privati di 14mila auto in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno, con l’incasso di circa 70 milioni di euro di Iva da parte dello Stato –  ci racconta il presidente di Federauto, Adolfo De Stefani Cosentino – Chi vuole cambiare auto oggi non ha la disponibilità per passare alle auto elettriche che sono ancora costose, senza aggiungere che le infrastrutture sono ancora carenti. Per far ripartire il mercato servirebbe distribuire in modo diverso gli incentivi, senza differenziare per consumo di C02 e per ringiovanire il parco sarebbe indispensabile incentivare  l’acquisto dell’usato”.

 

“Aver previsto i finanziamenti per fasce chiuse, come avevamo detto al governo, non è stata una buona idea. Attualmente la quarta fascia, quella che raccoglie i modelli tra 91 e 110 g/km di CO2 i più richiesti, ha esaurito il fondo, per cui non ci sono più incentivi e il mercato si è fermato. Ma stiamo lavorando per avere i prossimi finanziamenti senza suddivisioni in fasce”, conferma Michele Crisci, neo rieletto presidente di Unrae e di Volvo Italia. 

 

Ad agosto gli incentivi hanno aiutato a bloccare il crollo delle vendite con incrementi a tre cifre per le vetture ibride, plug-in ed elettriche. Le ibride sono salite al 15 per cento di quota, quando era il 4,6 un anno fa (11,5 negli otto mesi), le plug-in salgono dallo 0,3 all’1,8 per cento (1,2 nel cumulato) e le elettriche dallo 0,6 al 2,1 per cento (1,6 negli otto mesi). Sono ancora numeri piccoli, ma indicano una chiara tendenza. Volvo, ad esempio, ha venduto molte più Volvo XC 40 Recharge delle versioni benzina o diesel. “Gli incentivi hanno permesso agli italiani di scoprire l’auto elettrificata – racconta Crisci – In luglio e agosto l’80 per cento delle XC40 che abbiamo venduto sono state plug-in. Sono sicuro che tra tre anni quello italiano sarà il mercato ‘elettrico’ più importante d’Europa. Ma sarà fondamentale lavorare sulle infrastrutture, aumentare il numero delle ricariche veloci quelle che in venti minuti di restituiscono l’80 per cento dell’autonomia. Per fare esplodere questo mercato servono solo le ricariche, la gente ormai ha cominciato a credere in questo tipo di auto con un’offerta che si sta sviluppando in modo importantissimo”. Il cammino è appena incominciato. La prossima tappa è la legge di bilancio e soprattutto il recovery fund. Un’occasione che la mobilità non può perdere.

 


 

Domani in allegato al quotidiano trovate il secondo numero del Foglio Mobilità, il mensile a cura di Umberto Zapelloni che racconta come sta cambiando il nostro modo di muoverci

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