Stephen Miller (foto LaPresse)

Chi è il volto millennial di Donald Trump

Il crociato Stephen Miller è l'eroe generazionale del presidente. La bella Hope rimane dietro le quinte

New York. Il volto millennial di Donald Trump doveva essere quello gradevole e rassicurante di Hope Hicks, la ventottene appassionata di moda finita in modo rocambolesco nella campagna elettorale e che poi si è conquistata sul campo un posto in prima fila. Hicks è sempre lì, impeccabile fra Omarosa e Kellyanne Conway, ma non è a lei che è affidato il compito di andare davanti alle telecamere a difendere il presidente. Hicks si limita a dichiarazioni di ammirazione per il boss raccolte durante gli eventi (tipo: “Il presidente Trump è brillante, e ha forza e vigore all’altezza”) mentre l’eroe generazionale trumpiano è Stephen Miller, che lo scorso fine settimana è passato dalle quinte al palcoscenico con la sua cravatta stretta e la parlantina sciolta. Miller ha 31 anni e proviene politicamente dalla severa scuola di Jeff Sessions, che lo teneva in altissima considerazione e lo usava un po’ come tuttofare: consigliere politico, analista, spin doctor, comunicatore, troll.

Hope Hicks (foto LaPresse)


     

Di lui i cronisti parlamentari ricordano il profluvio di email che dalla prima mattina iniziavano a riempire le caselle, introdotte da oggetti scritti in stile Drudge o Breitbart e interamente in maiuscolo. Forse un giorno verrà fuori che Trump ha imparato il suo stile twittarolo da Miller, e non viceversa. La peculiarità di questo giovane consigliere calvo e con i pantaloni a sigaretta è che è cresciuto a Los Angeles, in uno dei contesti più liberal e politicamente corretti che si possano immaginare. Non è un conservatore dell’Alabama di Sessions, ma uno che ha preso a maturare e a esibire le sue simpatie repubblicane quando era in una scuola pubblica di Los Angeles, il luogo ideale per essere osteggiati. Così si è guadagnato le mostrine del crociato, il combattente che mena le mani in partibus infidelium, e si è inserito, fin nei dettagli estetici, nello specifico canone dello studente-conservatore-in-ambiente-di-sinistra.

 

È una tipologia umana e generazionale difficile da descrivere ma semplice da riconoscere: ogni università contiene almeno una piccola delegazione di urlatori controcorrente vestiti in modo elegante e con l’ossessione del vintage. A Duke, che certo non è l’università più liberal d’America, Miller scriveva articoli infiammatori sul giornale del campus. Per gli standard di Trump la sua performance difensiva in diretta è stata grandiosa: affilato, preciso, senza tentennamenti, Miller s’è fatto soltanto tradire da un gobbo a cui gli occhi si rivolgevano un po’ troppo spesso in cerca di frasi fatte. Quella che è piaciuta di più al presidente è questa: “I poteri del presidente di proteggere il nostro paese sono sostanziali e non saranno messi in discussione”. Seth Meyers ha commentato: “Una frase così poteva essere più spaventosa soltanto se pronunciata in tedesco”.

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