La cronaca americana pullula di clown malvagi, rovesciamento ironico della contemporaneità

Nella cronaca locale affiorano sempre storie di clown mostruosi, che immancabilmente si concludono con le proteste delle associazioni di categoria, che rivendicano la bontà di una figura penetrata nell’immaginario come simbolo definitivo del maligno: agitazione sindacale nel cuore dell’orrore

New York. Ci sono dei clown, sul limitare del bosco. Offrono soldi o caramelle ai bambini per convincerli a seguirli. Alcuni, a Greenville, in South Carolina, sono convinti che i clown abitino in una casa vicino a un lago, in mezzo alla foresta, la “cabin” di legno dove nei film finisce sempre male. Diversi bambini dicono di avere parlato con queste maschere con il naso rosso e le parrucche con i riccioli, alcuni adulti li hanno sentiti, forse li hanno pure avvistati, in quelle radure dove al tramonto l’immaginazione galoppa.

 

Un pagliaccio è stato scorto distintamente sotto un lampione: faceva ciao con la mano. Un altro è stato visto vicino a una lavanderia. Uno, tutto vestito di nero tranne che per la faccia ovviamente bianca, si dirigeva verso il backyard di una famiglia rispettabile. Pare che un padre ne abbia inseguito uno per qualche centinaio di metri con un machete, perdendolo di vista nella notte. Esasperato dalle continue segnalazioni di clown che insidiano innocenti locali, il capo della polizia di Greenville ha fatto un appello a queste presenze inquietanti e ridicole: quello che state facendo “è illegale. E’ pericoloso. E’ inappropriato. Sta creando preoccupazioni nella comunità e deve smettere”. A duecento e rotti chilometri di distanza, nelle foreste di Winston-Salem, altri clown sono stati visti. E a ben guardare gli spazi aperti dell’America sono ciclicamente attraversati da clown che attirano bambini.

 

Due anni fa un orda di pagliacci s’aggirava per le strade più polverose dell’entroterra californiano. Un clown con dei palloncini rosa è stato visto in un cimitero di Brooklyn. Nella cronaca locale affiorano sempre storie di clown mostruosi, che immancabilmente si concludono con le proteste delle associazioni di categoria, che rivendicano la bontà di una figura penetrata nell’immaginario come simbolo definitivo del maligno: agitazione sindacale nel cuore dell’orrore. Con “It”(1986) Stephen King aveva soltanto raccolto e rilanciato un antico tropo che negli anni Settanta aveva assunto le sembianze di John Wayne Gacy, il serial killer di Chicago che di giorno faceva ridere i bambini. Ruggero Leoncavallo con la sua opera “Pagliacci” (1892) aveva già reso popolare la figura del clown-assassino, gettando discredito su una figura che è simbolo del grande rovesciamento ironico della contemporaneità. Quando un clown spunta sul limitare del bosco, a nessuno viene in mente di ridere.

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