
Cercare invano l'autenticità fra le foto senza trucco e senza inganno di donne perfette già al naturale
New York. Il servizio fotografico di Demi Lovato su Vanity Fair sarà anche femminista ed “empowering” per via della sua autenticità – largamente la parola più abusata nel vocabolario millennial – ma fra la spiegazione della cantante e il risultato in pagina c’è un problematico abisso. Un passo indietro. Una sera Demi si trova con il fotografo Patrick Ecclesine nella hall di un albergo e, spinta da varie circostanze, alla ragazza viene in mente un’idea non solo pubblicitaria ma filosofica per promuovere il suo ultimo disco, “Confident”: fare un servizio fotografico senza trucco, senza vestiti e senza photoshop. I due si mettono al lavoro, e tre ore più tardi il materiale è pronto. Al grido di “non me ne frega un cazzo, questa è quella che sono” Demi si prepara a mostrarsi al mondo senza reticenze. E’ dura, ma sono passi che nella vita vanno fatti. E’ una commovente storia di accettazione di sé, del proprio corpo, un moto di amour de soi, una testimonianza di come as you are, mettetela come vi pare, ma le foto sono meravigliosamente perfette, patinate, irrealmente belle e senza smagliature. Se quello è il corpo, accettarlo non è così difficile. E sarà pure “empowering” (e dai) mostrarsi senza il belletto e il ritocco quando hai vent’anni e ti chiami Demi Lovato, ma per tutto il resto del genere femminile – e del genere umano, tanto la distinzione non c’è più – non è un po’ “depressing” ammirare impotenti il risultato? Più che un servizio nature sembra Demi Lovato che recita la parte della Demi Lovato senza trucco e senza inganno, un’altra propaggine dell’ideologia nofilter che prende il fatidico nome di “no-makeup makeup”, il mettersi in posa per sembrare veri e struccati. Alla fine si torna sempre a parlare dell’ironia della generazione che vuole programmare la propria autenticità. Non è strano che per motivi analoghi Emma Roberts si sia presa una buona dose di insulti per il suo servizio photoshop-free per una marca d’intimo e, soprattutto, per aver messo in giro la trovata come un fatto rivoluzionario. Aerie ha lanciato così la linea “Real”, ma guardando le foto sembra tutto incredibilmente poco reale, a parte giusto le gambe che non hanno la perfetta patina dorata e scintillante che aveva forse un posto nell’estetica anni Ottanta, ma bisogna fare molto zoom e avere una diagnosi psichiatrica per giudicarlo un problema. Se non li fa lei i servizi senza fotoritocco, chi? Esiste un merito nel mostrarsi per ciò che si è quando si è a mezzo centimetro dalla perfezione? E’ umiltà suprema o suprema presunzione, schiaffo per chi ha bisogno di ore di preparazione e monumentali ritagli di pixel per essere vagamente presentabile? Se questa generazione agguanterà il Sacro Graal dell’autenticità, non sarà grazie alle foto di donne perfette anche senza trucco.


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