Le case chiuse

Andrea Ballarini

Di tanto in tanto se ne torna  a parlare e, immancabilmente, si riaccendono le polemiche. Chi è favorevole in nome dell'igiene e del decoro e chi è contrario in nome della dignità e della morale. Comunque la pensiate, eccovi una raccolta di luoghi comuni da smerciare con leggerezza sulle case chiuse.

    - Riaprirle. Un fatto di responsabilità sociale.

    - Riaprirle. Un rigurgito di maschilismo con screziature fascisteggianti.

    - Lamentare l’impossibilità di una regolamentazione razionale della materia in Italia. Attribuirne la colpa al Vaticano. Chiosare che, in altre epoche, nello stato della Chiesa esistevano le case di tolleranza.

    - Sono più igieniche.

    - Se non altro sarebbero controllate. Non specificare se le case o chi vi lavora.

    - Preferirle alla deregulation selvaggia del settore.

    - Stigmatizzare lo spettacolo increscioso che si offre ai più giovani lungo le strade. (Vedi seguente)

    - Ricordare quando il vostro bambino di cinque anni vi ha chiesto chi fossero quelle signore vicino ai copertoni in fiamme. Voi, da genitori sinceramente democratici sopravvissuti al dottor Spock, gli avete spiegato che erano signore che vendevano il proprio corpo e lui si è informato se, prima, lo tagliassero a fette.

    - Sono sempre state luoghi di cultura: lo sostenevano anche Montanelli e, in tempi più recenti, Bruno Vespa e Pippo Baudo. (Vedi seguente)

    - Parlare del loro côté letterario. Citare le poesie di Veronica Franco, celeberrima cortigiana veneziana del Cinquecento. Non è necessario averle lette.

    - Deplorare la cattiva letteratura che ha eletto a topos poetico un luogo di desolazione, squallore e sfruttamento. Attenzione a non passare per veteromoralisti.

    - Ricordare che Simenon ha avuto migliaia di donne, quasi tutte prostitute. Sparare cifre a casaccio, anche fino a cinque-diecimila.

    - Con piglio antropologico parlare del rito di passaggio dell’iniziazione sessuale che, dopo l’avvento della legge Merlin, è stato interamente demandato all’iniziativa privata. Rivalutare un approccio keynesiano alla materia.

    - Elencare le canzoni celebrative del mestiere più antico del mondo. “Bocca di Rosa”(*): mainstream ma sempre valida; “Noi siam come le lucciole”(**): datata, ma accettabili le versioni di Gigliola Cinquetti e di Milva; “Veronica” di Jannacci-Fo: insuperata. Immortale il verso “Veronica, 
da giovane, per noi eri l'America: 
davi il tuo amore per una cifra modica 
al Carcano, in pé”.

    - Notazione filologica. Il soffitto viola del “Cielo in una stanza” era tipico delle case di tolleranza. Sempre di grande effetto.

    - Essere favorevoli alla riapertura affinché, finalmente, paghino le tasse anche loro.

    - Lamentare che i più acerrimi detrattori delle case chiuse siano gli stessi che a casa hanno moglie e tre figli e che si fanno poi beccare mentre vanno a trans sulle consolari. Vibrare di sdegno.

    - La colpa è dell’immigrazione fuori controllo: viados, nigeriane, europee dell’Est. Auspicare un bel repulisti.

    - Attribuire la diffusione delle malattie veneree alla loro chiusura.

    - Dire che in Svezia, Norvegia e Islanda è illegale comprare servizi sessuali, ma è legale vendere servizi sessuali. Notazione che suggerisce uno stile di vita internazionale. Valutare se citare “Catch 22” (Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo).

    - È stato presentato un francobollo commemorativo della prostituzione. Costa 25 cents, ma se lo si lecca ne costa 50. (Chevy Chase)

    (*) Sostenere che non parlasse di una prostituta. Non spiegare altro.

    (**) Chiosare che il vero titolo è “Lucciole vagabonde”, mentre quello che viene solitamente creduto il titolo è l’incipit.