Vizi e vezzi della lingua

Andrea Ballarini

Chi usa troppi avverbi, chi parla solo per frasi fatte, chi ha dei tic insopportabili e neppure se ne accorge. La tv e i giornali sono un festival dell'anacoluto. Ecco perché non potete assolutamente lasciarvi scappare l'occasione di stigmatizzare i vostri e altrui vizi e vezzi della lingua.

    - Temere di risultare troppo perentorio chiudendo una telefonata con un solo ciao, quindi dirne una rapida sequenza, nella sconcertante convinzione che la ripetizione attenui il significato. 

    - Dissertare sulla differente peribilità dei verbi. Per esempio, usare ancora straripare è drammaticamente antico; preferire i più moderni esondare e tracimare. Continuare a soggetto. 

    - Alle domande rispondere sempre e solo “assolutamente sì” o “assolutamente no” suggerisce estrema competenza nella materia che si sta trattando. Proporre l'introduzione di “assolutamente forse” qualifica come sapidi fustigatori del costume. 

    - Prospettare la mutilazione per chi fa il segno delle virgolette con le mani. Trovarlo equivalente alla gomitata nel fianco di Franco Franchi.   

    - Piangere la scomparsa dai telegiornali del verbo cominciare, sostituito da scattare. Scatta la febbre degli acquisti, scattano le targhe alterne e a voi scattano i nervi.  

    - Auspicare che al più presto venga ritrovato un arsenale che non sia un vero e proprio arsenale. Chic. 

    - Postulato del Tommaseo. Il numero di punti esclamativi è sempre inversamente proporzionale all'importanza di quel che viene scritto. 

    - Sostenere che concludere con “Scherzo!” una cattiveria terribile non invalida quanto detto in precedenza. 

    - La morsa del gelo, la morsa del caldo, la morsa del maltempo. Mai “La morsa” di Pirandello. Dolersene. 

    - Nel corso di un ragionamento dire “diciamo” ogni due parole non dice nulla di più. 

    - Perché alla televisione una miscellanea è sempre un pùpurrì e mai un pot-pourri? Chiederselo. Eventualmente gli ultraquarantenni possono ricordare le pubblicità dei Bonheur Perugina (pron. Bonèr).  

    - Se qualcuno termina un'enumerazione con “E quant'altro” domandare prontamente “Ma quanto altro?” 

    - Test: “Piuttosto che usare piuttosto come disgiuntiva mi sparerei in un piede piuttosto che in una gamba.” Cosa volevo dire? Che mi sparerei in un piede o in una gamba oppure che preferirei spararmi in un piede anziché in una gamba? 

    - Se qualcuno rimarca lo scempio della lingua perpetrato quotidianamente, tacciarlo di essere un vecchio trombone cruscante mette a tacere ogni obiezione. Ricordare che la lingua è un organismo vivo in perpetua evoluzione. 

    - Scrivere pò e darne la colpa ai cellulari o, in alternativa, ai giornali pieni di errori. 

    - In un articolo fare riferimento a entità misteriose, dando per scontato che tutti sappiano di che cosa si tratta, tipo la Tobin tax o la troika. Spiegarlo ancora sarebbe goffo e ridurrebbe il prestigio culturale dello scrivente. 

    - Ma anche no. No.  

    - Dedicare un libro “con simpatia” a qualcuno che non si è mai visto prima. Deplorarlo. 

    - Non appena si sente una qualunque frase sfatta avere una crisi isterica. Valutare se rifare la celebre scena di Moretti “Ma come parla? Le parole sono importanti!”  

    - Da un po' di tempo in questo Paese non ci sono più le cose fatte bene, ma solo le eccellenze. Urticante. 

    - Staccare la spina per far cadere il governo dovrebbe essere consentito solo a una corrente di un partito di elettricisti. 

    - “Le parole sono i passanti misteriosi dell'anima.” (Victor Hugo)