I calendari

Andrea Ballarini

Si avvicina la fine dell'anno e, puntuali come cambiali, si ripresentano. I negozi li espongono, i clienti ve li regalano, i ristoranti li danno in omaggio. Che li amiate o che vi facciano schifo, questi sono i giorni adatti per snocciolare pensieri riciclati sui calendari.

    - Sta per arrivare il Natale. Accorgersene dal moltiplicarsi dei servizi sul calendario Pirelli. 

    - Ricordare con nostalgia quelli con le donne nude delle carrozzerie di una volta. Ideologicamente preferibili a quelli subdolamente patinati di oggi, che non hanno neppure il coraggio di una franca pornografia. 

    - Detestarli tutti, particolarmente quello di Frate Indovino che ti dice quando seminare il luppolo o come togliere le macchie di corbezzolo dal grembiale. 

    - Chi decide che alcuni Santi spariscano dal calendario? Forse che anche in Paradiso ci siano la serie A e le serie minori? Chiederselo pensosamente lascia intuire una sensibilità laica.

    - Attenzione a non farsi cogliere mentre in ufficio si naviga tra quelli delle varie riviste maschili. Piuttosto che farsi sorprendere, ostentare. 

    - Proporre gli arresti domiciliari per chi tiene sulla scrivania calendari con gattini e altri teneri animali domestici.  

    - Sono oggetti che mettono tristezza. Convenirne. 

    - C'è solo un oggetto più triste del calendario: il calendario del ristorante cinese. 

    - Ricordarne alcuni con particolare affetto, specialmente quello del 2001 di Daniela Santanchè per il mensile Espansione. 

    - Una volta qualificavano chi li esponeva: il dirigente tradizionalista aveva quello da tavolo con le due penne ai lati; il sincero democratico un po' creativo quello con i dadoni da far ruotare; la nonna quello con i numeri grossi; la maestra quello con i foglietti da strappare. L'avvento dei cellulari ha reso tutti uguali: sproloquiare sull'omologazione. 

    - Aspettarsi da un anno all'altro che Toscani faccia un calendario con dei veri cadaveri di homeless o di visoni.  

    - Quando un'attrice semifamosa o un fotografo famoso devono pagare il mutuo fanno un calendario. Citare quelli di Avedon per la Pirelli: quello del 1995 meglio di quello del 1997. 

    - Conoscere qualcuno nato il 29 febbraio. Dire che così invecchia quattro volte più lentamente degli altri: evitare. 

    - Stigmatizzare le agende digitali, con le quali è solo questione di tempo, ma prima o poi i dati li perdi. Al contrario, quelle cartacee erano più scomode da portare in giro, ma molto più affidabili. Di seguito far partire una pippa sulla deperibilità della tecnologia: oggi possiamo ancora leggere libri di mille anni fa, ma siamo incapaci di aprire un documento del Commodore 64. 

    - Da ragazzini l'unica forma di calendario era il diario scolastico. Ricordarsi di alcuni compagni di classe che alle elementari avevano il DiarioVitt, il cui autore era in odore di destra; poi al liceo gli stessi sono passati senza soluzione di continuità alla Smemoranda, che era apertamente di sinistra. Osservare che già da allora le categorie novecentesche stavano perdendo di senso.

    - Un vero vertice dada, il calendario dei preti romani in vendita nelle bancarelle di souvenir.  

    - Stigmatizzare qualunque tipo di calendario figurativo. Trovarli tutti irrimediabilmente trash.  

    - Provare un senso di angoscia esistenziale quando da un cassetto salta fuori un calendario di qualche anno prima. Tentare un'analisi dei motivi, per quanto sommaria, suggerisce un ricco mondo interiore. 

    - Avere il computer settato sul 2025 e non sapere come modificare la data. Dissertare sul senso di irrealtà che può derivarne. 

    - Inarrivabili oggetti cult quelli della serie “Belle e bare” della cofanifunebri.com 

    - Notevole esempio di marketing estremo il calendario From Girls (fromage-girls) in cui belle ragazze poco vestite illustrano dei formaggi francesi. Insuperabile il mese di agosto 2012 con Mademoiselle Géraldine Gruyère in reggiseno e culotte leopardate inginocchiata davanti a una vacca e a una forma di Gruviera.