I calendari
Si avvicina la fine dell'anno e, puntuali come cambiali, si ripresentano. I negozi li espongono, i clienti ve li regalano, i ristoranti li danno in omaggio. Che li amiate o che vi facciano schifo, questi sono i giorni adatti per snocciolare pensieri riciclati sui calendari.
- Sta per arrivare il Natale. Accorgersene dal moltiplicarsi dei servizi sul calendario Pirelli.
- Ricordare con nostalgia quelli con le donne nude delle carrozzerie di una volta. Ideologicamente preferibili a quelli subdolamente patinati di oggi, che non hanno neppure il coraggio di una franca pornografia.
- Detestarli tutti, particolarmente quello di Frate Indovino che ti dice quando seminare il luppolo o come togliere le macchie di corbezzolo dal grembiale.
- Chi decide che alcuni Santi spariscano dal calendario? Forse che anche in Paradiso ci siano la serie A e le serie minori? Chiederselo pensosamente lascia intuire una sensibilità laica.
- Attenzione a non farsi cogliere mentre in ufficio si naviga tra quelli delle varie riviste maschili. Piuttosto che farsi sorprendere, ostentare.
- Proporre gli arresti domiciliari per chi tiene sulla scrivania calendari con gattini e altri teneri animali domestici.
- Sono oggetti che mettono tristezza. Convenirne.
- C'è solo un oggetto più triste del calendario: il calendario del ristorante cinese.
- Ricordarne alcuni con particolare affetto, specialmente quello del 2001 di Daniela Santanchè per il mensile Espansione.
- Una volta qualificavano chi li esponeva: il dirigente tradizionalista aveva quello da tavolo con le due penne ai lati; il sincero democratico un po' creativo quello con i dadoni da far ruotare; la nonna quello con i numeri grossi; la maestra quello con i foglietti da strappare. L'avvento dei cellulari ha reso tutti uguali: sproloquiare sull'omologazione.
- Aspettarsi da un anno all'altro che Toscani faccia un calendario con dei veri cadaveri di homeless o di visoni.
- Quando un'attrice semifamosa o un fotografo famoso devono pagare il mutuo fanno un calendario. Citare quelli di Avedon per la Pirelli: quello del 1995 meglio di quello del 1997.
- Conoscere qualcuno nato il 29 febbraio. Dire che così invecchia quattro volte più lentamente degli altri: evitare.
- Stigmatizzare le agende digitali, con le quali è solo questione di tempo, ma prima o poi i dati li perdi. Al contrario, quelle cartacee erano più scomode da portare in giro, ma molto più affidabili. Di seguito far partire una pippa sulla deperibilità della tecnologia: oggi possiamo ancora leggere libri di mille anni fa, ma siamo incapaci di aprire un documento del Commodore 64.
- Da ragazzini l'unica forma di calendario era il diario scolastico. Ricordarsi di alcuni compagni di classe che alle elementari avevano il DiarioVitt, il cui autore era in odore di destra; poi al liceo gli stessi sono passati senza soluzione di continuità alla Smemoranda, che era apertamente di sinistra. Osservare che già da allora le categorie novecentesche stavano perdendo di senso.
- Un vero vertice dada, il calendario dei preti romani in vendita nelle bancarelle di souvenir.
- Stigmatizzare qualunque tipo di calendario figurativo. Trovarli tutti irrimediabilmente trash.
- Provare un senso di angoscia esistenziale quando da un cassetto salta fuori un calendario di qualche anno prima. Tentare un'analisi dei motivi, per quanto sommaria, suggerisce un ricco mondo interiore.
- Avere il computer settato sul 2025 e non sapere come modificare la data. Dissertare sul senso di irrealtà che può derivarne.
- Inarrivabili oggetti cult quelli della serie “Belle e bare” della cofanifunebri.com
- Notevole esempio di marketing estremo il calendario From Girls (fromage-girls) in cui belle ragazze poco vestite illustrano dei formaggi francesi. Insuperabile il mese di agosto 2012 con Mademoiselle Géraldine Gruyère in reggiseno e culotte leopardate inginocchiata davanti a una vacca e a una forma di Gruviera.


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