Torre del Saracino

Camillo Langone
Una mezza delusione, anzi, delusione intera fino alla zeppola di coniglio al miele di rosmarino. Di lì in poi un'estasi

    Mezza delusione. Forse per colpa delle eccessive aspettative, indotte non solo dai voti altissimi delle guide (da prendere sempre con le pinze) ma anche dall'entusiasmo di tanti amici gourmet. Forse per colpa della geografia che fa immaginare paradisi terrestri (la celebratissima riva sorrentina del Golfo di Napoli) e poi quando si arriva, dopo mezz'ora di avanti e indietro sulla strada statale scarseggiante di segnalazioni e di spazi dove fare manovra, siccome è sera non si vede né la torre né il mare bensì una specie di campo zingari, con roulotte buttate lì, cani rognosi e ringhiosi dentro una gabbia, e sarebbe il parcheggio. L'interno dicono sia stato rinnovato, chissà com'era prima, a noi tocca un tavolo con vista ripostiglio, uno sgabuzzino senza porta dove i camerieri si ritirano a confabulare davanti al totem di ogni ristorante-pizzeria che si rispetti: il frigo-vetrina. La Guida dell'Espresso 2007 porta la Torre del Saracino come Cantina dell'Anno però come barzelletta non fa ridere. Nella pagina dei vini al bicchiere c'è un rosato, ottimo, peccato manchi la pagina dei rosati in bottiglia, forse l'hanno rosicchiata i topi, no, dice il cameriere, non è mai esistita, quindi in un ristorante la cui cucina (a base di pesce e verdure) si abbina al rosa come a nessun'altra tipologia di vino il rosa non si può bere, o forse sì, ma solo un bicchiere alla volta. E tralasciamo, per carità di borbonica patria, altri piccoli incidenti di servizio. Goffaggine anche in cucina. Nella crema di finocchi con filetti di triglia e paté di olive vengono schiaffati dei ravioli di patate ripieni di foie gras che non erano previsti e che, soprattutto, non si capisce che c'entrino. A foie gras donato non si guarda in bocca, dite voi? Beh, se domattina il barista vi mettesse del fegato nel cappuccino ci guardereste in bocca eccome, una cosa senza senso continua a essere senza senso anche quando è gratis. Il risotto coi fichi secchi del Cilento è un'idea, sarebbe bello riprovarlo senza quel baccalà piazzato sopra. Interessante la zuppa di tarallo di Agevola (come una crema di pane), incomprensibile il raviolo di patate con purea di melanzane e provola avvolto nel pesce spada (ma la colpa può essere nostra che siamo retrivi e quando leggiamo raviolo pensiamo a un raviolo). Indubbiamente fresco però molto semplice il San Pietro arrostito con puré di patate alle foglie di limone. La zeppola di coniglio al miele di rosmarino: finalmente ci siamo. Da qui in poi tutto bene, scopriamo la presenza in sala di un piccolo commovente presepe, arriva la zuppa di pere con millefoglie di ricotta che Annie definisce buonissima, andiamo in estasi davanti allo spettacolare vassoio di cioccolati, con rarissimi blocchi affumicati dal ferrarese Fabio Rizzati: un vertice assoluto che fa perdonare tante cose ma tutte no. (recensione del 19 gennaio 2007)

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).