Paolo Gentiloni con Matteo Renzi (foto LaPresse)

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L'assicurazione sulla vita del governo Gentiloni sancisce l'indebolimento di Renzi

Mario Sechi

Il gentilonismo ha un incedere felpato, da gatto in salotto; il renzismo procede a balzi tra i vasi di porcellana. Uno rompe, l’altro incolla

 

Sante Perpetua e Felicita, martiri.

 

2018. Cominciare la giornata all’alba, con un caffè e una dose di comicità? Si può, basta leggere il titolo che apre pagina 5 del Corriere della Sera: “Ora Renzi cambia verso: il governo può arrivare al 2018”. E mi raccomando, tutte le fabbriche aperte, i treni in orario, e si riforniscano di nuove bandiere le scuole elementari. Il governo arriverà (forse) al 2018 non perché lo chiede Renzi, ma perché quel Renzi ha le gomme sgonfie, braccato dall’ombra dell’abuso del nome, del cognome e soprattutto del suo carattere. L’assicurazione sulla vita di Paolo Gentiloni è la cedola dell’indebolimento politico di Matteo Renzi. Ma cribbio, si sappia in giro che “il governo può”, nella scelta del verbo, in quel potere che è il sottotesto di una sopravvivenza gentiloniana condizionata dal capriccio, in quel tono che è tutto un ruminar di mascella volitiva, in quel dettaglio tipografico calato dall’alto, “il governo può”, c’è ancora quell’eccesso a cui si oppone proprio la figura del Gentiloni. C’è una fuga involontaria a due, si vede, si coglie dall’ansia del linguaggio, dalla corsa a riempire spazi, dalla scelta del modello televisivo opposto, Paolo da Baudo, Matteo da Gruber, uno in famiglia, l’altro nella piazza. Il gentilonismo ha un incedere felpato, da gatto in salotto; il renzismo procede a balzi tra i vasi di porcellana. Uno rompe, l’altro incolla. In mezzo, c’è Sergio Mattarella, è sul posto del giudice di sedia, prima o poi assegnerà il punto del match, è sempre tutta una questione di palla fuori o sulla riga. Non vince il più potente, ma il più preciso.

 

Burattini. Se il Mister X che chiacchierava amabilmente all’aeroporto di Fiumicino con Tiziano Renzi era il titolare della ditta di spedizioni Fulmine, chi farà la parte del tuono in questa storia giudiziaria? Non si sa, ma presto, dicono, ci saranno novità. Intanto, provate il seguente esperimento, spegnete la luce, chiudete gli occhi, ascoltate solo le voci dei protagonisti del caso Consip, la qualità dell’italiano che parlano i protagonisti di questa vicenda, il loro lessico, il dialetto che va di dritto e di rovescio in una lingua che non è l’italiano, è un pastiche senza la fantasia di Gadda o un verismo di Verga. Le avete sentite, le voci? Bene, a pagina 3 sempre del Corriere ci sarebbero da leggere i numeri delle “otto operazioni sospette” del Romeo all’estero scoperte da Bankitalia, ma affrontare la prosa in questurese è da matti, non aggiunge niente a quel che già sappiamo di losco e fosco, a piè pari dunque lo saltiamo. E’ nel taglio basso in pagina che pulsa la storia vera, l’unico antidoto al tracimante faldonismo giornalistico: “Rignano: salta l’assemblea”. Il padre del Matteo, Tiziano, in un primo momento avrebbe voluto spiegare la sua situazione ai militanti del Pd, ai cari concittadini, ma poi qualcosa è andato storto, pare non sia proprio aria: “Assemblea rinviata a data da destinarsi”. E’ l’inesorabile clessidra dei Renzi che scandisce la vita del paese. A Roma il governo può proseguire fino al 2018, a Rignano il calendario è tra color che son sospesi, la data è da destinarsi. Il quadro è spennellato in una frase che sa di zecchino, volpe e gatto, in quel “che si levasse via baracca e burattini non se lo aspettava nessuno”. Baracca e burattini, è l’eco di un testo antico e moderno, remoto e contemporaneo, un lavoro di cesello sul ciocco, il carattere degli italiani che riemerge dalla sua eterna ingannatrice infanzia: siamo sempre là, piallati e scartavetrati dalla verità di Pinocchio. Fa tenerezza il Geppetto, fa sorridere il Pinocchio. Nella prima versione Collodi lo impiccò e mise termine alle sue avventure, ma a furor di popolo i lettori gli chiesero di proseguire nel racconto. Andrà così anche per Renzi? Vedremo.

 

L’Ungheria e l’Europa. Il parlamento ungherese ha reintrodotto la detenzione dei migranti in “zone di transito” ai confini con la Serbia e la Croazia in attesa dell’esame della domanda di asilo. La norma era stata soppressa nel 2013 dopo le proteste di Unione europea e Onu. Questa è l’Europa a due velocità?

 

L’automobile e l’Europa. General Motors vende Opel al gruppo francese Citroen Peugeot e dietro questa storia c’è una realtà che viene ignorata: dopo novanta anni il più grande produttore di auto americano lascia il mercato dell’Europa. E’ un segno di sfiducia nel Vecchio Continente e anche un’inversione di tendenza nel mercato dell’auto che si pensava in fase di totale globalizzazione. Uno dei problemi d’Europa? L’eccesso regolatorio che aumenta i costi. GM si concentra in America, dove non perde denaro. Quello che accade nel mercato dell’auto prima o poi tocca anche altri settori. Allacciate le cinture.

 

L’automobile di Marchionne. Quel che accade tra Parigi e Detroit mette Sergio Marchionne e il gruppo FCA di fronte a una scelta. Il manager ha inseguito un’integrazione con General Motors, ma il numero uno Mary Barra ha sempre detto no. Oggi Marchionne da Ginevra vede uno scenario sempre più accelerato: “L'eventuale successo dell'aggregazione tra Psa e Opel stimolerà altri fenomeni simili, se avrà successo sarà una buona indicazione e un incoraggiamento per il resto dell'industria". Le sue parole dovrebbero essere lette con attenzione da chi governa, la produzione industriale italiana è inesorabilmente attaccata alla Jeep di Marchionne, un’auto americana prodotta in Italia in tempi di protezionismo.

 

7 marzo. Nel 1933 nasce Monopoly, il gioco da tavolo più diffuso nel mondo. 

 

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