Foto LaPresse

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Ci sarà davvero una nuova Italia il 5 dicembre?

Mario Sechi

La situazione dell'Italia a tre giorni dal referendum. I sondaggi sono off? Nessun problema, ci sono le corse di cavalli. Ecco cosa dicono

Santa Viviana.

Meno tre. Il 5 dicembre ci sarà un’Italia nuova? E’ la domanda che tutti si pongono a tre giorni dall’alba del giorno dopo. Per abbozzare una risposta, bisogna prima mettere insieme un po’ di pezzi sparsi qua e là per avere uno scenario compiuto. Quali pezzi? Proviamo a fare un’analisi di stile anglosassone con un po’ di strumenti da mandrakata, corse di cavalli, bookmakers, poi due o tre numeri presi dai mercati, infine i dati Istat su clima di fiducia tra le famiglie e le imprese. E’ il laboratorio alchemico dell’analista politico non convenzionale, divertimento totale, fase PlayStation.

 

Corse di cavalli. I sondaggi sono off? Nessun problema, ci sono le corse di cavalli. Antesignani della disciplina del trotto e galoppo partitante sono Andrea Mancia e Matteo Bressan con il loro blog Right Nation. E’ gente in gamba, virtuosamente fuori dall’establishment giornalistico, e si è fatta le ossa con le elezioni americane, il vero campo di battaglia per chi ama le campagne elettorali. Andiamo al punto: come vanno le corse nei vari ippodromi del Belpaese? Ecco la sorpresa scodellata da Mancia e Bressan: l’ultima voce dalle scuderie – molto autorevole - dice che Truie Blessée fa 50,3″ e vince per distacco al fotofinish contro Assemblage Hétéroclite che si ferma a 49,7″. Traduzione: vince il Sì per un’incollatura. La prosa delle corse clandestine è uno spasso, eccone un brano. Lavorate con l’immaginazione sui nomi che si nascondono dietro i cavalli e le scuderie e avrete una delizia da delibare:

“Assemblage Hétéroclite (sostenuto dalle scuderie Groom de Bootz, Varenne, Frères Tricolòr, Société Genérélle de l’Energie, Gauche Passé, Igor Brick e dagli oppositori interni di Fan Idòle) è partito subito fortissimo ed è rimasto al comando nelle prime due curve del tracciato. Già alla terza curva, però, Truie Blessée (sostenuto dai fedelissimi di Fan Faròn in Fan Idòle, Ipson de le Scipiòn e Petit Vert) è riuscito a colmare il gap, rimanendo appaiato all’avversario fino al rettilineo finale”.

 

Bookmakers. Andrà davvero così? Il titolare di List prima della corsa finale ha fatto un salto a Londra per piazzare un paio di puntate dai bookmakers: in generale, le quote su una eventuale vittoria del No sono a 1.29 mentre il Sì viene dato a 3.50. Il No è ancora favorito, ma c’è un’ascesa del Sì e la conferma arriva dall’analisi di altri flussi provenienti da altri mondi.

 

I rumors online. Bussiamo alla porta di Predata, azienda fondata da analisti, trader e ingegneri, che analizza i flussi delle campagne digitali. Guardate questo grafico:

Secondo questa analisi – la più interessante tra quelle che ha visionato il titolare di List - la campagna digitale per Renzi ha fatto il sorpasso e il Sì è in vantaggio. Cosa cercano gli elettori online? Informazione neutrale (pagine di Wikipedia), articoli e video che spiegano perché votare Sì, e il video del rapper BelloFigo, un fenomeno musicale da seguire nella sua solo apparentemente squinternata composizione. Sintesi dell’analisi di Predata: Renzi ha accelerato. Questo non significa che vincerà, ma il risultato non è più scontato come appariva qualche settimana fa.

 

Mercati. E la Borsa? Questo è il rendimento del Btp a 10 anni nell’ultima settimana: 

Fa l’altalena, ma la curva non è più in fase skyrocketing, i mercati stanno prendendo le misure e stimano lo scenario con prudenza. Il rendimento del Btp è un buon indicatore sulla febbre pre-referendum, ma bisogna tenere conto che è influenzato da potenti fattori esterni, in particolare l’andamento di Wall Street dove è in corso un accelerato e intenso cambio di strategia degli investitori che stanno passando dall’investimento in titoli di stato americani al mercato azionario. L’effetto Trump ha fatto balzare i rendimenti del Tresaury note a 10 anni al massimo degli ultimi 17 mesi (2.444 per cento) e il mercato globale del debito sovrano è sotto pressione. Aspettiamo la seduta di Borsa di oggi per fare il punto nave sui mercati.

Sintesi finale sul referendum. Assisteremo a un altro epic fail come nel caso della Brexit e di Trump? E’ sulla scorta di questa tragica esperienza di forecasting che il titolare di List da tempo fa analisi usando anche altri strumenti considerati (a torto) esoterici rispetto al canone classico dei sondaggi. Tutti questi dati dicono che il Sì ha guadagnato terreno e l’ultima fase della campagna del premier è stata di grande intensità. Basterà a Renzi per colmare il gap iniziale, eliminare gli errori strategici e vincere? Di certo siamo di fronte a un eccezionale caso elettorale da analizzare. Attendiamo la mattina del 5 dicembre, il risveglio. Meno tre. La storia sta correndo. Dove? Perbacco, dove se non a Indianapolis?

 

Trump corre a Indianapolis. Attraversiamo l’Atlantico e andiamo nell’epicentro della rivoluzione, il luogo dove sta rombando il motore della storia, gli Stati Uniti. Donald Trump ha cominciato un Victory Tour che è la plastica rappresentazione della sua presidenza. Ha fatto tappa in Ohio, cuore della vittoria repubblicana, l’America della mietitrebbia, delle infinite distese di grano e mais, cuore pulsante di uno sterminato e sempre sorprendente paese. Ma prima è sceso in pista a Indianapolis, accompagnato dal vicepresidente Mike Pence, Trump ha convinto i manager della Carrier (condizionatori d’aria) a non trasferire mille posti di lavoro in Messico. Strike. Peggy Noonan sulle pagine del WSJ lavora d’uncinetto un magnifico pezzo dove riconosce a Trump la sua abilità di negoziatore, il polso energico, il risultato, ma con un avvertimento che pesca nella grandiosa storia americana: lo scontro di John Fitzgerald Kennedy con i produttori d’acciaio. Stati Uniti, primi anni Sessanta, JFK chiede di non aumentare il prezzo dell’acciaio, sembra aver convinto tutti. Ma il boss della U.S. Steel fa di testa sua e aumenta il prezzo, seguito subito dopo dagli altri. Per JFK è un colpo di martello in testa, il prestigio della sua presidenza è intaccato. Che fare? Il giovane democratico è un duro, usa tutte le sue armi, blocca gli acquisti d’acciaio della Difesa, apre dossier fiscali, minaccia i produttori. Alla fine tutti si piegano di fronte al presidential power. Una grande vittoria. E un boomerang. Perché da quel momento i democratici vengono visti come “nemici” della business community e Barry Goldwater fa la sua campagna conservatrice in difesa della libertà del mercato. Un memento per l’attivismo di Trump. Il Wall Street Journal pensa questo: c’è il presidente e c’è il mercato. Ma il dato di fatto, oggi, è che Trump sta rivoluzionando l’agenda politica americana (e dunque globale), sta dettando tempi, ritmi e contenuti a tal punto da mandare a carte quarantotto le poche certezze che erano rimaste ai democratici. E’ sempre sul WSJ che troviamo un’intervista a Pence che dispiega l’agenda della nuova Casa Bianca, un piano profondo e da attuare in fretta, il nocciolo è tutto nell’idea di far decollare produzione e lavoro lavorando con il machete su tasse e regolazione. Pence finora è stato trattato dai media come una figura che deve temperare il sulfureo Trump, ma in realtà basta dare un’occhiata ai suoi discorsi per capire che il vicepresidente è un tipo tosto che conosce i meccanismi della politica e ha in testa un’idea di amministrazione con il turbo per sfruttare la maggioranza conquistata nel Congresso. I democratici sono sotto un rullo compressore. Se Trump è il difensore della working class americana, se salva posti di lavoro, se gli operai durante la sua visita alla fabbrica della Carrier a Indianapolis lo ringraziano (ci sono immagini che parlano da sole), loro che faranno? Un disastro. Il trionfo di Trump è un cambio del paradigma economico degli ultimi trent’anni. Ne abbiamo già parlato ampiamente su List in queste settimane. Siete ancora scettici sull’impatto di The Donald? Torniamo insieme sulla piazza, là fuori, nel mercato.

 

Bye bye Silicon Valley. Questi sono i due indici principali del mercato americano, quelli da tenere d’occhio per capire il diritto e il rovescio della storia americana. Dow Jones e Nasdaq ieri hanno chiuso in totale opposizione. Benvenuti nel regno della divergenza:

Che cosa significa? Che è finita un’epoca. Quale? Quella della bolla hi-tech, delle industrie con prefissi e suffissi ma senza posti di lavoro, stop alla lista di 1.0 2.0 3.0 4.0 e teoremi simili che forzano la realtà. Se c’è freddo, accendo il riscaldamento, non scatto un selfie. Se ho fame, metto una bistecca sulla piastra, non metto un like su Facebook. Se devo costruire una casa, metto mattoni uno sopra l’altro e le fondamenta sono senza dubbio una cosa diversa da Instagram. E’ la realtà fatta delle materie di prime di sempre, acciaio, petrolio, gas, carbone, grano, mais. E’ tornata al centro del paese la Chiesa dell’industria e del lavoro. Un salutare shock, chiamato realtà.

 

Trump e il monaco della guerra. Al ministero della Difesa arriva il generale James “Mad Dog” Mattis, corpo dei Marines, definito “il monaco della guerra”. Un duro. Ha il Congresso dalla sua parte, amatissimo dai suoi soldati, uno che non è uno straniero al Pentagono.

 

Era troppo normal. Il presidente della Francia Francois Hollande non si ricandida. Era nell’aria, la decisione è arrivata in anticipo. Arrivò all’Eliseo con il nomignolo di normal. Troppo. E’ finito per diventare un caso anormal di presidenza senza un disegno. E’ stato sfortunato, ha avuto sulle spalle il peso di eventi terribili e decisioni troppo grandi per un uomo piccolo. I suoi momenti epici sono stati quelli del cuore e batticuore, quando la fidanzata ufficiale, Valérie Trierweiler, ha scoperto la sua relazione con l’attrice Julie Gayet. E’ finita a piatti rotti e torte in faccia, con un imbarazzante tweetstorm di accuse della signora tradita (che poi, per soprammercato, ha scritto anche un libro sul bollente tema istituzionale) e poi con lui, Hollande, immortalato sotto l’appartamento della Gayet, inerme e felice, sopra uno scooter con in testa un casco nero al posto della corona di Francia. L’altro Francois, Mitterrand, queste cose le faceva meglio. Non è l’annata buona per i socialisti, la sfida in Francia è tutta a destra.

 

Dove si informano gli italiani? Il Censis nel suo 50esimo rapporto ha un focus sull’informazione che mette i brividi: i mezzi tradizionali – compresi i telegiornali – stanno crollando, la partita delle news è tutta in rete con effetti devastanti sulla qualità di quello che si legge. Il 35.5 per cento degli italiani si informa su Facebook, il regno della spazzatura spacciata per news. Dove pescare i nuovi lettori? Su smartphone (+12 per cento in un anno), una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo), posseduti dal 64,8 per cento degli italiani (e dall’89,4 per cento dei giovani di 14-29 anni). I lettori sono là, sullo smartphone, chi pensa alle edicole è come quel tale che si ostina a scrivere su una tavoletta di cera sotto il sole del Sahara.

 

2 dicembre. Progetto Manhattan: nel 1942 all'Università di Chicago Enrico Fermi dà il via alla prima reazione nucleare a catena auto-sostenuta. Il presidente americano Franklin D. Roosevelt viene avvisato con il messaggio in codice: «Il navigatore italiano è sbarcato nel nuovo mondo». La Bomba.

Di più su questi argomenti: