
Fine del secolo americano?
il Mulino, 134 pp., 13 euro
Tanti e troppi, anche nel nostro paese, si aspettano una decadenza del lungo e grande potere americano a livello planetario. Parrebbe che l’ombrello sotto cui si sono riparati i paesi più civili del pianeta stia per lasciare il passo a nuove, emergenti, forze. A uno sguardo troppo superficiale tutto ciò può apparire veritiero. La realtà è però ben diversa. Attualmente gli Stati Uniti non sono solo forza militare, hanno veicolato nel tempo una cultura che ha saputo contagiare diverse generazioni nei paesi d’influenza. Sulla scarsa attendibilità di un declino della forza statunitense si basa l’articolato saggio di Joseph S. Nye jr. L’autore data il Secolo americano dall’inizio della Seconda guerra mondiale e, quando scadrà tale lasso di tempo centenario, suppone – seppur con notevoli cambiamenti – che saranno ancora gli Usa ad avere un’egemonia globale. Nel testo si citano precedenti, diverse e sbagliate interpretazioni di una plausibile decadenza americana che, nella realtà, si sono rilevate erronee. Il sorpasso economico che probabilmente subiranno i nordamericani da parte della Cina nei prossimi tempi non vorrà sicuramente significare anche una sostituzione di leadership a livello planetario. Esiste negli statunitensi un timore di crepuscolo che arriva già dai tempi dei puritani sbarcati nella baia del Massachusetts. Certi analisti fanno poi spesso paragoni con realtà del passato che hanno subìto una china irreversibile. Per Joseph S. Nye jr. i sintomi attuali sono però ben diversi da quello che è successo a entità del passato come l’Impero romano d’occidente, la Spagna, i Paesi Bassi, la Repubblica di Venezia o l’Impero britannico. La stessa parola “declino” è poi foriera di implicazioni non di solo totale deterioramento. L’autore passa ad analizzare i possibili nuovi paesi leader mondiali nel caso in cui scemasse la supremazia nordamericana, trovandovi sempre e comunque elementi di debolezza. Ecco quindi che l’Europa viene accusata di non essere particolarmente unitaria, di avere gravi problemi demografici, di non possedere un’integrazione militare e non di essere in grado di utilizzare come gli Usa risorse culturali di soft power (il cui concetto è stato proprio teorizzato da Joseph S. Nye jr.), che tanta importanza hanno nell’influenzare il dibattito internazionale. Problemi demografici attanagliano anche il Giappone, uniti anche alla forte resistenza all’immigrazione. Il paese è comunque una potenza economica ma, se cambiassero gli equilibri, ha vedute diverse dalla Cina su questioni territoriali. Un’alleanza con Washington è ancora molto probabile per il futuro. Nonostante la sua potenza militare, anche la Russia ha parecchi problemi, come una politica oppressiva e una corruzione dilagante che mina ogni possibilità di modernizzazione. E’ ancora troppo impantanata nel limbo tra sviluppo (ad esempio l’industria informatica e cinematografica) e sottosviluppo (l’analfabetismo di centinaia di milioni di persone) invece l’India, e questo ne farà verosimilmente un’attrice importante solo per l’Asia. Il Brasile, grazie al carnevale e al calcio, possiede soft power, è leader nel continente sudamericano ma ha ancora troppo poco peso politico internazionale. Si arriva alla Cina, reale potenziale pericolo per la supremazia statunitense. Il dragone però, secondo l’autore, è ben lontano dalla meta. Pechino, nonostante la propria potenza economica, manca di sviluppo tecnologico, ci sono province sottosviluppate e la popolazione sta invecchiando. Ha inoltre un potere militare ancora limitato. Gli States d’altro canto, secondo Joseph S. Nye jr., hanno ancora in essere molte “positività”, in un mondo che vede spostarsi i veri poteri ad attori non statali. Il potere statunitense potrà perdurare se saprà adattarsi, senza soccombervi, a tali mutamenti.
FINE DEL SECOLO AMERICANO?
Joseph S. Nye jr.
il Mulino, 134 pp., 13 euro