
Un particolare universalismo
Il Mulino, 206 pp., 18 euro
I valori universalmente riconosciuti scarseggiano nell’attualità. Manca sicuramente un fine comune, una ricerca verso la costruzione di una civiltà a misura d’uomo che superi gli interessi economici o i confini nazionali. La religione certamente può fortificare la convivenza tra differenti visioni del mondo e indirizzare l’umanità verso orizzonti di senso condivisibili. Nel XX secolo, la diplomazia vaticana ha operato in vario modo per trasmettere idee per salvaguardare valori umani che travalicassero la mera cattolicità. Nel volume curato da Luigi Rossi vengono analizzate alcune di queste rilevanti vicende. Innanzitutto occorre ricordare che certe attenzioni della chiesa non sono scomparse negli orientamenti attuali, segno evidente di una certa continuità tra differenti pontificati. John F. Pollard si occupa di delineare la figura rilevante di diplomatico di Giacomo Della Chiesa, futuro Papa Benedetto XV e del suo impegno in tale senso per la pace durante il Primo conflitto mondiale. Pur mettendo in campo numerosi tentativi la Santa Sede non riuscì a fermare le ostilità. Si premurò comunque di attivare soccorsi umanitari ma non poté partecipare alla stipula del trattato di Versailles, dove il fardello della responsabilità della guerra alla sola Germania ebbe ripercussioni per tanto tempo ancora. Benedetto XV, coadiuvato dal segretario di stato Pietro Gasparri, seppe però adattarsi ai cambiamenti, stabilì relazioni con i nuovi stati e inaugurò la politica dei concordati. Alla fine del suo pontificato nel 1922 furono gettate le basi per la diplomazia successiva. Uno dei risultati di questo lascito fu la soluzione della Questione romana nel 1929. Come si arriverà a tale risultato e il rapporto tra chiesa e stato fascista sono ben analizzati nel saggio firmato da Roberto Parrella. Mussolini propugnò fin dalla presa del potere un atteggiamento conciliante con la chiesa e i suoi valori, in nome di una possibile alleanza di poteri. Anche la Santa Sede non si oppose particolarmente a certe derive fasciste. Si arrivò ai patti del Laterano ma tali accordi non furono sempre avallati dalle due parti e furono numerosi gli scontri. Monsignor Luzio fu il protagonista di una trasferta diplomatica particolarmente intricata all’inizio degli anni Venti, agli albori della nascita dello Stato libero d’Irlanda. Donato Di Sanzo nel proprio saggio testimonia, tra le altre cose, una volontà del Vaticano di non assecondare le derive nazionalistiche del Sinn Féin, di cercare di studiare la situazione della vita religiosa dell’isola e del fatto che in tale territorio i vescovi avevano un grandissimo potere che non poteva essere scalfito particolarmente dall’inviato di Papa Pio XI. Il trattato di Versailles e i nuovi rapporti di forza che creò implementarono un’apertura verso nuove nazioni della Santa Sede. Una di queste realtà furono sicuramente gli Stati Uniti d’America. I saggi di Gerald P. Fogarty, S.I. e Luca Castagna ci restituiscono la complessità di tali rapporti, delle personalità di spicco come Francis J. Spellman o George W. Mundelein che intrecciarono tale dialogo, della consonanza che il Vaticano trovò con il New Deal di Franklin Delano Roosevelt negli anni Trenta e di come l’antitotalitarismo accompagnò per tutto il Ventesimo secolo il rapporto tra queste due entità. La riflessione tra 1965 e 1966 sull’appoggio che ebbe in variegato modo dalle chiese tedesche – soprattutto per paura del comunismo – il regime nazista è il tema del saggio di Beatrice Benocci che conclude il volume. L’esistenza di due Germanie s’intreccia con una politica vaticana di apertura verso le realtà dell’est inaugurata all’inizio degli anni Sessanta. Tutto ciò porterà al governo di grande coalizione tra cristiano-democratici e socialdemocratici del 1966 nella speranza comune di una futura unificazione.
UN PARTICOLARE UNIVERSALISMO
a cura di Luigi Rossi
Il Mulino, 206 pp., 18 euro