Idealtipi dell'ateismo

Ilario Bertoletti
Edizioni ETS, 60 pp., 10 euro

    La dimensione è quella del pamphlet. Non il carattere, né il tono. Ilario Bertoletti è sistematico e più che mai utile. Il suo è un saggio breve per filosofi in erba, ne ha la destinazione e il linguaggio. A partire dal titolo: un bel deterrente per chi non mastica di filosofia. L’idea invece è piuttosto inedita. Del termine “ateismo” si abusa volentieri; in materia abbondano libri ed esternazioni, qualcuno ne abbozza la storia, mai l’essenza. A questo pensa il nostro autore, aduso a testi in cui l’arte socratica la fa da padrona. Bertoletti suddivide l’ateismo in tre categorie e, fonti alla mano, platonicamente ne definisce “l’idea”. C’è quello classico, il Deus non est, proprio del materialismo marxista, dell’esistenzialismo di Sartre, del noiosissimo neodarwinismo, ma soprattutto di Hume. Dio non è perché non è reale, se per reale intendiamo l’esistenza naturale. Poco fantasioso, ma non fa una piega. Come il ragionamento di David Hume, per il quale il Creatore non è poiché “niente è dimostrabile all’infuori di ciò il cui contrario implica contraddizione”. Per il pensatore inglese, del resto, tutti gli scritti dei teologi sanno di “panegirico” più che di filosofia. C’è poi l’ateismo più carismatico, quello genealogico di Nietzsche. Poche affermazioni sono più note dell’aforisma 125 della Gaia Scienza, di cui riportiamo la chiusa: “Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!”. E’ il nichilismo attivo, con lo svanire della divinità nel tempo storico, il non-senso sotteso all’eterno ritorno. Bertoletti ne sottolinea il “côté tragico” delineato dalla figura dell’oltre-uomo con la sua possibilità di porsi al di là del bene e del male affrontando l’horror vacui. Arriva infine il turno della versione più attuale e sofisticata, l’ateismo trascendentale, il cui presupposto è Kant: “Tutto sprofonda sotto di noi e tanto la massima perfezione quanto la minima ondeggiano senza appoggio”. Fichte e Schelling seguono a ruota problematizzando la nozione di Dio per deduzione trascendentale. E se il primo si abbandona al riduzionismo accettando, del divino, solo la necessità dell’esercizio morale da cui scaturisce un ordine del mondo che ne vivifica la nozione astratta, il secondo trova che quest’ultima sia filosoficamente ingiustificabile, poiché Dio in fondo non è che un essente tra i tanti. Seguono Heidegger, Jaspers, Ricoeur  e Levinas. In Italia troviamo Cacciari, Natoli, Magris. Per costoro, Egli è possibile, ma non necessario. Con criteri dialettici di prim’ordine, Dio è stato relegato in un ripostiglio. E da lì scalpita per venir fuori, tornando alla ribalta, se non nella filosofia, di certo nella storia.

     

    IDEALTIPI DELL'ATEISMO
    Ilario Bertoletti
    Edizioni ETS, 60 pp., 10 euro