Gli invisibili

Nicoletta Tiliacos
Mirella Serri
Longanesi, 229 pp., 16,40 euro

    Non ho mai visto tanta umanità. Erano persone di tutti i paesi d’Europa, ospiti privi di ogni eleganza, con i vestiti consunti, i visi tristi, lo spavento negli occhi stanchi”. Così il parroco di Villabassa, in Alta Val Pusteria, descrive nel suo diario l’arrivo, in un tetro mattino di fine aprile del 1945, di centotrentanove prigionieri. Quelli scesi da cinque pullman e scortati da ottanta SS sono i “prigionieri illustri” di Hitler. Provenienti da sedici diversi paesi europei, per la loro importanza legata a incarichi politici o militari o al rango sociale o ai legami famigliari, rappresentavano per il  Führer una preziosa merce di scambio da utilizzare nelle trattative con gli Alleati. Erano stati prelevati in vari campi e portati in Alta Val Pusteria perché lassù Himmler aveva immaginato di armare una “Fortezza alpina” in cui resistere. Ma il 4 maggio a Villabassa arriveranno gli americani, i prigionieri saranno liberati o presi in consegna dai vincitori (tra di loro c’erano anche “spie, delatori, assassini, avventurieri, fascisti malavitosi, nazisti e persecutori”) e la guerra finirà con la resa incondizionata della Germania. Quei personaggi sono “invisibili” non solo perché nei luoghi di detenzione erano tenuti separati dagli altri prigionieri, ma perché moltissimi tra di loro ignoravano l’esistenza dei lager intorno alle case sorvegliate a vista in cui erano stati rinchiusi. Mirella Serri racconta le circostanze che li condussero fino a Villabassa, e illumina così una vicenda non troppo nota della lunga e terribile notte d’Europa.
    Racconta dell’ebreo Léon Blum, ex primo ministro francese ed ex presidente del Fronte popolare, che di lì a poco diventerà presidente della rinata République, e degli ex gerarchi fascisti Tullio Tamburini e Eugenio Apollonio; racconta di Alexandros Papagos, comandante in capo dell’esercito greco che aveva respinto l’esercito del Duce, poi catturato dai tedeschi e finito a Dachau, e dell’industriale Fritz Thyssen. Tra gli italiani, spiccano un nipote antifascista di Garibaldi, Sante, e Mario Badoglio, figlio del generale e capo del governo italiano dopo l’8 settembre. Ma tra i 139 di Villabassa c’erano anche Vassilij Kokorin, nipote del ministro degli Esteri sovietico Molotov, e l’ultimo cancelliere austriaco, Kurt Alois von Schuschnigg, arrestato dai nazisti prima dell’Anschluss, e c’erano molti parenti dei congiurati che nel 1944 avevano organizzato il fallito attentato a Hitler. Particolare attenzione è dedicata nel libro alla vicenda di Filippo d’Assia: pezzo particolarmente pregiato, tra i prigionieri speciali. Marito omosessuale (e per questo perennemente sotto ricatto) di Mafalda di Savoia, figlia del re d’Italia che aveva “tradito” i tedeschi, Filippo era stato amico di Göring e assai vicino al Führer, che lo aveva fatto governatore dell’Assia-Nassau.
    In quella provincia, nella cittadina di Hadamar, mentre Filippo era governatore era stato attuato nel 1941 il programma eugenetico di eutanasia di massa dei disabili chiamato “Aktion T4”: prova generale – camere a gas comprese – di altri stermini. Quando arriva a Villabassa, proveniente dal campo di Flossenbürg dove era internato dal settembre del ’43, Filippo ancora non sa che la moglie Mafalda (la quale non aveva mai nascosto la propria avversione al nazismo) è morta a Buchenwald: dissanguata per i postumi di un’operazione, secondo la versione ufficiale, in realtà deliberatamente lasciata morire perché troppo scomoda testimone di fatti che il regime voleva tenere segreti. Anch’essa “invisibile”, fu tra coloro che non riuscirono ad arrivare a Villabassa e alla salvezza. 

     

    GLI INVISIBILI
    Mirella Serri
    Longanesi, 229 pp., 16,40 euro