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LETTERE AL DIRETTORE

La corsa per il Quirinale è iniziata prima ancora di quella per le politiche

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La sinistra accusa Giorgia Meloni di voler ridimensionare i poteri del capo dello stato attraverso l’istituzione del premierato. Allo stesso tempo, l’accusa di puntare al Quirinale nel 2029. Per realizzare questo obiettivo, però, Meloni dovrebbe vincere le elezioni nel 2027. Perché mai allora, avendo la possibilità di governare con maggiori poteri, dovrebbe accontentarsi di un ruolo che, secondo la sinistra, sarebbe divenuto solo decorativo?

Giuliano Cazzola

 

Risposta impossibile. Una certezza c’è: la corsa al Quirinale è iniziata prima ancora della campagna elettorale per le politiche.

 


 

Al direttore - Eppure è tutto drammaticamente semplice: Vladimir Putin non si è mai mosso di un millimetro dalle sue intenzioni iniziali, vale a dire conquistare, in un modo o nell’altro, l’Ucraina per trasformarla in una seconda Bielorussia. Discutere dei piani di pace americani dettati dai russi è inevitabile. E dimostrano saggezza Zelensky e l’Europa quando fingono di prendere sul serio certe proposte per non irritare Trump, ingannandolo per spingerlo, ancora una volta, a più miti consigli. Ma mentre si tratta, o si finge di trattare, mentre ci si sposta da una città all’altra per coinvolgere potenziali mediatori e si telefona a Xi Jinping per chiedere una mano, c’è una cosa che non va mai dimenticata: Putin è sempre lì, fermo sulle sue intenzioni e sul suo obiettivo finale. E’ del tutto inutile, dunque, parlare di svolte, progressi, accordi vicini e pace dietro l’angolo, come pure da giorni fanno giornali e tv. Come se i 28 punti rappresentassero davvero una novità, quando è chiaro che per Kyiv avrebbero significato arrendersi; e come se i 19 della controproposta potessero davvero essere accettati dalla Russia, quando è ovvio che per Putin vorrebbe dire sancire la sua sconfitta strategica. Purtroppo, dunque, le cose non sono cambiate: l’unico modo per creare le condizioni della pace è continuare a sostenere l’Ucraina, militarmente, politicamente e diplomaticamente, respingere l’assalto russo e sperare che nel frattempo la dimostrazione che l’Ucraina non sarà mai abbandonata al suo destino possa smuovere davvero le acque all’interno di una Russia economicamente sempre più a pezzi e con centinaia di migliaia di soldati sacrificati al fronte.

Luca Rocca

 

Da conservare una risposta data ieri al Giornale da Keith Kellogg, inviato speciale degli Stati Uniti per Russia e Ucraina. Domanda: il presidente russo, Vladimir Putin, è pronto ad annunciare vittoria, ma si tratta di vera vittoria? “Risposta in breve: no. La Federazione russa ha guadagnato solo l’1 per cento aggiuntivo dall’inizio dell’invasione su larga scala con perdite di uomini astronomiche (oltre un milione fra morti e feriti). In sostanza le sue forze non stanno vincendo, ma nonostante ciò Putin sostiene il contrario e che l’esercito ucraino è pronto a capitolare”.

 


 

Al direttore - La lettera di Scalfarotto sul Foglio del 26 novembre rivela un problema ricorrente, quando si invoca una legge (o quando la si approva, come nel caso di quella sulla violenza sessuale): dimenticare i caratteri della norma giuridica, in primis la generalità e l’astrattezza. Spesso, invece, si guarda alla legge come rimedio per singoli casi di cronaca che, per quanto dolorosi siano, non possono prevalere sul quadro generale, quello che dovrebbe invece suggerire o meno al legislatore l’opportunità dell’intervento. Bene ha fatto lei a riportare il discorso sulle conseguenze per la collettività attraverso l’immagine del piano inclinato che non sappiamo poi dove porta. Scalfarotto si appella inoltre al popolo sovrano che in realtà si esprime innanzitutto con elezioni e referendum, non attraverso la Corte costituzionale (la quale vorrebbe costringere il Parlamento a legiferare, mentre il non farlo a me sembra un’opzione del tutto legittima). Non si possono prendere scorciatoie “democratiche” (rectius, populiste), dimenticando che la sovranità popolare si esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1 Costituzione italiana). Né serve riferirsi, come fa l’onorevole, all’integralismo cattolico: da Pasolini a Giuliano Ferrara, passando per Bobbio, dovrebbe essere chiaro ormai che la contrarietà su certi temi può essere pienamente laica.

Pasquale Tarantino

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