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Memento: la povertà si può combattere senza combattere la ricchezza

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sciopero generale della Cgil il 12 novembre. Maurizio Landini: “Ridateci la Fornero”. Bene il ravvedimento. Poi, testuale: “E’ il momento di prevedere un contributo di solidarietà che riguarda l’1 per cento degli italiani, mezzo milione di persone ricche. Avremmo 26 miliardi da investire in sanità, istruzione, in assunzioni e per aumentare gli stipendi”. Ottima idea. Attendiamo solo di conoscere la definizione di “persone ricche” e come vengono fuori quei 26 miliardi. Numeri al lotto o lotteria dei numeri?
Michele Magno

Il sindacato chiede una sua patrimoniale. Il campo largo chiede di importare la patrimoniale di Mamdani. Il centrodestra chiede di tassare gli extraprofitti. Cercasi disperatamente qualcuno che ricordi che la povertà si può combattere senza combattere la ricchezza.

 


 

 Al direttore - Ho letto con grande piacere i nuovi dati Istat che ci collocano tra i paesi più longevi al mondo. Gli ultracentenari sono più che raddoppiati rispetto al 2009 e oggi se ne contano circa 23.500. Un risultato straordinario, che merita una riflessione e, mi permetterà, anche un suggerimento. La riflessione è semplice: se, come facilmente dimostrabile sempre con dati Istat, a latere dell’aumento degli ultracentenari, abbiamo assistito nell’ultimo secolo a un aumento dell’aspettativa di vita di circa 40 anni, questo lo dobbiamo ai progressi enormi della medicina e della salute pubblica anche nel nostro vituperato paese. Un patrimonio costruito con gli investimenti di un secolo, che spesso dimentichiamo quando sentiamo parlare della sanità soltanto come di un “buco nero” dei conti pubblici. Ed ecco il suggerimento: se davvero abbiamo le potenzialità per trasformarci in una grande blue zone, perché non provare a cambiare prospettiva? Sappiamo che ogni anno di vita in buona salute equivale a miliardi di euro risparmiati in spese sanitarie e sociali. Allora, invece di spendere soprattutto per curare chi si ammala, proviamo a investire di più per evitare che le persone si ammalino. Del resto sono ormai ben chiari quali siano i pilastri del vivere “più sano e più a lungo”. Si tratterebbe di spostare il baricentro: spendere non per riparare, ma per comunicare come prevenire.
Luigi Carbone

 


 

Al direttore - Ho letto con interesse e vivo compiacimento il pezzo di Cerasa. Secondo l’Istat, oltre 23.500 italiani hanno superato i cento anni con un aumento del 130 per cento rispetto al 2009. Un risultato che parla non solo di salute e assistenza famigliare, ma anche della forza della sanità pubblica e territoriale, spesso sottovalutata e bistrattata. Il Sistema sanitario nazionale è, nella realtà, più forte di come è percepito  e descritto, sia da taluna stampa che da alcuni politici. Lo attestano i numeri e i risultati di un sistema che resta uno tra i più etici del mondo, che si sforza, pur tra contrazioni economiche e difficoltà territoriali,  di non lasciare indietro nessuno – da 0 a ben oltre i 100 anni. Per renderlo ancora più forte occorre migliorare l’organizzazione, rendendola più moderna e flessibile ma soprattutto va depoliticizzato e reso più meritocratico. A proposito di meritocrazia, desidero ringraziare la ministra Anna Maria Bernini che mi ha nominato presidente del Gruppo di lavoro per la valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi. Occorre ispirarsi a modelli di valutazione europei e anglosassoni per garantire autonomia, trasparenza ed efficienza nella gestione dei fondi destinati alla ricerca, anche a quella medico-scientifica. La ricerca rappresenta il fulcro dello sviluppo scientifico, culturale ed economico dell’Italia, valorizzando la competitività e l’innovazione del sistema nazionale. Mi auguro che il sistema salute voglia seguire le stesse regole di merito. 
Matteo Bassetti
 

 

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