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Barba e capelli? Non si scherza con i fondamentali della destra populista

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - I deputati della Lega hanno presentato un disegno di legge per arginare la “liberalizzazione indiscriminata” di parrucchieri e barbieri. Il provvedimento prevede il “contingentamento progressivo del numero di abilitazioni professionali per le attività di acconciatore, barbiere e parrucchiere che possono essere conseguite in ciascun comune, al fine di tutelare la concorrenza leale, garantire l’equilibrio dell’offerta sul territorio e incentivare la qualità professionale e l’innovazione”. Solo rendendo più difficile il taglio dei capelli, insomma, torneremo a occupare il posto che ci spetta in Europa.


Michele Magno

 

D’altronde, come dargli torto: un paese che ha una spesa pubblica che si avvicina al 50 per cento del pil, e un paese dove si definisce “tutela della qualità” ogni vincolo, ogni catena, deve preoccuparsi anche dei dettagli, anche delle minuzie, e deve necessariamente preoccuparsi di che rischio democratico si avrebbe nell’offrire ai cittadini più concorrenza, servizi migliori e prezzi più bassi. Meno libertà, meno apertura, meno efficienza. Non scherziamo con i fondamentali della destra populista.

 


 

Al direttore - Ebbene sì, due partiti giustizialisti come la Lega e in buona misura anche Fratelli d’Italia hanno approvato una modifica della Costituzione per la separazione delle carriere dei magistrati, una riforma liberale e garantista, come sottolinea anche Augusto Barbera già presidente della Corte costituzionale. Una incredibile nemesi della storia. Si può stare a discutere a lungo delle ragioni tattiche e contraddittorie per le quali Lega e FdI lo hanno fatto, ma lo hanno fatto e da laico valuto il merito: una riforma per i diritti dei cittadini, per il giusto processo anziché per il processo mediatico; e anche per un necessario riequilibro dei poteri. Forse i cittadini cominceranno a capire che un pm e un giudice sono due ruoli completamente diversi, forse i frutti sulle prassi si vedranno solo tra anni. Ma se mi lasciassi sfuggire un’occasione del genere, solo perché la riforma è stata approvata da due partiti che non voto, mi sentirei un cretino!


Peppino Calderisi già deputato radicale e di Forza Italia

 

Appunto utile, suggerito dall’avvocato Gian Domenico Caiazza, dedicato ai cretinetti, che contrastano la riforma della giustizia facendo propaganda. Art. 104 della Costituzione prima della riforma: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Art. 104 della Costituzione dopo la riforma. “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”. Se ne deduce che se vi fosse qualcuno desideroso, in caso di approvazione della riforma, di sottoporre l’indipendenza del pubblico ministero al potere esecutivo compirebbe un atto contrario alla Costituzione, esattamente come oggi.

 


 

Al direttore - E’ sempre più assordante il silenzio che separa l’informazione da quella che dovrebbe essere la sua linfa vitale: le giovani generazioni. Non è disinteresse, è distanza. Il racconto del mondo appare lontano, gridato, inutile per chi ha meno di quarant’anni. L’Osservatorio GenerationShip 2025 di Changes Unipol mostra che i giovani si sentono sopraffatti dall’eccesso informativo ma sono più critici. Non sono loro a distrarsi: siamo noi a essere diventati irrilevanti. Qui si misura il fallimento di chi fa informazione e impresa, e qui dovrebbe nascere una missione comune: ricostruire la fiducia tra chi comunica e chi produce valore. Non per i clic o i margini, ma per restituire senso al mestiere di entrambi. Ai giovani non servono contenuti su misura, ma onestà intellettuale. Riconoscono subito la retorica e chiedono coerenza, chiarezza, utilità concreta. E’ una domanda di etica pubblica, non di marketing. La sfida non è comunicare meglio, ma essere più credibili. Giornalisti e manager, editori e comunicatori: non parlare ai giovani, ma lavorare con loro. Ricostruire la fiducia non è una strategia: è l’unico modo per restituire all’informazione e alla società un futuro condiviso.


Ilario Vallifuoco fondatore del Brand Journalism Festival

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