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lettere al direttore
In piazza contro l'antisemitismo che ormai si porta anche a cena
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Un tempo quella che era la sinistra – con tutti i suoi difetti ideologici ma anche con la sua sensibilità politica e il realismo che le si confaceva – dopo i fatti di Venezia di cui è stato vittima il povero Fiano, avrebbe avviato al suo interno e nel sindacato una seria riflessione e un bilancio autocritico. La cosiddetta sinistra di oggi, al carro di movimenti antagonistici e di un sindacato dimentico di sé stesso, invece, non farà nulla di tutto ciò dopo aver lisciato il pelo alla piazza, dopo aver fatto finta di non vedere ciò che andava visto, dopo aver smarrito il senno sui fatti internazionali e sulla questione e israeliano-palestinese. Non farà nulla non perché è brutta e cattiva ma per una ragione sostanziale. Essa non ha una politica, non sa leggere le contraddizioni nuove e i nodi vecchi di questo tempo e di questo paese, e quindi è costretta a rincorrere ogni piazza e a legare la propria identità a questo e a quel sussulto “diciannovista”. Il prossimo che si annuncia dopo pro Pal e Flotille varie è il Referendum sulla sacrosanta riforma della Giustizia. Il Pci di Berlinguer, alla metà degli anni 70 e oltre, si poteva permettere di combattere l’estremismo alla sua sinistra, i famosi “gruppettari” di Berlinguer (tra cui c’ero anche io benché giovanissimo, esaltato dal clima del tempo) e il terrorismo brigatista fino al sacrificio di Guido Rossa perché aveva una politica che era quella della “solidarietà nazionale” e del “compromesso storico “; e quindi non faceva sconti a chi presumeva di incendiare le piazze con miti desueti e che sarebbero stati sconfitti dalla storia o agitando propagandisticamente e demagogicamente le contraddizioni di una società che viveva la coda ancora del famoso “trentennio socialdemocratico” che aveva retto lo sviluppo del dopoguerra europeo. La sinistra di oggi è afona e acefala e non riesce a scorgere tra l’altro l’incipiente antisemitismo travestito da antisionismo che infogna scuole ma soprattutto università e anche l’arte considerevole dei media, accusando chi ne parla di fare demagogia e di non distinguere. Si distingue se i gruppi dirigenti dei partiti di sinistra non si accomodano supini e subalterni, se non hanno rinunciato a essere “classe dirigente” su movimenti della società e delle piazze, non se se ne fanno guidare nella speranza vana di lucrare qualche misero consenso che non ci sarà.
Gennaro Lubrano Di Diego
Non mi chieda perché ma le sue parole mi hanno fatto venire in mente un passaggio di un’intervista di Sabino Cassese di qualche giorno fa. “Non c’è possibilità di paragone tra le due. Meloni studia, è la migliore allieva di Togliatti, come lui è realista. E ha capito, come prima di lei De Gasperi, che il modo migliore di fare la politica interna è fare la politica estera. Sull’altro fronte vedo il vuoto politico, solo slogan che inseguono l’ultima notizia dei giornali. Quando Schlein ha detto che la democrazia è a rischio mi sono cadute le braccia”. E’ tutto.
Al direttore - “Ho smesso di chiedermi se sapessero ‘veramente’ cosa accadeva a Gaza”. Lo ha confessato tempo fa su Repubblica la scrittrice Viola Ardone, davvero ammirata da tutti i ragazzi che nelle piazze pro Pal andavano e vanno tuttora scandendo “nomi di città che forse non avrebbero saputo collocare su una carta geografica”. Bravi, no? Perché quel che conta è il pensiero, soprattutto se è fondato sull’irrilevanza della realtà, sugli algoritmi dei social, sull’idea che, una volta scelto il nemico di sempre (chiamarlo ebreo o sionista è solo un dettaglio, sappiamo tutti che parliamo della stessa cosa, soprattutto lo sanno i pro Pal) il gioco è fatto: bentornato impegno! Il genocidio non è genocidio? La carestia non è carestia? La Flotilla non aveva nessuna intenzione di portare aiuti alimentari a Gaza ma solo di alimentare l’odio verso Israele a favor di telecamera? Dobbiamo ammetterlo: nessuna discussione è ormai più oziosa di quella su ciò che accade “veramente”. Il complotto mondiale giudaico illustrato nei Protocolli dei Savi anziani di Sion per qualcuno non è tuttora verità acclarata, anche se i Protocolli erano un falso pacchiano fabbricato dalla polizia zarista? Intanto, a Lodi, un pub in cerca di personale ha messo tra i requisiti un simpatico “no fighetti, no astemi, no sionisti”. Antisemitismo giocherellone, che vuoi che sia. E tu che ti scandalizzi, non sarai mica ebrea? (lo ha chiesto alla sottoscritta un signore molto accigliato, molto di sinistra e perfino poeta, durante una discussione avvenuta qualche tempo fa in casa di amici comuni). Ecco, era solo per spiegare perché domani a Roma, in piazza Santi Apostoli, alle 19, io sarò alla manifestazione nazionale promossa da Setteottobre contro l’antisemitismo. A testa alta con gli ebrei.
Nicoletta Tiliacos
Ormai il gioco è sotto la luce del sole: usare l’odio contro Israele per nascondere un odio ancora più profondo che riguarda il peccato mortale di essere ebrei. L’antisionismo, dal fiume al mare, è ormai un passepartout facile con cui portare a cena l’antisemitismo senza essere accusati di essere fascisti. Ma dietro ogni ebreo minacciato in quanto ebreo c’è una battaglia che riguarda non la libertà di essere ebrei. C’è una battaglia che riguarda la nostra libertà. Accorrere in massa domani.