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lettere al direttore
La gioia dei pacifisti veri e la delusione dei pacifisti farlocchi
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Forse non è ancora il momento di esultare per l’accordo raggiunto fra Israele e Hamas, con la liberazione di tutti gli ostaggi e l’avvio del ritiro delle truppe israeliane da Gaza. Ma su una cosa non possono esserci dubbi. Senza la reazione potente, devastante di Israele all’eccidio del 7 ottobre, una reazione di certo sproporzionata, come ha sottolineato anche Giuliano Ferrara, ma difficilmente evitabile, oggi non ci sarebbe nessun accordo. Se Hamas è stata messa spalle al muro, sotto la pressione degli stati arabi e non solo, se stavolta non ha avuto altra scelta che accettare le condizioni imposte, è solo perché Israele ha decapitato prima Hezbollah, poi la stessa Hamas, messo a cuccia l’Iran, provocato la caduta di Assad in Siria, e indebolito gli houthi. Senza la potenza di fuoco voluta da Netanyahu, che pure ha prodotto a Gaza drammi umani che mai avremmo voluto vedere, oggi la guerra continuerebbe, gli ostaggi rimarrebbero ancora nei tunnel e il numero di civili morti sarebbe destinato a salire. E’ la forza militare e quindi, di conseguenza, politica e diplomatica, che ha prodotto i fatti. Ed è la forza militare fornita all’Ucraina, e solo quella, se ne facciano una ragione gli inconcludenti pacifisti, che darà la possibilità alla diplomazia, altrimenti superflua, di imporre anche a Putin la resa di fatto.
Luca Rocca
C’è un’altra battaglia che l’occidente deve vincere, dopo aver vinto quella sul campo in medio oriente, pur nella tragicità assoluta di Gaza: quella contro l’antisemitismo. Chi avrà voglia ora di non chiudere gli occhi? Chi avrà voglia ora di combatterla davvero?
Al direttore - Gentile Cerasa. Torno a comprare nuovamente il vostro giornale (dopo la incerta parentesi “draghiana”) per aver dimostrato negli ultimi tempi obiettività, giudizio ed equilibrio nel discutere di “Gaza and company”. Convengo con lei nel non criminalizzare ma nemmeno banalizzare la deriva sconcertante della piazza che manifesta “senza misura,” come succedaneo alla mancanza seria di una corretta opposizione al governo. A sinistra di quei quattro c’è solo una rivoluzione… Non mi sembra il caso, è quasi Natale! Grazie per il nostro Foglio.
Massimo Capacciola
Al direttore - A Gaza e in Israele pasticcini e champagne, felicità nei paesi arabi, in Europa e in America. Solo in Italia chi ieri protestava oggi chiude per lutto.
Jori Diego Cherubini
Una certezza c’è. Gioia dei pacifisti veri. Delusione dei pacifisti farlocchi, a disagio di fronte a un occidente che non canta “from the river to the sea”.
Al direttore - Negli ultimi mesi, le manifestazioni in difesa della Palestina hanno catalizzato l’attenzione pubblica e mediatica, spesso focalizzandosi esclusivamente sui momenti di tensione e sui residui scontri con le forze dell’ordine. Tuttavia, questa narrazione parziale rischia di oscurare un dato fondamentale: la composizione stessa dei cortei. In prima linea, infatti, si trovano migliaia di giovani, moltissimi dei quali figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia, ma ancora privi di pieno riconoscimento politico e giuridico. Questi ragazzi, spesso invisibili nel dibattito pubblico, non hanno rappresentanza, non hanno voce, e troppo spesso vengono strumentalizzati: da risorsa sociale e culturale si trasformano, nei racconti dominanti, in potenziali problemi di ordine pubblico. Questa è una vera onda generazionale, una spinta dal basso che non può essere ignorata. Non si tratta solo di solidarietà internazionale, ma di una richiesta urgente di giustizia e riconoscimento. Il loro protagonismo nelle piazze è un segnale potente: chiedono di essere visti, ascoltati, riconosciuti. E’ tempo che il dibattito politico e istituzionale affronti questa realtà con coraggio. Il riconoscimento del diritto di cittadinanza per chi nasce e cresce in Italia – il cosiddetto ius soli – non è solo una questione di equità, ma potrebbe diventare il vero collante di un movimento che oggi si esprime attraverso la solidarietà, ma che domani potrebbe chiedere con forza una nuova idea di cittadinanza. Ignorare questa energia significa perdere un’occasione storica per costruire un paese più giusto, più inclusivo, e più consapevole della propria pluralità.
Fangio Giovanni
Al direttore - Dopo flop referendari, scioperi generali andati così e così, eccoci allo sciopero ad personam. Beatrice Venezi è giovane, bella e di destra: tutte colpe imperdonabili.
Valerio Gironi