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I pacifisti silenti su Hamas, che ha in mano le chiavi della pace, e il test Orbán nell'alleanza Pd-M5s

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, probabilmente solo in questo fine settimana avremo una idea più chiara sul possibile esito del negoziato in corso a Sharm el-Sheikh. Vedremo fino a che punto Hamas avrà il coraggio di tirare la corda. Perché significa sfidare la pazienza di Giobbe riproporre un rilascio “a rate” degli ostaggi. Lo stesso vale per la pretesa di avere un governatore di Gaza di suo gradimento. E così per la richiesta di non essere privato di un arsenale di armi “difensive” (pistole, fucili e kalashnikov). Premesso che a dei tagliagole per mestiere non dovrebbe essere permesso nemmeno il possesso di coltelli da cucina, se non sbaglio il pogrom del 7 ottobre è stato compiuto esattamente con quelle armi “difensive”, usate per uccidere e anche per stuprare le donne nei kibbutz. Quanto poi alle polemicuzze sul coinvolgimento dei palestinesi nel piano di pace, ricordo che è stato accettato dall’Anp e che è espressamente previsto all’art. 9 (quando l’Autorità “avrà completato il suo programma di riforme, come delineato in varie proposte, tra cui […] quella saudita-francese”). Spiace che la Santa Sede non lo abbia sottolineato. Ai capi di Hamas, insomma, sembra che non basti l’assicurazione di avere salva la vita e l’amnistia per i terroristi che accettano di deporre (tutte) le armi. Ognuno ha la faccia che ha, ma – come diceva Totò – qui si esagera. 
Michele Magno

Non pensa anche lei che sia molto curioso che i pacifisti, che amano la pace, siano silenti, rispetto a chi oggi ha in mano le chiavi della pace, ovvero Hamas?


 

Al direttore - Non capisco tutte queste polemiche. Il Parlamento europeo ha agito semplicemente cum grano Salis.
Alessandro Rigoli

A proposito di Europa. Il Pd ha educato i suoi elettori a considerare l’orbanizzazione della politica la principale spia della deriva di un paese. Il principale alleato del Pd, il M5s, ha annunciato che voterà la mozione di sfiducia contro von der Leyen appoggiando un testo scritto dal gruppo di Orbán. Tutto bene, no?


 

Al direttore - Grazie di cuore per il lavoro che fate. E’ raro trovare un punto di vista indipendente della politica italiana e mondiale ma voi ci riuscite e vi invito a continuare visto il deserto, per partigianeria o incompetenza, che avete intorno. Grazie  
Loris Bocchi

Grazie a lei.


 

Al direttore - Ogni giorno perso nel rilanciare la competitività dell’Europa e dell’Italia nelle scienze della vita è un’occasione mancata per i pazienti e per l’innovazione. Significa cure che arrivano troppo tardi, meno sperimentazioni cliniche, minori possibilità di accedere a farmaci innovativi e maggiori disuguaglianze con un conseguente impatto su sopravvivenza e qualità di vita. Come paese abbiamo la responsabilità di agire, per garantire un futuro in cui i traguardi della scienza siano accessibili in tempi rapidi e con equità. L’Italia può e deve giocare da leader: nel 2024 il settore ha prodotto 56 miliardi, di cui 54 di export, ma perde terreno rispetto a Stati Uniti, Cina e paesi emergenti, che investono fino al 15 per cento annuo in R&S, contro meno del 5 per cento in Ue. In Italia servono circa 14 mesi per rendere disponibile un nuovo farmaco, a cui si possono aggiungere fino a ulteriori 10 mesi. Sottofinanziamento e governance farmaceutica inadeguata minacciano la capacità del paese di competere e progredire. E’ il momento di agire con una riforma coraggiosa della governance farmaceutica; di dotare il nostro sistema sanitario delle risorse adeguate, valorizzando i progressi della scienza. Le soluzioni ci sono, una fra tutte il superamento del payback, un meccanismo distorto e ormai insostenibile, che pesa per alcune aziende fino al 16 per cento del fatturato mettendo a rischio gli investimenti in ricerca e occupazione in Italia. Servono obiettivi di investimento europei proporzionati al pil pro-capite, modelli di accesso precoce per farmaci innovativi e una transizione verso un sistema basato su percorsi di cura e valore degli esiti. L’innovazione va riconosciuta per il beneficio clinico, ma anche per il valore economico e sociale. Sono in atto cambiamenti positivi, ma serve subito una decisa inversione di rotta. Il futuro delle scienze della vita in Italia dipende dalla capacità di trasformare la visione in azioni concrete e coraggiose. Per i pazienti. Per il paese. Per il futuro.
Valentino Confalone, amministratore delegato di Novartis Italia


 

Al direttore - Francesi carichi di generi alimentari al confine, non abbiamo assistito ad alcuna “iniziativa umanitaria” per forzare il blocco azero, spingere i peacekeeper russi a fare il loro lavoro e portare sollievo ai 120 mila armeni intrappolati al di là del corridoio di Laçin, prima che divenissero oggetto di pulizia etnica e la loro fragile compagine statale fosse smembrata. E non è un caso. Quando si verificano situazioni drammatiche di questo tipo, ogni iniziativa idonea a provocare una ulteriore destabilizzazione del quadro politico e a compromettere sforzi diplomatici in corso va sempre prudentemente evitata. 
Giovanni Boggero

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