(foto EPA)

lettere

Ai palestinesi non serve solo uno stato, ma uno stato democratico

Ch ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Francesca Albanese, special rapporteur sulle scale mobili Onu.
Giuseppe De Filippi


Al direttore - Mi chiamo Ivan Grieco, conduco il programma YouTube “La Miniera” e porto avanti molte inchieste sul campo. Qualche giorno fa sono stato alla manifestazione per Gaza che si è svolta a Roma, come già fatto in altre occasioni. Appena arrivato davanti alla Sapienza, nota università di Roma, io e il mio cameraman siamo stati riconosciuti da un signore sulla cinquantina, che prima ci ha girato intorno con fare minaccioso, poi si è avvicinato per insultare, dandomi del fascista. Non avevamo ancora iniziato con le interviste e con le riprese. Subito dopo sono arrivati altri al suo seguito e ci hanno circondati. Ho detto al cameraman di riprendere il tutto e di mostrare la vera natura di alcuni manifestanti, una natura violenta, altro che pacifista. Uno di loro ha strappato dalle mani del cameraman il telefono, altri mi hanno bloccato e il pacifista di 50 anni ha sferrato un calcio al mio cameraman, un ragazzo di 20 anni che potrebbe essere suo figlio. Entrambi abbiamo sempre mostrato solidarietà verso la causa palestinese e condannato le azioni di Israele, eppure non è bastato a risparmiarci questa aggressione. Io sono stato anche minacciato di morte. Dunque siamo dovuti andare via, ci è stato impedito di svolgere il nostro lavoro, alla faccia della democrazia. La polizia che era lì vicino non ha fatto assolutamente nulla, se non dirci di passare il giorno dopo in questura per la denuncia. Il signore violento avrebbero potuto portarlo in caserma, ma evidentemente fare rispettare le leggi al giorno d’oggi è più difficile di quel che pensiamo. Sono davvero rammaricato e preoccupato per questo clima d’odio estremo che si sta sempre di più tollerando. Non voglio generalizzare, c’era tanta brava gente in piazza, come in altre occasioni, ma penso che non siamo così lontani da scene simili a quelle accadute negli Stati Uniti con la morte di Charlie Kirk. La violenza va condannata sempre, che sia di destra o di sinistra poco importa.
Ivan Grieco

Sedicenti liberali, si sarebbe detto un tempo. La nostra solidarietà.



Al direttore - L’unica soluzione per la diatriba Gaza- Tel Aviv non è due popoli e due stati, bensì due popoli e due democrazie. In Israele, può piacere o meno, c’è un governo democraticamente votato ed eletto. Purtroppo in Palestina non è lo stesso… da oltre 20 anni è al potere Hamas, un gruppo terroristico di cui non si conoscono i volti e i nomi dei leader,  che vivono nascosti in Qatar o tra gli abitanti della Striscia. La principale difficoltà è proprio  questa. Hamas, una volta salito al potere non ha più indetto elezioni. Un vero e proprio colpo di stato e a patirne le conseguenze è stato il popolo palestinese. Israele ha sicuramente le sue responsabilità ci mancherebbe, ma finché ci sarà Hamas ogni tentativo di pace o di riconoscimento della Palestina sarà purtroppo vano.

Giuseppe Focone

Parafraso il nostro amico David Parenzo. I palestinesi non hanno solo diritto a uno stato, quando Hamas non sarà lì a guidarlo. Hanno, prima di ogni altra cosa, diritto a uno stato democratico.



Al direttore - Che Hamas non venisse esplicitamente qualificata e condannata come terrorista è la ragione per cui, nel dicembre 2023 e nel marzo 2024, al Consiglio di sicurezza dell’Onu gli Usa si astennero su mozioni che prevedevano aiuti umanitari a Gaza e il cessate il fuoco immediato. Nel momento in cui uno stato riconosce lo stato palestinese, la qualifica di terrorista dovrebbe essere esplicitamente applicata a Hamas, che è la forza politica dominante oggi a Gaza e che lo sarà con ogni verosimiglianza anche nel prossimo stato palestinese. Un caro saluto.
Franco Debenedetti


Al direttore - E’ un’epoca, quella che stiamo vivendo, nella quale dobbiamo giudicare, da uomini ancora liberi, le persone in base ai singoli “issues”, non concedendo a chicchessia fiducia totale o, all’opposto, promulgando sentenze di condanna irrevocabile, in base solo a schieramenti di presunta appartenenza. Questa semplice premessa per dire che Trump ieri all’Assemblea dell’Onu  sul tema del riscaldamento globale ha detto ciò che io vado dicendo da quarant’anni, da scienziato con le credenziali in regola. Cioè che si è propagata la più grande bufala mondiale, attraverso l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), attribuendo all’uomo il 98 per cento della responsabilità del cambiamento, e indicando nella drastica riduzione della CO2 il rimedio insindacabile. Le conseguenze nefaste di questa bufala e della green economy vissuta ideologicamente le ha elencate lui stesso, ma cominciano a essere evidenti a tutti. Vale la pena di ricordare che gli Stati Uniti che ho conosciuto hanno prodotto molta  parte del progresso scientifico dell’umanità intera in tutti i campi. Da bravo commerciante, Trump sa capire al volo la differenza di statura fra un Al Gore ed un Lindzen (professore al Mit), sa riconoscere il consigliere scienziato da pappagalli improvvisati che ripetono a memoria le tesi dell’Ipcc come un disco rotto. Trump è certamente complice di Netanyahu nel massacro di Gaza, è erratico nei rapporti con Putin e Zelensky, reprime la libertà di pensiero nelle università e nel paese, persegue una strategia suicida quando pone ostacoli all’arrivo di studenti stranieri. In questo ultimo aspetto taglia il ramo sul quale è seduto, perché  gli Stati Uniti hanno drenato per decenni l’intelligenza del mondo, e ne sono stato testimone, con risultati formidabili sia per la loro economia sia per l’umanità intera. Ma sul tema del clima ha perfettamente ragione. Questa fase di declino dell’impero americano, ammesso che sia tale, è di difficile lettura per tutti. Ho ascoltato ieri mattina una intervista su Radio 3 a Luca Mercalli, nella quale lo stesso si permetteva di criticare Trump su questo punto, asserendo che la scienza è tutta concorde con la tesi dell’Ipcc. Devo dire che non ho mai incontrato Mercalli alle conferenze scientifiche internazionali a presentare i risultati delle sue ricerche. Dimentica volutamente che dal 2018 una petizione italiana dall’eloquente titolo “Non c’è emergenza climatica” è  stata seguita da una petizione internazionale, Clintel.org, firmata da duemila scienziati veri. Noi non siamo stati ricevuti né da Draghi né dal presidente Mattarella, che hanno preferito incontrare Greta. Concludo riprendendo l’esordio. Su questioni cruciali per l’umanità si deve giudicare tema per tema, non per schieramenti precostituiti o pregiudizi sulle persone. Grazie per ospitare questa mia sul suo giornale. 
Franco Prodi, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL 


Che non ci siano rischi di nessun tipo, a causa del clima che cambia, come dice Trump, non ne sono affatto sicuro. Che sia invece del tutto irrazionale dire che nulla è gestibile, che nulla si può fare, che la catastrofe è inevitabile e che per far fronte alla catastrofe imminente siano necessarie politiche irrazionali che mettono a dura prova il benessere delle società, su questo, nessun dubbio. Grazie della lettera.

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