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lettere al direttore

Un grazie a Putin perché ci ha fatto ricordare come si difende la libertà

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Greta Scarano, attrice e regista, non ha mancato di dire da Venezia la sua – corbelleria – a proposito di Israele, per non essere da meno con quella accolita di artisti che si sentono autorizzati a sputare sentenze piuttosto che limitarsi alle esibizioni al cinema o a teatro. Per la Scarano, intervistata dal Corriere, Israele “ha imposto un regime di apartheid ai palestinesi da quasi 80 anni”. Dunque una segregazione razziale. Di cui sarebbe responsabile secondo lei l’unico stato democratico del medio oriente che prevede opposizione libera e anche l’elezione di parlamentari arabi. Credo che la Scarano abbia sbagliato a studiare solo recitazione.
Roberto Alatri

 


  

Al direttore - Di una cosa almeno dovremo sempre essere grati a Putin: di aver risolto, una volta per tutte, l’antica diatriba, iniziata da Simone Weil negli anni 30, sulla similitudine fra comunismo e fascismo. Finalmente un nazifascista conclamato rimpiange il comunismo.
Harry Salamon

Di un’altra cosa dovremmo sempre essere grati a Putin: averci ricordato che cosa serve agli amici della libertà per difenderla e aver mostrato in che senso molti nemici della libertà usano il pacifismo come una chiave presentabile per nascondere il proprio inconfessabile rossobrunismo. 

   


   

Al direttore - Il ministro Urso si è impegnato a realizzare con un miliardo di euro più ulteriori fondi europei, il Dri (preridotto di ferro) di stato da fornire (gratuitamente?) a Ilva per alimentare i forni elettrici del futuro. Per questo il ministro ha scalzato i vertici draghiani della società pubblica Dri Italia, Bernabè e Cao, sostituendoli con due fedelissimi FdI: Cesare Pozzi e Ferruccio Ferranti. Ma se a Taranto gli impianti per il Dri non li vogliono, l’alternativa è farli a Gioia Tauro. Per questo giovedì il ministro Urso ha detto che incontrerà “il governatore Occhiuto”. Ora non vorremmo dare idee: ma quanto ci metterà Tridico a dire che, se dovesse vincere lui le regionali in Calabria sostenuto da Pd e Cinque stelle, il Dri di stato a Gioia Tauro non si fa? E a quel punto, qual è l’alternativa? Facile capire perché nel frattempo Federacciai l’unico impianto di Dri che serve ai forni elettrici italiani attivi sta andando a farlo in Algeria.
Annarita Digiorgio

 


   

Al direttore - Prescindiamo in questa sede dall’esistenza di un fondamento o no della misura, nelle multiformi configurazioni, che si ipotizzerebbe per un “contributo” delle banche alla manovra di bilancio. Fermiamoci al metodo. E’ mai possibile che l’esperienza compiuta in due anni non abbia insegnato nulla? Come si fa a trascurare la necessità, prima di esternare ipotesi e creare una dialettica nella stessa maggioranza, di un confronto preventivo con l’Abi, anche per gli aspetti tecnici, e, ancor più con la Banca d’Italia, a maggior ragione perché questa è materia sulla quale è prevista l’obbligatorietà del parere della Bce? Sia chiaro: la decisione, quale che sia, spetta poi al governo e al Parlamento. Ma non dovrebbe mai essere dimenticato l’einaudiano “conoscere per deliberare”. Soprattutto quando se ne avrebbe maggior bisogno.
Angelo De Mattia

   


   

Al direttore - C’è voluta la voce autorevole delle Nazioni Unite perché finalmente venisse detto a chiare lettere che la maternità surrogata non è un atto di libertà né di generosità ma una pratica di violenza che degrada la donna a mera incubatrice e priva il bambino della relazione primaria con la madre che lo ha portato in grembo. A ribadirlo è la relatrice speciale dell’Onu, Reem Alsalem, in un rapporto che sarà presentato a ottobre all’Assemblea generale. Un testo che non si limita a condannare la surrogazione ma chiede l’adozione di un trattato internazionale vincolante che la vieti ovunque. La relazione Onu cita esplicitamente la legge approvata dal nostro Parlamento che ha qualificato la maternità surrogata come reato universale, perseguibile anche quando commesso all’estero da cittadini italiani, quando facciano ingresso in territorio italiano. Una norma che in Italia ha suscitato polemiche e accuse di oscurantismo ma che a livello internazionale viene citata come modello. Un giro di affari miliardario costruito sullo sfruttamento e qui è doveroso evidenziare che non esiste una maternità surrogata “gratuita per fini solidaIi”, come pure è stato insistentemente affermato dai suoi  sostenitori, e non soltanto perché è una tecnica che comporta comunque dei costi ma anche perché i numeri parlano chiaro: nella relazione Onu si sottolinea come il mercato globale della surrogazione, già oggi stimato in 15 miliardi di dollari, potrebbe raggiungere i 100 miliardi entro il 2033. Dietro la retorica dell’altruismo si nasconde dunque un meccanismo spietato che recluta donne vulnerabili in paesi dove i controlli sono assenti. Sorprende che certa sinistra, storicamente paladina dei diritti delle donne, si ostini a presentare la surrogazione come uno strumento di libertà, dimenticando la violenza fisica, psicologica ed economica che essa comporta e ignorando che questa pratica sottrae alle donne il potere più grande, quello di procreare, riducendolo a un servizio da contrattare sul mercato globale che così può essere esercitato anche dagli uomini. 
Una pratica contro le donne dunque che si inserisce nel solco di una cultura che vorrebbe abolire le differenze tra i sessi con l’obiettivo di crearne soltanto uno, consentendo che ognuno debba essere quello che si sente di essere, un unico genere che manderebbe al macero tutta la legislazione a favore delle donne, conquistata in anni di dure battaglie. Il riconoscimento dell’Onu è senza precedenti e rafforza la battaglia per la difesa dei diritti umani. L’Italia ha fatto la sua parte approvando una legge coraggiosa ora indicata come esempio internazionale. Ci voleva una donna di destra, a capo di un governo di destra, per mettere al bando un simile abuso.

sen. Susanna Donatella Campione, componente commissione Giustizia e femminicidio