(foto Ansa)

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Se ai riformisti del Pd manca il coraggio di essere riformisti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, mi creda: della relatrice speciale dell’Onu sui territori palestinesi – in cui peraltro non mette piede dal 7 ottobre 2023 – non mi importa un fico secco. Più inquietante, invece, è il bias cognitivo (distorsione del giudizio causata dal pregiudizio) della sinistra parlamentare ed extraparlamentare italiana (e non solo), nonché di un numero considerevole di artisti e attori, docenti e discenti, cantanti e intellettuali, sindacalisti e pacifisti, terzomondisti e antimperialisti, popolani e altoborghesi, laici e religiosi. Siamo in presenza di un fenomeno futurista-dadaista oppure di semplici esibizionisti in cerca di cinque minuti di visibilità sui media? Forse entrambe le cose. Fa tuttavia riflettere che una signora dal curriculum taroccato sia diventata il simbolo della lotta contro il potere ebraico, una specie di martire vessata dalle potenze occidentali. La citazione dell’opera di Francisco Goya è abusata, e me ne scuso, ma mai come in questo caso si può ben dire che “El sueño de la razón produce monstruos”.
Michele Magno

El sonido de la propaganda produce consecuencias.


Al direttore - Ho letto con interesse la lettera del senatore Sensi: condivido la tesi secondo cui il riformismo non può essere “esternalizzato” dal Pd. Non condivido, però, l’idea che per evitarlo si debba rinunciare a costruire una corrente riformista organizzata. Il punto è: il congresso che ha portato Schlein alla segreteria è stata una semplice anomalia procedurale o l’inizio di un processo che sta trasformando il Pd in un altro partito, diverso da quello nato nel 2007? Temo valga la seconda ipotesi. E allora, proprio per difendere l’anima riformista, una corrente può essere non un problema, ma una necessità.
Alberto Bianchi

Una corrente è importante, certo, ma quello che conta è ricordare il punto fondamentale: il Pd o è riformista o non è. E i cosiddetti riformisti, e ce ne sono, dovrebbero avere il coraggio di esserlo, seguendo l’esempio del senatore Sensi, e senza preoccuparsi solo ed esclusivamente di non trovare un posto in lista alle prossime elezioni.

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