
le lettere
Fornero, la differenza con le lacrime di Reeves e un piccolo appello
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Voglio esprimere la mia solidarietà alla ministra britannica, Rachel Reeves, per la situazione di difficoltà emotiva nella quale si è trovata e che le è costata non soltanto due silenziose lacrime ma un fiume di pesanti sarcasmi o peggio; e non importa se lei ha pianto per ciò che non è riuscita a fare mentre, nel mio caso, le lacrime erano per ciò che era stato necessario fare per salvare il paese. E poi vorrei dire basta! Basta con queste derisioni da parte di maschi arroganti, incapaci di versare anche solo due lacrime ma trattati da eroi quando, pur raramente, lo fanno. Basta con questi atteggiamenti che riflettono nostalgia per un passato di predominio sulle donne oggi completamente fuori dal tempo.
Elsa Fornero
già ministro del Welfare
Al direttore - Riassumendo: Trump disarma Zelensky e al Fatto quotidiano stappano bottiglie di prosecco (lo champagne lo riservano per la prossima invasione di Putin), i pacifinti festeggiano (intonando il “Te deum”), Di Battista è scatenato (contro i neonazisti di Kyiv senza dimenticare i neonazisti ebrei), Cacciari (alias “sono anni che lo dico”), ghigna di gusto, Montanari ringrazia riconoscente il Papa (non Leone XIV, Francesco), Canfora già pronostica l’avvento di un nuovo impero russo (magari non quello di Stalin ma quello di Ivan il Terribile), Conte esulta (gratuitamente), Schlein (more solito) tace. Nel frattempo Bettini, che si interessa solo di cose serie, sforna consigli e suggerimenti su come allargare il campo largo (la sua ossessione). Tutto questo accade nella sonnolenta provincia italiana, alla quale – come diceva Ennio Flaiano – le dittature degli altri non hanno dato mai fastidio. Ma, allargando lo sguardo, non è che l’Europa stia messa molto meglio. Che fine hanno fatto le promesse di sostegno militare all’Ucraina dei “paesi volenterosi”? E come stanno gestendo i leader dell’Ue la rottura delle relazioni transatlantiche? Fin qui il bacio all’anello del sovrano non sembra che abbia funzionato: sui dazi, sulla tassazione dei colossi tecnologici, sulla spesa per la Difesa, sugli stessi rapporti con Mosca e Pechino. Dovrebbe essere ormai chiaro che il massimo che si può ottenere dal tycoon newyorchese è la sua indifferenza, non certo la sua benevolenza. E forse nemmeno questo, quanto il suo rifiuto di vendere (non regalare, si badi bene) sistemi di difesa antiaerea all’Ucraina è una scelta apertamente ostile nei confronti dei suoi antichi alleati. L’Europa deve cambiare rotta, quindi? Deve perché può. Sempre che si ricordi di un magnifico pensiero di sant’Agostino: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle”.
Michele Magno
Mi sembra però, caro Magno, che entrambi i figli della speranza siano in Europa. E mi sembra che finora, da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, l’Europa abbia fatto tutto il possibile per trasformare uno tsunami in un’opportunità per imparare a correre, e non farsi raggiungere. Suggerirei, per miscelare bene lo sdegno e il coraggio, di ascoltare cosa ha detto Tony Blair qualche giorno fa al World Economic Forum: “La vera domanda è: come può l’Europa diventare forte in modo autonomo? Servono due cose: una forza militare e un’economia forte. Per la Difesa europea, credo che oggi ci sia un’opportunità. Se c’è un conflitto alle porte, l’Europa deve poterlo influenzare militarmente. Poi, la chiave dell’economia oggi è la competitività. E la chiave della competitività è la tecnologia. In particolare l’intelligenza artificiale. E in questo, oggi, l’Europa non è protagonista. Alcuni sono scettici. Io credo che si possa fare. La domanda è: come si diventa abbastanza forte da dialogare alla pari con America e Cina? Questa è la forza”. Sdegno e coraggio. E non perdiamo la speranza.