
Foto Ap, via LaPresse
lettere al direttore
Perché non si deve trasformare la difesa degli innocenti a Gaza in un'occasione per disarmare Israele
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - In Europa si sta diffondendo l’idea che sia giusto disarmare Israele, boicottarlo, togliergli le armi, per quanto possibile. E’ una strategia realistica?
Federica Parrini
Suggerirei di ascoltare ciò che ha detto ieri il leader del partito tedesco dei Verdi Felix Banaszak, che così si è espresso contro un eventuale blocco delle consegne di armi da parte della Germania a Israele. “Israele deve continuare ad avere la capacità di difendersi dagli attacchi aerei dell’Iran. E’ un Paese che è sotto minaccia fin dalla sua fondazione. E tutt’intorno ci sono stati che non hanno a cuore i suoi interessi come l’Iran, che ha la ferma volontà di distruggerlo. Israele non può essere lasciato indifeso di fronte a una simile minaccia.” Gaza è una tragedia, e ha ragione il cancelliere Friedrich Merz quando dice: “Non capisco più cosa stia facendo l’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, né a quale scopo”. Ma un conto è cercare un modo per fermare la guerra a Gaza (anche se un modo perfetto ci sarebbe per la comunità internazionale: chiedere ad Hamas di arrendersi senza condizioni e rilasciare gli ostaggi). Un altro è trasformare la difesa degli innocenti a Gaza in un’occasione per disarmare Israele senza preoccuparsi del modo in cui anche nel futuro si armeranno i suoi nemici, che sono anche i nostri. Pensarci, prima del prossimo appello.
Al direttore - Mi scrive Adolfo Ceretti, il criminologo di cui ho scritto ieri sul Foglio (“Il male ripensato da vicino”). Mi ringrazia per il pezzo e “con l’usata ineffabil cortesia” mi segnala un refuso: “Al posto di ‘ultimamente’ dovrebbe esserci ‘intimamente’”. Il passaggio è questo: “Ho chiesto allora a lui: ‘Tu pensi che esistano attenuanti tali per cui uno non sia responsabile dell’atto che ha compiuto?’ ‘No, una persona è sempre ultimamente responsabile di ciò che fa’. Ribatto: ‘Altrimenti è impensabile la funzione rieducativa della pena?’ ‘Esatto’”. Non credo di avere del tutto torto, ma penso proprio che lui abbia ultimamente e intimamente ragione.
Ubaldo Casotto
Al direttore - Nel cuore di un’Europa che invecchia, la salute e i dati sanitari diventano la nuova frontiera dell’integrazione. Oggi, più che mai, la creazione di un ecosistema condiviso per i dati sanitari tra i 27 stati membri rappresenta un’opportunità civile e scientifica. I numeri parlano chiaro: oltre il 21 per cento degli europei ha più di 65 anni, in Italia siamo quasi al 25 per cento, con 4,5 milioni di over 80. L’invecchiamento, unito alla denatalità, ci impone una domanda urgente: sapremo garantire cure e dignità in una società più fragile? Raramente pensiamo a quanto la nostra salute dipenda da dati disponibili, aggiornati, protetti. Eppure, avere accesso immediato a informazioni mediche può fare la differenza tra una diagnosi tempestiva e una tragedia evitabile. L’Europa ha compiuto un passo storico: dal 26 marzo 2025 è in vigore l’European Health Data Space (Ehds), il primo spazio europeo dei dati sanitari. Questo regolamento armonizza standard e accesso, tutelando la privacy (con dati anonimizzati) e promuovendo la ricerca scientifica. Strumenti come il Fascicolo sanitario elettronico e l’Ecosistema dati sanitari italiano vanno ora integrati in questo sistema europeo. E’ un’occasione anche per università e centri di ricerca: l’Italia investe appena l’1,31 per cento del pil in ricerca, contro il 2,1 per cento della media Ue. Con più dati condivisi e sicuri, possiamo migliorare prevenzione, diagnosi e terapie. Il 6 giugno, alla Camera dei deputati, il Data Summit sarà l’occasione per riflettere su questi temi con esperti e istituzioni. Perché la tecnologia, se ben governata, può trasformare i numeri in vita. E costruire un’Europa della salute che sia davvero per tutti.
Alessandra Petrucci, Rettrice dell’Università di Firenze
Correzione. Ieri abbiamo attribuito al ministro Adolfo Urso una volontà che in realtà appartiene al ministro Matteo Salvini: ovvero nazionalizzare l’ex Ilva (Urso chiede di privatizzarla). Ci scusiamo con gli interessati.