
Foto Ap, via LaPresse
lettere al direttore
Merz non sarà una locomotiva, ma un buon modello da studiare sì
Chi ha scritto il direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Oggi “Extra omnes” (“Fuori tutti [gli altri]”). Domani chissà. Come recita l’inno sublime intonato dai cardinali in Conclave: “Veni creator spiritus, mentes tuorum visita, accende lumen sensibus, infunde amorem cordibus!”.
Michele Magno
Al direttore - Essendo sul Monte Athos il giorno della morte di Papa Francesco, una locale intelligenza bizantina mi ha riferito che il prossimo Papa sarà Leone XIV. Il nome terreno lo si ricava facilmente.
Vincenzo Agostini
Al direttore - Una volta che sarà sconfitto Hamas e che gli ostaggi saranno liberati, anche i palestinesi potranno vivere in pace. Ma prendersela con l’ebreo resta lo sport preferito degli estremisti di destra e di sinistra.
Jori Diego Cherubini
Curioso che i grandi difensori dei popoli oppressi non si ricordino ogni giorno di ricordare che la guerra che combatte Israele, da mesi, da anni, da decenni, non è solo contro il terrorismo di Hamas ma è anche contro altri terrorismi simmetrici che da mesi, da anni, da decenni, minacciano l’esistenza di Israele. Terrorismi come quello degli houthi, per esempio, di cui misteriosamente il buon popolo dei nemici di Israele dimentica di ricordare quali sono le parole d’ordine dei suoi leader: “Allah è grande, morte all’America, morte a Israele, maledizione agli ebrei, vittoria all’islam”. Gaza è una tragedia, lo sappiamo, ma la prima tragedia di Gaza resta una: il terrorismo islamista, senza il quale Gaza sarebbe libera già da prima del 7 ottobre.
Al direttore - Merz è il nuovo cancelliere tedesco, l’Europa ha una nuova locomotiva, l’anti europeismo è sempre forte ma dovrà restare ancora un po’ di anni lontano dal potere nei luoghi che contano. Possiamo dirlo? Una buona giornata, franchi tiratori a parte.
Andrea Bini
Lo è. Merz è un po’ azzoppato, sì, ma quel che conta è che in Germania c’è al governo una destra anti trumpiana, anti estremista, anti nazionalista, europeista e poco incline a inseguire l’agenda di Musk. Non sarà una locomotiva, ma un buon modello, sì. Da seguire e studiare.
Al direttore - Saremo a Kyiv il 9 maggio, venerdì prossimo, in Piazza Indipendenza. Una cinquantina di persone partirà dall’Italia, soprattutto da Torino e Milano, una ventina da altre città europee, per incontrarci con tanti amici ucraini. Turismo intelligente, certo – Kyiv è splendida – ma soprattutto turismo intransigente. Mentre a Mosca Putin celebrerà la vittoria nella “grande guerra patriottica” con una parata militare, dimenticando che senza l’aiuto decisivo dell’America anti nazista (e anti comunista) di Roosevelt, l’Urss, inizialmente alleata della Germania, non avrebbe mai resistito, noi festeggeremo la Giornata dell’Europa. Lo faremo in una piazza che simboleggia la lotta per la libertà, nel giorno scelto per ricordare la dichiarazione Schuman che pose le basi dell’unità europea, ispirata anche dai pensatori italiani Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Giacomo Matteotti, Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi. Non c’è luogo più simbolico di Kyiv oggi per celebrare l’Europa: non solo l’integrità territoriale, ma la coscienza europea si difendono lì. All’idea lanciata da Silvja Manzi e Igor Boni hanno aderito in molti, tra cui Elena Kostioukovitch, autrice di “Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso” (La nave di Teseo). Esporremo una grande bandiera blu con le dodici stelle, suoneremo l’Inno alla gioia, grideremo Slava Ukraïni, e chiederemo all’Europa di fare di più: boicottare e sanzionare Mosca, sostenere militarmente Kyiv finché necessario, pianificare un riarmo comune. Il titolo della nostra iniziativa è chiaro: “L’Europa rinasce a Kyiv!”. E’ un gesto piccolo ma significativo, in un’Italia dove la premier Meloni esclude truppe italiane e si affida all’imprevedibile Trump per la pace, mentre Lega e 5 stelle indossano oggi l’uniforme dei nemici dell’occidente, e il Pd – salvo minoranze – resta intrappolato in un pacifismo da sacrestia. Dedichiamo la nostra presenza a Kyiv a tutti i caduti ucraini, civili e soldati, e a chi, come la giornalista Viktoria Roshchyna, è stata uccisa barbaramente: il suo corpo restituito senza cervello e occhi, perché per il regime russo chi è nemico non deve vedere, non deve pensare. Ricordiamo le parole della scultrice Ada Rybachuk, censurate dai sovietici: “A voi che siete caduti non sul campo di battaglia e non con le armi in mano... questo monumento è stato eretto dai vivi per i vostri pensieri, i vostri sogni, le sinfonie non suonate per noi”.
Marco Taradash