lettere al direttore

Educare gli studenti al merito significa anche educarli ai voti

Al direttore - Parafrasando la celebre battuta di Charles de Gaulle sull’Inghilterra, Giorgia Meloni ha detto: “La Sardegna è un’isola. Non è colpa sua. Ma nemmeno colpa mia”.
Michele Magno


 

Al direttore - Nel tentativo del ministro Valditara di riportare il merito a scuola, i voti tornano a essere etichette sterili e spesso inadatte a spiegare gli ecosistemi dell’apprendimento. Quello che vuole essere il tentativo di ridare certezza e chiarezza alla valutazione, in realtà riporta indietro le lancette del tempo a correnti pedagogiche ormai superate. Perché alla leggerezza e alla bellezza dell’apprendimento, che è il vero obiettivo per i più piccoli, si preferisce un giudizio che appesantisce lo studente, allontanandolo dai modelli di scuola innovativa e inclusiva che ciascuno di noi ha sognato tra i banchi? Per alcuni, parrebbe che le famiglie dei nostri studenti si sentano confuse e disorientate dai livelli adottati al momento e che un giudizio-etichetta sarebbe più diretto ed efficace, insomma più leggibile. E alla fine dei conti, quanto è più semplice bollare, catalogare, classificare, contrassegnare con una parola? (Sei) insufficiente, (sei) buono, (sei) ottimo. La politica del “tu sei” porterebbe a un nuovo squilibrio a livello emotivo, a una competizione individuale che tanto abbiamo combattuto con l’uso della didattica collaborativa basata sull’interdipendenza positiva e sull’acquisizione di abilità pro sociali, lasciando posto all’agitazione e all’ansia della consegna della verifica per poter comparare il mio voto al tuo. E inoltre, volgendo lo sguardo agli studenti con bisogni educativi speciali, nella mia personale esperienza scolastica, spesso di fronte a un giudizio sono bastate le espressioni, i silenzi e a volte anche i pianti, a dimostrazione che l’apprendimento può essere un percorso di costruzione che può risultare persino difficoltoso. Insomma, a una valutazione che svilisce il valore del sapere etichettandolo, ne preferiamo una che metta al centro la sua essenziale funzione formativa, tra gli strumenti determinanti per i docenti per attuare l’iter di progressiva crescita di competenze degli studenti. Perché più che inseguire il merito, la scuola primaria dovrebbe avere il compito di educare i propri alunni al merito, accendendo la luce del sapere della conoscenza che, coniugato al saper fare dell’abilità conduce lo studente al saper essere della competenza. 
Ludowika Tripodi

Educare al merito significa anche educarli ai voti. Educare i bambini a essere valutati con giudizi descrittivi che vogliono dire poco o nulla significa non educarli. E significa voler rinunciare a spiegare ai bambini che differenza ci sia tra un “ottimo”, un “buono”, un “discreto”, un “sufficiente”, un “insufficiente” e un “gravemente insufficiente”. Il merito, appunto.


 

Al direttore - L’articolo dell’Elefantino, “A cosa dobbiamo rinunciare per sconfiggere il regime di Vladimir Putin” (il Foglio 24/2), scuote le nostre intelligenze e obbliga a una realistica presa d’atto sullo stato della reazione dell’Ue all’aggressione della Russia di Putin alla nostra libertà e sicurezza militare. Quantunque negli ultimi due anni, dall’inizio della guerra nel 2022, l’Ue abbia fatto passi in avanti importanti per esprimere una resistenza comune all’aggressione russa, il limite della reazione nostra a Putin è quello che severamente indica Ferrara: ovverosia la mancanza di un’efficace autonoma deterrenza militare dell’Ue in grado di fermare Mosca. E questo spinge Ferrara ad affermare che il suo monito “armatissimi e liberissimi” – sul quale concordo – comporti il prendere atto “che solo un’Europa germanizzata e proiettata verso il suo oriente sotto minaccia e un’America liberata dell’incubo impostore di Trump potranno riscattare il Vecchio continente…”. Bene il secondo fattore, ma sul primo, un’Europa germanizzata, non credo sia possibile e, forse, neppure auspicabile. L’Ue è parte dell’informale impero europeo dell’America (per nostra fortuna, aggiungo) e gli Usa – repubblicana o democratica che sia l’Amministrazione a Washington – non sono per una Germania egemone in Europa, neppure di fronte al pericolo Putin. Meglio, dunque – e certamente accettabile dagli Usa – puntare alla formazione di un quadrilatero strategico-militare rafforzato tra Francia-Germania-Italia-Spagna, con interlocuzione speciale con la Polonia, come deterrente militare principale verso la Russia.
Alberto Bianchi