Lettere

Su Gaza ha ragione Vasco. Viva Mara Venier e pazienza per Ghali

Al direttore - Leggo l’editoriale del Foglio: “Cara Europa e cara Italia, se volete la pace preparatevi alla guerra”. Già solo dal titolo, ho deciso che farò l’abbonamento al quotidiano da Ella diretto, caro dr. Cerasa, per i prossimi dieci anni.
Alberto Bianchi

Grazie!


   

Al direttore - Si vis pacem para bellum. Non c’è niente di più giusto e attuale di quanto scritto dal Foglio. Senza citare le minacce globali dall’Asia al medio oriente e restare al giardino di casa, l’Orso russo ai nostri confini e i suoi progetti destabilizzanti descritti dal report riservato tedesco citato dal Foglio sono inquietanti e si fronteggiano con un’Europa impreparata a tutto. Basti dire che solo la Francia (e fuori dalla Ue, il Regno Unito) grazie alla lungimiranza del generale De Gaulle è fornita di un armamento nucleare. Ma se così è sorge spontanea la domanda: in questo scenario dobbiamo rivalutare la guerra israelo-palestinese? Dobbiamo riconsiderare l’aggressività di Tel Aviv al netto dei suoi feroci eccessi a Gaza come una declinazione del detto si vis pacem para bellum su uno scacchiere che è una fucina di propositi anti occidentali? Una domanda scomoda?

Marco Cecchini



Al direttore - Cantanti in guerra. In principio fu Francesco Guccini, che nel presentare a un concerto a Pavia la sua canzone, “Auschwitz”, disse: “Le vittime che diventano carnefici”. C’era chi un po’ lo perdonava, aveva pur sempre scritto  “Shomer ma mi laila”, “guardiano, cosa/chi dalla notte?”. Ci si cullava con l’idea che se qualcuno stesse citando un versetto della Torah in ebraico non potesse essere così tanto antisemita. Eppure, quelle “vittime che si trasformano in carnefici” bruciavano. Al Festival di Sanremo, quest’anno, il rapper italiano Ghali ha cantato per denunciare il bombardamento di un ospedale. Non ha detto esplicitamente che si trattasse di un ospedale bombardato da Israele, ma tutti hanno capito che parlava di uno degli ospedali di Gaza, di quelli che nascondono armi e tunnel e che pertanto in punto di diritto internazionale diventano legittimi obiettivi militari, ma – parafrasando Francesco De Gregori – tutto questo Ghali non lo sa. Per togliere i dubbi, al termine della propria esibizione, ha detto “stop al genocidio”. E Amadeus muto, non ha replicato a tale palese falsità. Dargen D’Amico ha chiesto un cessate il fuoco senza pensare che in questo modo Hamas resterebbe al potere e preparerebbe nuove stragi. Eros Ramazzotti ha dedicato la propria esibizione ai bambini morti in guerra “che non vedranno la Terra Promessa”, “una sola parola: pace”. E come si fa a non essere d’accordo con tanto amore? C’è un filo tuttavia che lega Guccini, Ghali, Dargen e Ramazzotti. La legittima attenzione al dramma della popolazione palestinese non è accompagnata a un’altrettanta attenzione al dramma israeliano. Anche in Israele vi sono festival musicali. In quello di Supernova, il 7 ottobre, almeno 364 giovani sotto stati sterminati a sangue freddo dai terroristi di Hamas e Jihad e da quel festival almeno 40 sono sono stati presi in ostaggio e trascinati come trofei a Gaza e le ragazze israeliane sono state ripetutamente stuprate. D’altra parte, si dirà, sono solo canzonette e poi Israele non raccoglie like. Sarebbe stato un messaggio troppo complesso per Sanremo? “Sarebbe facile per me oggi scrivere Free Palestine. Ma io non sono facile. Sono semplice, ma non facile. Sarebbe facile e sarebbe anche un po’ alla moda di questi tempi ma io non sono mai stato alla moda sono sempre andato controcorrente”, ha scritto Vasco Rossi, “di fronte alla tragedia che sta succedendo a Gaza non riesco a schierarmi da una parte o dall’altra, come fanno molti dalle loro comode poltrone. Io se mi schiero vado a combattere, altrimenti sto zitto o meglio rimango ammutolito di fronte a orrori di questo genere”. Quanta saggezza.

Yasha Reibman

Perfetto Vasco Rossi. Ma perfetta anche Mara Venier, che domenica ha letto un comunicato dell’ad della Rai, Roberto Sergio, impeccabile. “La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità ebraica è sentita e convinta”, aggiungendo poi con coraggio che “queste parole le condividiamo tutti”. Viva Mara. E pazienza per Ghali.
 

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