Dobbiamo rivendicare il diritto di non tollerare gli intolleranti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - "La falsità spicca il volo e la verità la segue zoppicando", recita un famoso aforisma dello scrittore irlandese Jonathan Swift (1667-1745). Tre secoli fa questa affermazione era un’iperbole, oggi invece descrive bene i social media. Tutte le piattaforme che amplificano contenuti provocatori rischiano di fare da cassa di risonanza alle notizie false. E, come è noto, una storia falsa ha molte più probabilità di diventare virale rispetto a una vera. Ciò vale in tutti i campi – economia, terrorismo e guerra, scienza e tecnologia, intrattenimento e politica. In Rete ci sono quasi due miliardi di siti web e più della metà della popolazione mondiale naviga in Internet: ogni secondo nel mondo vengono inviati oltre due milioni e mezzo di messaggi di posta elettronica e vengono effettuate settantamila ricerche su Google. Le fake news sono parte integrante della Rete, invadono le pagine Internet, si diffondono come virus nel web, tengono testa ai grandi quotidiani e riescono a creare un impatto mediatico a livello globale. Le fake news hanno la prerogativa di distorcere la realtà dei fatti e occultare la verità, ingannando il lettore. Complice la libertà che contraddistingue la natura del web, la disinformazione trova un terreno fertile nella Rete, dove riesce a diffondersi a macchia d’olio e entrare nel senso comune dell’utente lettore. Il web rappresenta un vero e proprio oceano di contenuti in cui i confini tra notizia vera, distorta o completamente inventata diventano labili, a volte quasi inesistenti. Dunque, ha ragione il partito dell’Internet bugiardo? Vexata quaestio. Beninteso, la lotta politica e la lotta contro la scienza condotta a suon di fandonie sul palcoscenico nazionale e internazionale sono avvantaggiate da tre fattori: la possibilità dell’anonimato; la possibilità di raggiungere rapidamente un vastissimo numero di persone: il fenomeno delle “cascate” informative (la bufala che diventa virale). Siamo quindi ben lontani dalla “cyberdemocracy” immaginata da Nicholas Negroponte e Gianroberto Casaleggio. Come si può sconfiggere, allora, la facile menzogna dei professionisti del clic? Chi è favorevole a provvedimenti restrittivi della libertà di comunicazione, con il nobile scopo di arginare il falso, dovrebbe sapere che così si rischia di mettere a tacere anche il vero. E’ il meccanismo che Cass Sunstein ha definito “chilling effect”, effetto gelante. Secondo la filosofa Franca D’Agostini, si può invece adottare il vecchio principio del “lasciar crescere la gramigna” perché con essa cresca anche il grano. La verità infatti non deve temere la diffusione della menzogna, visto che quest’ultima ha comunque bisogno di lei per vivere e prosperare. Lo spiega molto bene la tradizione, descrivendo il mentitore prigioniero dei suoi inganni. Se infatti ci sono molti modi di mentire, mentre la verità è una sola, ciascuno di quei modi contiene in sé il vero che può distruggerlo dall’interno. Ed è quanto normalmente dovrebbe fare uno spirito critico ben allenato da una buona istruzione, a patto che abbia voglia e tempo di mettere a tacere quelli che sono le sue scimmie, o i suoi giullari: i mentitori.
Michele Magno

 

C’è anche un altro tema. Una società troppo tollerante paradossalmente finisce per darla vinta alle sue componenti più intolleranti. Dovremmo abituarci, al lavoro, a cena, nella nostra quotidianità, a non lasciare che le sciocchezze prendano forma, fino a diventare verità, e a non rinunciare di confrontarci con chi la pensa in modo diverso da noi solo perché parlare con quella persona ci sembra inutile, improduttivo, divisivo, stressante. Dovremmo ricordare cosa suggeriva Popper nel suo mitico saggio sulla tolleranza. E dovremmo rivendicare, nel nome della tolleranza, il diritto a non tollerare gli intolleranti, i cialtroni e i portatori di scemenze.