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lettere al direttore

Le minoranze servono, anche nei partiti in cui non ci si riconosce più

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Cottarelli non è la mia cup of tea, ma quando dice che stare in questo Pd è inutile gli si può dar torto?
Micaela Farroni

Cottarelli ha ragione da vendere quando critica l’impostazione ideologica del nuovo Pd, impostazione che sembra essere indirizzata a rinnegare buona parte del Dna riformista del partito. Ma non sono sicuro che togliere a un partito la possibilità di esprimere posizioni alternative rispetto a quelle dominanti sia una mossa che contribuisce a difendere la causa riformista (posizioni che, tra l’altro, prima ancora di essere criticate andrebbero ascoltate dato che la caratteristica del Pd modello Schlein è l’essere silente più che essere divisivo). Le minoranze servono, anche nei partiti in cui non ti riconosci più. E se poi, come messaggio di commiato, si sceglie di smarcarsi da una politica che non piace più valorizzando il fatto che la nuova attività che si andrà a svolgere sarà fatta “a titolo gratuito” non si può dire che si stia facendo un passo così deciso verso la battaglia contro il populismo. 

 


 

Al direttore - 1985, Verona, in albergo, poco prima di distribuire magliette dello shampoo Johnson&Johnson nella curva dell’Arena, mi passano in camera una telefonata dell’agenzia: “Ti hanno preso per Tubi Perugina, sei il protagonista, fai il bravo: il regista è D’Alatri!”. Sapevo chi era ma al doppiaggio dello spot lo capii definitivamente: ci trovammo per un’ora a dire “impara il linguaggio dei tubi, così gli altri non capiranno un tubo” per 90 volte perché non mi veniva bene: “Guarda che dici imbara, ti viene con la b” - Ale, ma che dici? - “Fammene un’altra!”. Dopo un’altra ora di “imb-para” e risate siamo diventati amici, abbiamo cominciato a frequentarci, a cena fuori, lui trent’anni, io venti e rotti, ci raccontavamo le nostre vite: eravamo vicini di casa senza saperlo, stesso quartiere stessa via, io figlio d’impiegati, lui di una casalinga, dalla quale aveva preso il sorriso e la leggerezza, e di un operaio dell’Enel, da cui aveva preso la caparbietà; io facevo il pony e l’attore quando capitava, lui il regista a tempo pieno ma aveva cominciato come attore anche lui, con le pubblicità e con il teatro e il cinema, Visconti, De Sica, nomi paurosi, ma che per lui erano esperienze fatte da ragazzino quando la madre lo portava in giro per provini. Quei provini che poi ho fatto anch’io, sono stati la mia vera scuola, e mi hanno fatto girare con lui regista 10 pubblicità, 10 piccoli film dove con Ale si riusciva a trovare il posto per una zampata comica, una faccia, un tono di voce, un’inezia, che doveva esserci: la firma, chiamiamola così. Ale metteva tutti d’accordo, l’agenzia, il cliente, gli attori e la troupe in un attimo col suo formidabile sorriso. Era un piacere stargli dietro e seguirlo nella sua carriera nel vero senso della parola, perché Alessandro era coinvolgente e se lo chiamavo per chiedergli cosa stava facendo la risposta era sempre quella: “passa!”, e mi ritrovavo al doppiaggio di un film, o su un set ovunque fosse, la cava di pozzolana alla Magliana dove c’era Massimo Lopez nel fortino di “una telefonata allunga la vita”, o l’aula magna dell’Università Gregoriana dove Monica Bellucci girava per le Superga. Gli anni passavano, le case si cambiavano, (durante un trasloco noto la lampada della cucina che il padre stava smontando dal soffitto: “Ti piace? Prendila, viene dal set di C’era una volta in America!”. Adesso sta nella mia). E le carriere si sviluppavano, basta pony, adesso sono ufficio stampa cinema (e Ale: “Ti devi comprare un computer, l’unico è questo: Macintosh!”) ma attore sempre per hobby. Lui invece finalmente debutta con il suo primo film da regista “Americano Rosso”, “tu mi fai il carabiniere che arresta Bentivoglio sul finale”, “vabbè ho capito: ti salvo il film!”, ma quando esce al cinema mi faccio dare un VHS, lo porto a Gianluigi Rondi, presidente del David di Donatello che mi dice: “fai un po’ di copie e falle avere a Monicelli, Suso Cecchi D’Amico e Age e Scarpelli). E ci piaceva pensare che l’ex-aequo con “La Stazione” per la miglior opera prima fosse stato anche un po’ merito di quel pony che girava per Roma! E poi il salto: l’hobby dell’attore finalmente diventa un lavoro! E Ale mi da un altro consiglio, per primo, ripetendomelo sempre: “Scrivi!” – ma cosa? – “Quello che mi racconti!”. Non immaginavo che tutta la televisione che stavo facendo potesse finire, e quelle pagine scritte senza capire perché, si sono rivelate un tesoro, il mio vero pane da mangiare: gli spettacoli teatrali, i libri, gli articoli, fino al mio film da regista! Dopo averlo girato gliel’ho portato “lo vedi prima che chiudo il montaggio?” – Passa tra due ore! –. E mi consiglia un taglio e uno spostamento di un’inquadratura, “ti prendi una risata in più”, e ogni volta succede, sempre lì nello stesso punto! E ogni volta ci ripenso. Ci sono anche i weekend da passare insieme, a Capalbio, “radical chic?”. “Ma per carità mi dai una mano con le olive”, tutti al frantoio a urlare di gioia, con chilate di bruschetta a seguire, insieme al suo contadino e il pollo arrosto! Vado a New York, lo chiamo per chiedergli una dritta di un ristorante, sento un libero strano al telefono: “Ale, ma dove sei?” – a New York! – “Pure io!” – Dàje, passa! –. Da Capalbio a New York, fino a Calvi dell’Umbria perché al cuore non si comanda: i genitori gli hanno lasciato una casetta nel paese dove da ragazzo aveva vissuto a lungo. La rimette a posto. Vado a trovarlo anche lì e mi racconta di come all’epoca fosse stato soprannominato dagli anziani del paese Avvoca’ per le piccole beghe che gli risolveva quotidianamente.  Questa umanità che Ale intercettava, è stata la sua carta vincente per tutta la vita, una sorta di carta oro di un club aperto a tutti, senza bisogno d’iscrizione. Chi entrava a farne parte poteva godere della sua esperienza, dei suoi consigli, della sua gioia di vivere e di tutta la simpatia immaginabile.  Ale, mi hai insegnato molto, mi mancherai sempre, e da oggi ogni giorno di più! 
Riccardo Rossi

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