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L'accusa di panpenalismo al ddl anti rave e al ddl Zan è giustificata

Chi ha scritto a Claudio Cerasa. le lettere al direttore del 4 novembre 2022

Al direttore - È qui la destra?
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Ho un dubbio che giro al ministro dell’Interno: se in un capannone o in un terreno (diciamo di 20 mila metri quadrati) si riuniscono (diciamo a distanza di 20 m l’uno dall’altro) 50 gruppi di 49 persone ciascuno, sono passibili del reato di “Invasione etc. etc.”? 
Michele Magno


 

Al direttore - Caro Cerasa, per quel che vale, condivido completamente la Sua analisi e soprattutto il Suo auspicio. Che sia la volta buona per costruire un raggruppamento di forze riformiste e liberali, a partire dalla Lombardia e poi chissà. Oltretutto sarebbe la via migliore per vaccinare il Pd dai virus contiani e dalemiani. Sono troppo ottimista?
Cordiali saluti. 

Bruno Bottiglieri 


  

Al direttore - Caro Cerasa, grazie per questo spazio di replica all’articolo pubblicato ieri a firma di Maurizio Crippa, nel quale il dibattito sulla cd. norma anti rave viene accostato a quello relativo al disegno di legge per la prevenzione e il contrasto della violenza fondate su misoginia, omolesbobitransfobia e abilismo. L’autore accomuna le due vicende sotto il segno del panpenalismo e riprende le critiche che vennero mosse al ddl Zan sotto il profilo di una presunta violazione della libertà di espressione. Su questi aspetti intendiamo replicare brevemente. Anzitutto, non è corretto dire che il ddl Zan volesse introdurre figure di reato inutili, né che le norme esistenti bastino a tutelare le persone discriminate e fatte oggetto di violenza per il loro sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. L’estensione a queste condotte delle fattispecie già previste dalla legge Mancino è necessaria per dare riconoscimento e protezione a dimensioni della dignità individuale che restano a oggi sprovviste di tutela di fronte a crimini d’odio. Non si tratta di “introdurre reati che sconfinano nell’etico o nel filosofico” ma di tutelare la sicurezza e la dignità delle persone. Altrettanto imprecise sono le accuse di indeterminatezza mosse al ddl Zan: basti ricordare che nel passaggio alla Camera vennero accolti i rilievi della commissione Affari costituzionali e del Comitato per la legislazione sul punto, proprio al fine di evitare qualunque rischio di questo genere. Il ddl Zan estendeva le previsioni della cd. legge Mancino a ulteriori dimensioni della personalità: davvero non si capisce perché quel che è previsto per discorsi e crimini d’odio a sfondo razziale, etnico, nazionale o religioso non possa essere esteso alla misoginia, all’omolesbobitransfobia e all’abilismo. Si tratta di forme di odio egualmente esecrabili, perché egualmente rivolte verso la dignità personale. Forse si vuole criticare, tra le righe, la stessa esistenza della legge Mancino? Per quel che riguarda la presunta violazione della libertà di espressione, non possiamo che ripetere ancora una volta che un conto è la libertà di manifestare il proprio pensiero come garantito dalla Costituzione, un conto è la libertà di usare parole che, istigando all’odio, determinino il concreto pericolo del compimento di atti violenti: questo, e non altro, prevedeva il ddl Zan, in assoluta coerenza con la lettera e lo spirito della Costituzione, oltre che con la giurisprudenza della Consulta. Un’ultima battuta. Davvero non capiamo come si possa accostare il ddl Zan – che aveva l’obiettivo di dare attuazione al principio costituzionale di eguaglianza – a una norma come quella approvata dal governo, che rischia di incidere pesantemente sulla libertà di riunione dei cittadini, pilastro della nostra vita democratica. Contro questi attacchi ai diritti e alla democrazia dovremmo piuttosto ritrovare lo spazio per una battaglia unitaria e condivisa.
Alessandro Zan
Angelo Schillaci

 

L’articolo di Maurizio Crippa, caro Zan, caro Schillaci, era semplicemente perfetto e non ha bisogno di postille. Quel che si può aggiungere è che la legge anti rave, chiamiamola così, così come la legge Zan partono da un assunto non vero: l’esistenza di un vuoto normativo che impedisce in modo categorico di tutelare chi subisce reati appartenenti alla fattispecie indicata. Il nostro ordinamento, come è noto, sanziona già oggi i delitti contro la vita, i delitti contro l’incolumità personale, i delitti contro l’onore, i delitti contro la personalità individuale, i delitti contro la libertà personale, i delitti contro la libertà morale (come la violenza privata e la minaccia) e anche gli atti persecutori e allo stesso modo il nostro ordinamento, a proposito di rave, sanziona già “chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto” (articolo 633 del codice di procedura penale). Dunque, in entrambi i casi, l’accusa di panpenalismo è più che fondata. Così come è più che fondata l’accusa di avere di fronte a noi, in entrambi i casi, due leggi vaghe, costruite in modo tale da offrire ai giudici una enorme discrezionalità interpretativa, trasformando, in entrambi i casi, in autori potenziali di reato  chiunque manifesti in modo anche sgradevole le sue idee e le sue opinioni, ancorché disgustose o sbagliate. Grazie della vostra gentile lettera e buon lavoro.

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