Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Lettere

Due differenze, per fortuna, tra gli assalti a Capitol Hill e alla Cgil

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Tra l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio e quello alla Cgil di sabato scorso si è notata una sola differenza: nessuno dei facinorosi, radunati davanti al “palazzo color salmone” di corso d’Italia, indossava una pelle di bufalo con relative corna.
Giuliano Cazzola

Ce n’è anche un’altra, per fortuna. Chi ha assaltato Capitol Hill, il 6 gennaio, aveva un leader di riferimento, chi ha assaltato la Cgil per fortuna quel leader non ce l’ha. Non è poco.

 

Al direttore - In questa campagna elettorale per il comune di Roma ho sostenuto fin dall’inizio Roberto Gualtieri, il candidato del centrosinistra. Ovviamente, mi auguro e farò quello che sta in me perché nel ballottaggio Gualtieri prevalga sul candidato della estrema destra dell’on. Meloni. Sul piano dei problemi cittadini, al di là dell’evidenza di un aggravamento dei tradizionali problemi di amministrazione della città che non inducevano a dare un consenso al sindaco uscente, mi sembra che Gualtieri, per la sua  duplice esperienza di parlamentare europeo e di ministro dell’Economia, sia più di ogni altro in grado di far affluire a Roma  finanziamenti di cui la città  ha bisogno e di gestirli correttamente. Ma questa è solo una parte della storia. L’altra parte riguarda il governo. Non è vero quello che normalmente si dice e cioè che i risultati delle tornate elettorali amministrative non influiscono sulla tenuta dei governi. In realtà tutti i fatti politici, di qualunque genere, influenzano la stabilità dei governi, ne allungano o ne accorciano la durata, la rafforzano o la diminuiscono. Il successo di Gualtieri rafforzerà il governo. L’eventuale successo di Michetti lo indebolirebbe e forse rischierebbe di spingere il leader della Lega a tornare sulla sponda dell’opposizione. Che interesse hanno gli italiani a che questo avvenga? Noi non possiamo scherzare. L’Italia esce dalla pandemia con un debito pubblico pesantissimo, mentre l’Unione europea si prepara a reintrodurre le regole di finanza pubblica sospese dall’inizio della pandemia. Ha la possibilità di un sostegno europeo, ma a condizione di avere un governo che goda di un alto prestigio internazionale, ma anche a condizione di introdurre celermente riforme molto complesse che si sono rivelate infattibili da moltissimi anni.  Qualcuno pensa che avremmo potuto convenire su una riforma della giustizia con una formula di governo diversa dall’attuale o che potremmo sperare di gestire decentemente i fondi europei o che potremmo avere un ruolo in Europa con un  assetto diverso? Pensa qualcuno che la ripresa economica sarebbe più forte con un governo delle destre? Pur attraverso il dramma della pandemia e della crisi economica, l’Italia ha avuto una svolta positiva. Un esito elettorale come quello del 2018 che offriva come sole alternative lo scioglimento immediato del Parlamento e il ritorno alle urne  o un’alleanza fra partiti antieuropei come erano allora Lega e Cinque stelle, si è trasformato nel suo opposto: una forte ripresa economica, un assenso europeo alle nostre politiche, un’evoluzione positiva nelle posizioni dei partiti inizialmente estremisti e un governo che realizza una misura di concordia fra partiti fra loro lontani. A me sembra che ce ne sia abbastanza per rafforzare la decisione di sostenere Roberto Gualtieri anche da parte di tanti che nel voto del primo turno hanno privilegiato  l’esame delle questioni cittadine. Oggi si vota per consolidare una prospettiva politica positiva.
Giorgio La Malfa

Capisco il suo punto, caro La Malfa, ma il tema di Roma, onestamente, mi sembra più terra terra e riguarda la scelta tra un candidato che sa quello che dice e uno che non sa quello che dice. Il governo mi sembra abbastanza grande per badare a se stesso.

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