Il Pd si schieri su Emiliano. Il green pass spiegato ad Agamben

Le lettere al direttore del 7 agosto 2021

Al direttore - Patta, Jacobs, Desalu e Tortu. Quattro per cento. Travaglio, Mieli, Mentana e Lerner. Quattro per niente.
Andrea Marcenaro


 

Al direttore - In un post su Facebook, Michele Emiliano ha salutato magno cum gaudio la ricandidatura a primo cittadino di Nardò di Pippi Mellone, noto estremista di destra. Dopo questo endorsement per il sindaco salentino vicino a CasaPound, il senatore pugliese Dario Stefàno si è autosospeso dal Pd. Chi scrive, che non è senatore e non è del Pd, si è invece autosospeso dall’anagrafe di Minervino Murge, suo paese natio. Ps. Per non farsi mancare nulla, il Consiglio regionale della terra di Aldo Moro e di Giuseppe Di Vittorio ha reintrodotto all’unanimità, prima delle ferie estive, l’assegno di fine mandato abolito con una legge nel 2012. Poi dicono che nel Mezzogiorno non c’è una questione di cultura politica delle sue classi dirigenti.
Michele Magno

 

Sarebbe bello ascoltare da parte del Pd una qualche valutazione sull’operato del presidente Michele Emiliano che permetta di capire se ciò che fa il governatore pugliese, per il Pd, è un elemento di orgoglio, un punto di riferimento fortissimo del progressismo del futuro, o è un elemento di imbarazzo, un problema da risolvere, un cialtronismo da combattere. Finora il Pd ha scelto di non scegliere da che parte stare, anche rispetto all’operato della Puglia sulla Dad, una delle regioni che ne ha abusato di più nell’ultimo anno scolastico. E mai come oggi però non scegliere significa aver già scelto da che parte stare.


  

Al direttore - Importante che malgrado le ambiguità e i no della Lega sia stato adottato con alcune opportune flessibilità il green pass. Si resta colpiti tuttavia dalle obiezioni verso questa misura sollevate da protagonisti della discussione pubblica. Penso al modo in cui in due interventi sulla Stampa un esponente della filosofia contemporanea abbia inteso prendere partito sui vaccini e sul green pass. Giorgio Agamben ha sostenuto che la concentrazione esclusiva sui contagi e sulla salute impedirebbe di percepire che è in atto una grande trasformazione nella sfera politica; che il vaccino è ormai diventato un “simbolo religioso… uno spartiacque tra i salvati e i dannati”. Il pericolo per Agamben resta il green pass: uno strumento di discriminazione verso chi rifiuta il vaccino, lo strumento attraverso cui “si realizza la manovra di governi interessati al controllo capillare e illimitato su cittadini stoltamente fieri della loro tessera verde”. Agamben respinge la critica per aver istituito un paragone tra il documento verde e la persecuzione degli ebrei e cerca di ridimensionare l’analogia, evocata nei suoi scritti, tra il green pass e il passaporto cui erano costretti i cittadini dell’Urss. Rivendicando la sua formazione di giurista, Agamben avanza una sofisticata distinzione: certo, l’analogia con i passaporti dello stalinismo la si è evocata, ma si trattava di analogia puramente giuridica. Non è il caso quindi, sembra dire Agamben, di fare tante storie: “La normativa fascista sugli ebrei e quella per istituire il green pass sono analoghe”. Solo giuridicamente, però! Ecco l’attenuante. In un successivo intervento Agamben invita a diffidare di un nesso acriticamente assunto fra scienza e politica. Tracce di un tale nesso egli rintraccia nel rapporto, instaurato dai governi impegnati contro il Covid, con competenze nel mondo degli studi e della ricerca medica. Per sostenere la sua tesi Agamben fa riferimento al modo in cui Mussolini introdusse le leggi razziali in Italia, alle commissioni mediche che nella Germania nazista condussero alla sterilizzazione di 400.000 persone, a coloro che per viltà, vanità o interesse tali aberranti misure sostennero. Trovo abnorme che, per segnalare la propria critica al green pass e alle complesse misure che il governo democratico del paese adotta mentre la micidiale variante del Covid sembra annunciare una nuova ondata di contagi, si evochino (magari aggiungendo poi che solo uno stolto può equiparare i due fenomeni)  le aberranti politiche dei regimi fascisti e nazisti e si sostenga che “queste misure vanno situate nel contesto della Grande Trasformazione che i governi delle società sembrano avere in mente”. Insomma per Agamben i governi più che faticosamente combattere il Covid lavorerebbero a edificare un sistema orwelliano, “la società di controllo”. Questa è l’Italia? Questa è l’Europa di oggi per Agamben? Ma via! Nelle sue parole a me sembra di cogliere eccitate affermazioni che tradiscono l’inclinazione a una scrittura apocalittica. Insieme ad una sordità verso i timori degli uomini per l’assalto della pandemia emerge la sottovalutazione degli sforzi che l’umanità, tra contraddizioni e difficoltà, va compiendo per resistere.
Umberto Ranieri 

 

Agamben e Cacciari non capiscono quello che i 33 milioni di italiani vaccinati con due dosi penso abbiano ormai capito bene: il green pass serve a incentivare le vaccinazioni e a ricordare che chi non si vaccina, molto semplicemente, ha deciso anche per gli altri di prolungare la pandemia mettendo a rischio la libertà personale di tutti, compresa la propria.