Produrre e distribuire, non regalare i brevetti. La lezione di Macron

Le lettere al direttore dell'11 maggio 2021

Al direttore - Il Pd a Raggi: no al terzo mandato.
Giuseppe De Filippi


 

 

Al direttore - Che sulla testa dei paesi poveri si giochino partite che riguardano gli equilibri politici di quelli ricchi non è una novità. Succede negli Stati Uniti, dove la retorica dei vaccini-bene-comune, per cui le aziende che hanno inventato i vaccini contro il Covid devono rendere disponibili le loro invenzioni gratuitamente a tutti, è usata come ammonimento a Big Pharma nelle negoziazioni col governo sui prezzi per le forniture di farmaci in generale. Iniziativa colta al balzo in Europa da chi vuole segnare un punto nella battaglia per “reset il capitalismo”, e coprire le proprie magagne “erogando e welfareggiando a più non posso”, per dirla con l’elefantino. Sarebbe meno “virtuoso” ma più efficace ricordare che in un mondo che comunque è diventato globale, per raggiungere l’immunità di gregge deve vaccinarsi il mondo intero. Il caso delle Seychelles dovrebbe insegnare qualcosa: si offrivano come isola resa totalmente Covid free, ma son bastati un paio di turisti contagiosi per ritornare al punto di partenza. Dato che annullare il costo della proprietà intellettuale produce dividendi morali a chi lo impone, ma dà un contributo marginale alla vaccinazione, è necessario adottare un metodo corretto per raggiungere un obiettivo giusto: perché i vaccini non vanno solo inventati, ma comperati, prodotti, trasportati, distribuiti e somministrati, e chi li ha ricevuti deve essere registrato, soprattutto quando ci vuole una doppia iniezione; evitando il più possibile che i vaccini “gratuiti” siano fonte di arricchimento per i potentati locali. Non ci sarà un modello valido per tutti i paesi: individuati quali sono quelli che necessitano di aiuti, bisognerà trovare quale è il metodo più adatto a ciascuno. Esemplificando: potenziare le fabbriche esistenti, o crearne di nuove? Dove e quante? Chi produrrà le materie prime necessarie per la fabbricazione e la confezione? Come organizzare la catena del freddo? Per gestire distribuzione e vaccinazione, gli mandiamo Arcuri o il generale Figliuolo? Anche se la proprietà intellettuale non venisse retribuita, chi pagherà il resto? Invece di ridurre gli incentivi alla ricerca, non sarebbe più conveniente chiedere alle aziende di fornire l’assistenza tecnica ai nuovi stabilimenti? Alterare il sistema degli incentivi che hanno fatto sì che le società farmaceutiche conseguissero successi impensabili, tra cui la realizzazione di un gran numero di vaccini in tempi ristretti (sviluppando en passant nuovi metodi vaccinali promettenti per altre malattie e per future pandemie), rischia di danneggiare tutti, ricchi e poveri. Meglio chiedere agli economisti di fare, anche in questo caso, il loro mestiere: economizzare la virtù.
Franco Debenedetti

 


Se gli Stati Uniti di Joe Biden fossero davvero interessati a fare arrivare vaccini in giro per il mondo a una velocità maggiore rispetto a quella di oggi, più che dare lezioni all’Europa dovrebbero fare quello che l’Europa sta facendo da tempo: produrre dosi senza bloccare più le esportazioni e inviandole poi a chi ne ha bisogno. “Sui vaccini – ha detto domenica scorsa Emmanuel Macron – la questione principale per la solidarietà è la distribuzione delle dosi. E affinché il vaccino possa circolare, gli ingredienti e i vaccini stessi non possono essere bloccati”. La differenza tra propaganda e realtà è tutta qui. Produrre e distribuire, non regalare i brevetti.