Cosa dovrebbero fare i “libberali” al Pd e Italia viva a congresso

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 3 marzo 2021

Al direttore - Non trova meraviglioso un paese in cui è un giornalista a informare un pm che è oggetto di un’inchiesta giudiziaria? E’ proprio vero, come diceva Leo Longanesi, che in Italia la rivoluzione non si può fare perché ci conosciamo tutti.
Michele Magno

   

Al direttore - Ho letto con piacere che il Foglio sventola ora la bandiera “radical-libberale che è la migliore” come noi ostinati terzaforzisti abbiamo da sempre tentato di fare. Non ignoro il merito di chi in questi anni ha realisticamente costruito il castelletto governativo con il pessimo materiale della legislatura 2018. Ma è giunto il momento di dire basta ai dissennati contorcimenti e corteggiamenti verso i contian-grillini a cui è attribuito un peso elettorale – anche dai sondaggi – che non hanno e non potranno mai avere. I movimenti di protesta sono una fiammata che si spegne presto lasciando solo macerie. Ritengo illusorio calcolare che con la strategia dell’attenzione all’ex M5s, il voto populista possa trasferirsi a pacchetti ad altri partiti. L’intesa a tre al Senato – Pd, M5s e Leu – è solo una parodia minifrontista, e sono destinati alla sconfitta gli accordi comunali Pd-M5s che ignorano la dinamica del ballottaggio avversa ai patti di vertice. Oggi il contian-grillismo usa una “neolingua” truffaldina di stampo basso casaliniano più che alto orwelliano: liberale sta per populista à la carte, moderato per pasticcio trasformistico. Le riforme economiche, istituzionali, e amministrative hanno avuto respiro solo quando un partito popolare di massa (Dc o Pci) si è combinato con una “terza forza” europea, liberale, laica. La storia insegna: il centrismo con Einaudi, Sforza, e Saragat, il centrosinistra con Nenni e La Malfa, gli anni Settanta con Craxi e Pannella, e le altre stagioni con i liberaldemocratici più che con i “libberali”. Oggi Draghi indica la buona strada. Se tuttavia i terzaforzisti non si danno gambe proprie facendosi forza autonoma, difficilmente domani l’anti antipolitica risorgerà. Per un decente futuro politico occorre: a) che questo Pd accetti finalmente il fallimento del progetto fondativo, e prenda atto che non è in grado di raccogliere più di un quarto/un quinto dell’elettorato; b) che i non populisti la smettano di illudersi di poter manovrare i contian-grillo-casaliniani che vanno lasciati alla loro disgregazione; e c) che i terzaforzisti d’ogni rito si vaccinino contro il virus della divisione e dell’individualistico leaderistico. Si tratta solo dell’illusione di uno stagionato “radical-libberale”? Forse: ma questa volta sono in buona compagnia del Foglio. Un saluto.
Massimo Teodori

 

C’è anche un’altra strada, la lettera D: che i libberali, piuttosto che perdere tempo, si decidano a fare quello che dovrebbero evidentemente fare e si decidano a trovare un modo per farsi valere e provare di nuovo a scalare il Pd. 

 

Al direttore - L’intervista del collega Luciano Nobili, rilasciata al Foglio, ha l’indiscusso merito di aver aperto un dibattito “mattutino” all’interno di Italia viva, fuori dalla regola delle nostre riunioni Zoom pre-notturne. Viene anticipata una linea possibile di evoluzione di Italia viva verso una Margherita 2.0, che dovrebbe aggregare altri (forse) per far compiere un passo di qualità al progetto di un polo liberal-riformista che manca al paese. L’auspicio si è immediatamente arenato con il tempismo tipico dei tweet di Carlo Calenda, a cui si è aggiunto l’anatema nei confronti di Renzi. La “lavatrice” Draghi, che sia una tregua o un tempo-ponte, riguarda tutti: dalle finzioni evolutive europeiste della Lega, all’opposizione tattica di Fratelli d’Italia, agli interrogativi del Movimento 5 stelle, al nuovo ruolo di Conte, al futuro del Pd attraversato da un dibattito profondo, passando per un’area frastagliata e densamente abitata del campo riformista, liberale e convintamente europeista. Quindi, anche Italia viva, ma ora siamo nel dopo delle armi. Indipendentemente dal sistema elettorale, ammesso e concesso che l’attuale legge verrà superata, ritengo che la costruzione di un soggetto politico non possa sfuggire dalla scelta del campo. Chi ti vota deve sapere cosa ci farai con quel voto, con chi ti allei prima (auspicabilmente) o dopo. La Margherita (prima il Ppi di Marini) nacque nella chiarezza del posizionamento politico: non stavamo “con il centrosinistra”, ma eravamo il centrosinistra, che senza di noi semplicemente non esisteva. Dobbiamo avere l’ambizione di non essere percepiti come un centro mobile o volatile della politica italiana, ma l’interlocutore irrinunciabile, certo non da soli, per un campo largo che –  senza questa iniziativa – è costretto all’abbraccio populista o sovranista. Ci riguarda o no? Coltivare questi interrogativi significa fare i conti con se stessi, con la propria storia, con la politica sganciata da contingenze, tweet e tattiche. Tutte finite, per tutti, con il governo Draghi. Questo è il dibattito che all’interno di Italia viva dobbiamo portare avanti e mettere a disposizione, con generosità, di quanti animano fuori da noi convergenti riflessioni. Penso all’appello lanciato da autorevoli personalità liberali, popolari, socialiste, del mondo del lavoro e dello studio, contro il “bipopulismo”, tutti fortemente europeisti, non di comodo, ma per scelta “costituzionale”. Per Italia viva questo è il momento di un congresso nazionale che decida, non i nomi, ma se la nostra esperienza è conclusa e va verso altri contenitori, e qual è il campo su cui costruiamo (dai territori al livello nazionale) la nostra proposta per il paese. Non so quanto tempo avremo, ma il momento di scegliere è adesso.

Camillo D’Alessandro
deputato di Italia viva

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