Giuseppe Conte 

No: non scaricate sui cittadini le responsabilità dello stato

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 17 ottobre 2020

Al direttore - Non si dovrebbe rompere le bolle. 
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Però questa idea secondo cui quando i contagi diminuiscono è merito soprattutto del governo, mentre quando aumentano è colpa soprattutto dei cittadini (e delle regioni) sa tanto – si può dire? – di presa per i fondelli.
Michele Magno

La responsabilità di cui ha bisogno l’Italia oggi è più quella dello stato che dei suoi cittadini. Ma il virus sta dimostrando che purtroppo, a meno di non chiamarsi Angela Merkel, è molto difficile trovare un governo che possa definirsi “fit” nell’affrontare una pandemia: nel migliore dei casi, si limitano i danni; nel peggiore dei casi, si aggravano. E l’Italia, per quanti errori possa avere commesso in questi mesi, non ne ha commessi più degli altri paesi europei. 

 



Al direttore - Non c’è solo il virologo che paventa il lockdown a Natale, nel caso non fossimo già abbastanza depressi. C’è la dottoressa che consiglia di fornicare in mascherina, privilegiando solo alcune posizioni. E c’è l’esperto che l’altro giorno in un’intervista ricordava che oggi la famiglia è il luogo in cui il virus circola di più e quindi ci invitava alla massima accortezza: “Non possiamo sapere se nostro figlio è positivo o no, potrebbe esserlo quindi comportiamoci di conseguenza”. E alla radio (Radio1, mica Radio Canicattì) ho sentito il giornalista (del Corriere della Sera, mica della Gazzetta di Pinerolo) che, supportato dall’igienista, consigliava la moratoria sulle “coccole in famiglia”. E così è successo che ieri sera, nel bel mezzo di un raptus di follia, ho chiamato a raccolta figli e moglie e – lo confesso, direttore – ci siamo persi in un dissennato quarto d’ora di coccole e baci. 
Vincenzo Clemeno

 


 

Al direttore - E’ molto interessante la tua lettura del travaglio pentastellato che argomenti brillantemente: “W la campagna antipopulismo portata avanti dagli avvocati dell’antipopulismo”. La mia generazione avrebbe più sbrigativamente parlato di trasformismo. Anche oggi del resto si utilizza spesso l’espressione “salto della quaglia” a proposito di 5 stelle e Pd, che si erano dichiarati reciprocamente incompatibili a vita. Tu elenchi opportunamente passaggi fondamentali – dalla conversione europea all’abbandono dei decreti Salvini – che riguardano l’importante metamorfosi in corso, con la disperazione di Casaleggio e lo sconforto dello stesso Grillo. Il passaggio già segnato non è però concluso, ma è difficile immaginare un approdo diverso. Personalmente ben ricordo l’insegnamento di Moro il quale, alle prese col suo ardito e complesso disegno di incontro con il Pci, parlava di strategia dell’attenzione e del confronto e ricordava al suo partito, ma anche a Berlinguer, di tenere ben presenti le difficoltà da superare perché “altro è la logica dell’opposizione, altra quella di governo”. Vicende passate, con protagonisti molto diversi ma che ci ricordano, caro direttore, quanto difficile e cruciale resti il problema del governo e della sua stabilità in Italia. 

 Nuccio Fava

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