Il comico diventa pagliaccio. All'Italia serve un'alternativa con gli attributi

Le lettere al direttore del 24 luglio 2019

Al direttore - Idea: crisi di governo zero.

Giuseppe De Filippi

  

Ieri Beppe Grillo ha rilanciato su Twitter un video in cui Julio Iglesias canta “Se mi lasci non vale” e ha accompagnato il tweet con una frase sibillina: “Il mandato ora è in corso è il primo di un lungo viaggio… ma di andarmene a casa non ho proprio il coraggio”. Grillo evidentemente si riferiva a Di Maio. Ma quello di cui Grillo non si rende conto è che quando la comicità diventa grottesca il comico di solito da attore diventa pagliaccio. E parafrasando il nostro Giggino della necessità si potrebbe dire di Grillo: andato, zero.


 

Al direttore - Di Maio: mi voglio rovinare, per i primi cento che chiamano non vale neanche quello zero!

Alessio Viola


 

Al direttore - Nel 1958, quando entrò in vigore la legge Merlin, io avevo 17 anni. Riuscii pertanto a evitare – al compimento del 18° anno – la cerimonia d’iniziazione sessuale (allora “percepita’’ come obbligatoria) da consumare in una casa di tolleranza. In precedenza avevo sentito gli amici più grandi di me raccontare di quelle esperienze (tecnicamente definite “marchette’’) che, in via ordinaria, intese preliminari e abluzioni igieniche comprese, duravano al massimo una quindicina di minuti. Lo stesso tempo che il premier Giuseppe Conte ha concesso (in tutto dalle 16 alle 16.45) a ciascuno dei leader di Cgil, Cisl e Uil per discutere dei problemi del paese.

Giuliano Cazzola

Speriamo solo che molto sveltina sia la crisi di governo.


  

Al direttore - I manettari “di sinistra” ringalluzziti e ricompattati da un funerale (sic!) mediatico durato quattro giorni sono sempre più pronti alla battaglia con i “colleghi” di destra-centro su chi ce l’ha più duro… Poveri noi…

Frank Cimini


 

Al direttore - Il tuo editoriale di martedì è bellissimo. Lo sottoscrivo dalla prima all’ultima parola. Ma l’interrogativo è: il Pd, nella sua versione attuale, non è in fondo attratto dal populismo illiberale (dalla giustizia alla concorrenza, dal mercato del lavoro all’intervento pubblico nell’economia, per finire con la sciagurata riforma costituzionale sulla cosiddetta “democrazia diretta”)? Su questi punti, negli ultimi mesi, non mi pare ci sia stata una vera battaglia di opposizione. Se il Pd, come io credo debba essere, è il partito che difende le forme e la sostanza della democrazia liberale e l’economia sociale di mercato, allora quali valori lo può accomunare ai 5 stelle? Bisogna “resistere, resistere, resistere” alle tentazioni populiste. Altrimenti siamo fritti...

Buone vacanze.

Linda Lanzillotta

  

Una delle ragioni che spingono qualcuno del Pd a prendere in considerazione un’alleanza con il Movimento 5 stelle è legata a un’idea che suona grosso modo così: ha ragione Franceschini, la strategia del popcorn ha portato gli elettori del M5s a votare Lega. La tesi è interessante ma andrebbe messa a confronto con un’altra questione: ma se in questo anno e mezzo il Pd, ovvero l’unica alternativa di governo, fosse stato all’altezza del suo compito gli elettori si sarebbero mai rassegnati a scegliere come alternativa al governo uno dei due partiti di governo? All’Italia non serve solo un governo alternativo a quello esistente, serve un’alternativa con gli attributi, capace di essere equidistante tanto dalla Lega quanto dal M5s. E rispetto all’idea di una grillizzazione del Pd, la questione dovrebbe essere chiara: desistere, desistere, desistere.

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