C'è un altro anti Trump, manca ancora l'anti Raggi. Scrive Bordin jr

Le lettere del 26 aprile al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Liberazione ok, salvo intese.

Giuseppe De Filippi


Al direttore - Ho letto su alcuni siti americani che secondo un sondaggio di Morning Consult/Politico, l’ex vicepresidente democratico Joe Biden, ora ufficialmente candidato alla Casa Bianca, risulterebbe in vantaggio su Donald Trump di 8 punti percentuali in vista delle elezioni del 2020. Le pare credibile?

Franco Marroni

     

Difficile dirlo ora. Più facile notare qualcosa che riguarda i tempi della politica. In due anni e mezzo l’America ha trovato una valanga di sfidanti per Trump, in tre anni e mezzo l’Italia non ha ancora trovato un’alternativa a Virginia Raggi.


Al direttore - Ti ringrazio per tutto quello che il tuo giornale ha scritto su mio padre, in lungo e in largo e in version. Sul giornalista e sull’uomo. Di lui io voglio ricordare anche altre cose, quelle che so io. I nostri diverbi infiniti la domenica davanti alla tv guardando le partite. Lui, mai d’accordo con l’arbitro, negava l’evidenza anche dopo tre replay. Allo stadio l’unico Roma-Juventus al quale abbiamo assistito insieme, poco meno di un anno fa, è stato quello che ha consegnato l’ennesimo scudetto consecutivo alla mia Juve. La prese bene, strano. I pranzi nei nostri soliti posti, la Gensola, da Cesare nella saletta fumatori, al Bar sotto il mare, la carbonara di Danilo all’Esquilino. E dopo le chiacchiere con il tabaccaio di via Giulio Cesare, il caffè da Portofino, la processione delle grappe – lui bianca io barricata non invecchiata – mentre scriveva la “Line”. Le camicie: ne ha un numero che gli consentiva di rimandare – non fare oggi quello che puoi fare domani, il suo comandamento – la lavanderia per almeno tre mesi, fai il conto direttore. E ancora le fughe andata-ritorno in giornata per un pranzo a Londra o a Barcellona ogni fine marzo quando, con la scusa dei miei biglietti staff che altrimenti finivano buttati, accettava di farmi offrire almeno il volo. L’ultimo, uno di questi scorsi sabati, al Botafumeiro, con me e Daniela, da dove è uscito dalla vita come piaceva a lui, in mezzo a due ali di aragoste festanti. Volevo infine dirti che è partito per l’ultimo viaggio, per andare a pranzo chissà dove, portando il Foglio con sé, sotto braccio. Come tutti i giorni.

Pier Paolo Bordin

   

Per dare la possibilità ai nostri lettori di avere per sempre qualcosa di Massimo sotto braccio abbiamo pensato di raccogliere le sue “Line” e di mettere insieme le più belle, in un libriccino che pubblicheremo la prossima settimana, per gustarle in qualsiasi momento, come fossero delle aragoste. Massimo ci manca. Ma la lente di ingrandimento che ci ha lasciato per provare a leggere il mondo con un occhio diverso dall’ordinario semplicemente non ci lascerà. Un abbraccio da tutto il Foglio.


Al direttore - Caro Cerasa, fammi togliere qualche sassolino dalle scarpe. Uno degli argomenti ossessivamente ripetuti da un insieme di ambientalisti immaginari contro ogni fonte di energia tradizionale, quelle per intenderci che soddisfano il 90 per cento del fabbisogno energetico mondiale, è che esse servirebbero solo a chi vuole fare business e profitti. Mentre invece i sostenitori senza se e senza ma delle fonti rinnovabili sarebbero tutti appartenenti a enti di beneficenza. Una narrazione smentita dai fatti da ormai molti anni. Grazie agli eccezionali incentivi concessi alle rinnovabili in questi anni nessun settore economico ha avuto ritorni così alti e soprattutto garantiti dallo stato. E dove la produzione di ricchezza è dovuta principalmente alla capacità di ottenere le autorizzazioni necessarie. Di infiltrazioni mafiose e camorristiche in questo settore si parla in maniera documentata da ormai molti anni. Che questo o quel parlamentare o ministro continui quindi a sostenere emendamenti favorevoli alle diverse tecnologie rinnovabili, in primis i 5 stelle, non vedo quale novità rappresenti, se non il perpetuarsi di una cultura energetica da bar sport secondo la quale adesso basterebbero i mini impianti eolici o solari per abbassare le tariffe e assicurare energia all’Italia. Come sia possibile diminuire i costi aumentando gli incentivi è poi un mistero fra i tanti prodotti dalla cultura economica che domina di questi tempi. Intanto segnalo che gli Enti che si occupano seriamente del tema, Terna e l’Autorità per esempio, segnalano uno strutturale deficit di capacità per il nostro paese, fino a farci rischiare la crisi, se dovessero sommarsi diverse condizioni critiche, già sfiorate negli anni passati. Deficit dovuto alla non programmabilità e quindi alla parziale indisponibilità di molte fonti rinnovabili. Le fonti rinnovabili hanno fatto in questi anni passi avanti molto grandi, in termini di costi e di efficienza. E continueranno a farne se sapremo tenerle al riparo dai facili sussidi stimolando invece l’innovazione tecnologica e la loro combinazione con fonti più tradizionali, ma perfettamente programmabili.

Chicco Testa


Al direttore - Scrive Umberto Minopoli nell’articolo “I nostri occhi nel cielo” (pag. II 24/04/2019) che il Sole si troverebbe a “500 milioni di chilometri da noi”. Non le pare un po’ esagerato anche per un articolo che ci porta a pensare allo spazio infinito? La distanza corretta è 149.600.000 km. Un saluto.

Alessandro De Petro

Risponde Umberto Minopoli. Esatto. Imperdonabile e pacchiano errore di scrittura. Di cui si chiede umilmente scusa. La distanza del sole dalla terra, ricordata dal gentile De Petro, è del resto indicata indirettamente nell’articolo riferita agli 8 minuti impiegati dalla radiazione solare per raggiungere la terra.


Al direttore - Correvano gli ultimi quattro mesi del 2004 e i primi del 2005. Giuliano Ferrara esortava il Cav. a buttare all’aria il tavolo, vista l’aria che tirava. Berlusconi fu miope politicamente o mal consigliato. Non ascoltò Ferrara. Esattamente dieci anni or sono, lo Zenit di Onna. Poi l’invidia e l’inconsistenza politica, morale, culturale e caratteriale del presidente della Camera e del suo manipolo di vanesi ominicchi e l’odio dell’intellighenzia nostrana, misero le basi per Cesano Boscone e per gli straripanti vaffa di Grillo e per la magnifica Italia di oggi. L’intervista è condivisibile, ma: “L’ora è fuggita”. I rattoppi, nell’imperante clima dell’un contro l’altro armato, non servono.

Moreno Lupi


Al direttore - Aspettiamo il 26 di maggio, ma ho la sensazione che il sogno di Berlusconi rimanga tale. In Italia c’è l’esigenza di un nuovo partito moderato che raccolga il consenso dei liberaldemocratici e dell’area di centro, vilipesa e calpestata, e che faccia ritornare a votare, almeno il 25 per cento di chi non si reca più alle urne, perché deluso di tante promesse e di tante riforme mai attuate.

Giovanni Attinà


Al direttore - Facciamo un po’ di ipotetici conti e vediamo come potrebbe evolversi la situazione in caso di elezioni europee o italiane. Mettiamo che la Lega mantenga la quota 32 per cento, Forza Italia si assesti intorno al 10 per cento e FdI arrivi al 4 per cento. Il risultato puramente ipotetico sarebbe di un buon 46 per cento: buono ma probabilmente non abbastanza per governare, specie al Senato. Ora ipotizziamo che la Sinistra con tutto il Pd arrivasse al 22/23 per cento mentre i pentastellati che hanno recuperato qualcosina arrivino al 25 per cento e che alla fine malgrado si odino sinistra e 5 stelle si uniscano per arrivare a governare. Ebbene in questo caso certo tale coalizione avrebbe qualche seggio in più delle destre ma non abbastanza per poter governare serenamente. Probabilmente occorrerebbe uno strappo di qualcuno sia a sinistra sia a destra che decidesse di spostarsi al centro formando una nuova compagine centrista che bilancerebbe la situazione in un verso o in un altro: mi ricorda qualcosa… e per questo finirà con i gialloverdi.

Giovanni Raiti

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