La legge di Stabilità non si può fermare. Il populismo al governo sì. Come? Votando a maggio

Le lettere del 20 novembre al direttore Claudio Cerasa 

Al direttore - Salvini assente a conferenza stampa. Fuochino?

Giuseppe De Filippi


  

Al direttore - Saranno i primi freddi, sta di fatto che la manina che ogni tanto fa capolino tra le pieghe di bozze di norme e provvedimenti, stavolta era davvero gelida. Parliamo dell’emendamento alla manovra, presentato in commissione Bilancio della Camera, che puntava a istituire la contraccezione di stato, ovviamente gratis. Destinatari di cotanta magnanimità, i migranti richiedenti asilo ma anche tutti i giovani sotto ai 26 anni e le donne che abbiano abortito negli ultimi dodici mesi. Come dire, dal condono al condom. Ci sarebbe da ridere se la cosa non fosse invece drammatica. Ma come. Siamo un paese che demograficamente parlando ha già imboccato la china della decrescita (alla lettera: i morti superano i nati) e anziché favorire misure a sostegno della natalità ci diamo la zappa sui piedi con il preservativo di stato? Dov’è la logica? Per non dire della portata totalitaria, a livello culturale e quindi ancora più grave, di un simile provvedimento nella misura in cui lo stato fa sua una visione della sessualità discussa e discutibile elevandola a norma di vita morale, ancorché implicitamente. Qualcuno dalle parti del governo (e non solo) deve essersi accorto del pastrocchio, col risultato che l’emendamento è saltato. Ma il fatto stesso che ci sia qualcuno in Italia che una roba così l’ha pensata scritta e proposta come norma, già questo dovrebbe far riflettere. Anche la chiesa italiana, magari.

Luca Del Pozzo


  

Al direttore - L’industria manifatturiera si può davvero fermare, preoccupata per il clima di incertezza che si sta diffondendo, e non c’è nulla di peggio dell’incertezza per bloccare gli investimenti e dunque lo sviluppo. Gli ultimi sono stati, per molti settori, anni di crescita, stimolata da importanti interventi governativi, primi fra tutti super e iper ammortamento, contenuti nei programmi Industria-Impresa 4.0. Gli effetti numerici derivati dall’introduzione di queste misure sono evidenti: nel periodo compreso tra il 2014 e il 2018 il consumo italiano di macchine utensili e robot è cresciuto in modo deciso passando dai 2,7 miliardi ai 5 miliardi stimati per quest’anno. Dati positivi anche se solo il 46 per cento delle imprese metalmeccaniche ha fatto investimenti in nuove macchine e tecnologie. Troppo poco, per un paese che è la seconda manifattura d’Europa e che deve poter contare su una trasformazione digitale diffusa a tutto il mondo delle imprese: grandi, medie e piccole. Per questo desta preoccupazione l’impianto della manovra che si annuncia depotenziata rispetto alla precedente. Non bastano la proposta di inserire un sistema di coefficienti di iperammortamento a scaglioni premiante per le Pmi, più alto per i piccoli investimenti e decrescente al crescere del valore dei nuovi acquisti, e la conferma di rifinanziamento della legge Sabatini, né è sufficiente la sostituzione del superammortamento con la mini Ires al 15 per cento per premiare gli investimenti in nuove tecnologie di produzione. Per garantire il prosieguo dell’aggiornamento delle fabbriche italiane occorre prevedere la revisione dei coefficienti di ammortamento fermi al 1988: il mondo è cambiato, le esigenze di chi produce pure, i tempi di obsolescenza dei beni sono sempre più brevi; non possiamo più considerare attuali i coefficienti definiti 30 anni fa. L’innovazione è la carta vincente della nostra industria. Per questo è necessario puntare su tutto ciò che può incentivare e sostenere l’attività di R&S. Queste misure risultano invece tagliate o addirittura eliminate dalla manovra 2019. Come nel caso della “formazione 4.0” a proposito della quale dovrebbe essere previsto un sistema di incentivi che permetta, oltre al credito di imposta al 40 per cento così come definito attualmente e in scadenza a fine anno, anche un rimborso dei costi dei formatori, la voce di spesa più alta per una Pmi. Anche grazie al piano Industria 4.0, abbiamo oggi stabilimenti produttivi più performanti, sicuri e aggiornati rispetto a qualche anno fa, ora dobbiamo andare avanti in questa direzione pensando anche a formare il nostro personale per utilizzare al meglio l’upgrade tecnologico raggiunto. Altrimenti buona parte degli sforzi fatti risulteranno vani.

  

Massimo Carboniero, presidente Ucimu-Sistemi per produrre


   

Al direttore - Promulgare una legge approvata dal Parlamento è un atto dovuto a cui Sergio Mattarella non può sottrarsi. Il capo dello stato, però, potrebbe avvalersi – nel caso della legge di Bilancio – di quanto previsto dall’articolo 74 della Costituzione: “Il presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata’’. Un’iniziativa siffatta da parte di Mattarella non sarebbe solo legittima e corretta, ma pure opportuna sul piano politico.

Giuliano Cazzola

  

Fermare la legge di Stabilità populista non si può. Fermare il populismo al governo forse sì. E un modo c’è per il Quirinale: assecondare la Lega e tornare a votare qualora Matteo Salvini dovesse decidersi in tempi brevi di staccare la spina al governo.

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