Il ministro Madia contro il modello Brunetta. Chiudere l'Unar

Al direttore - Mille e una proroga: Emiliano resta.

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - La lettera inviata dall’on. Brunetta è un buon esempio della distanza culturale che ci separa dalla concezione che il centrodestra ha della Pubblica amministrazione e che egli interpreta magistralmente. Solo un tema ha caratterizzato il suo mandato ministeriale e noto che continua a contraddistinguere i suoi interventi: l’enfatica demonizzazione del dipendente pubblico. Non solo nessuno ricorda un vago miglioramento dei servizi pubblici, ma anche le norme punitive tanto ostentate si sono rivelate del tutto inefficaci. Le truffe sulle presenze hanno continuato a verificarsi, senza sanzioni rapide; la produttività della Pa non è certo aumentata e i premi hanno continuato a essere distribuiti a pioggia. A me interessa invece porre le condizioni per una amministrazione trasparente, che abbia un rapporto con il privato non dall’alto verso il basso e assicuri ai cittadini servizi migliori in tempi certi. Naturalmente siamo intervenuti anche sulle norme sanzionatorie, ma per farle funzionare, visto che le norme precedenti si sono rivelate inefficaci. Adesso chi truffa sulla presenza viene sospeso in 48 ore e licenziato entro 30 giorni. Ma non è questo il cuore della riforma. La riforma della Pa si rivolge anzitutto ai cittadini e agli imprenditori. Abbiamo introdotto il Freedom of information Act (Foia) che consente alle persone di conoscere liberamente dati e documenti della Pa, inaccessibili solo fino a qualche mese fa. Grazie al diritto di sapere, ciascuno di noi può conoscere, ad esempio, la qualità della ditta che si occupa della mensa nella scuola dei propri figli o se i luoghi che frequentiamo sono esposti a rischio amianto. E potrei continuare. Abbiamo poi inaugurato il sistema di identità digitale, che conta già oltre un milione di utenti e consentirà sempre di più alle persone di interagire con la Pa on line, con uno smartphone, senza doversi recare fisicamente negli uffici pubblici. Sono oltre 4 mila i servizi già attivi tra i quali l’accesso online al proprio 730 o l’iscrizione a scuola. Con il nuovo testo unico delle società partecipate verranno chiuse migliaia di partecipate inutili (sono quasi 2 mila solo quelle che hanno più consiglieri di amministrazione che dipendenti), liberando risorse che le amministrazioni potranno utilizzare per servizi davvero utili alle persone. Sul fronte del rapporto tra la Pa e gli imprenditori, siamo intervenuti per assicurare, finalmente, tempi certi e regole chiare per le autorizzazioni. Cito, tra tutte, la nuova conferenza dei servizi che sta già funzionando e consente a un imprenditore di avere pochi interlocutori pubblici – e non decine come accadeva prima – che hanno il potere/dovere di assumere decisioni univoche, in tempi certi. Ma vorrei citare anche la nuova norma sul silenzio-assenso tra amministrazioni che responsabilizza gli uffici e consente ad un privato di ottenere un sì o un no alla scadenza del termine senza, ulteriori dilazioni o incertezze. Tutti i decreti legislativi attuati, anche se qualcuno poteva sperare diversamente, sono in vigore ed efficaci, come del resto affermato nella sentenza della Corte costituzionale e confermato dal Consiglio di stato. E vengo infine all’altra “celebre” ossessione di Brunetta: i sindacati. Noi stiamo facendo quello che il centrodestra ha impedito per anni: il rinnovo del contratto. Già perché pochi sanno che il blocco dei rinnovi contrattuali è stato posto per la prima volta dal governo Berlusconi e ancora meno sanno che le norme volute da Brunetta, se non modificate, determinerebbero una riduzione certa di qualche centinaia di euro, nelle buste paga di infermieri e maestre dei nidi, solo per citarne alcune delle categorie, senza che ciò risulti minimamente collegato ai risultati concretamente realizzati dalle amministrazioni. Dunque, per rinnovare il contratto stiamo parlando con i sindacati certo, perché i contratti si fanno in due. Ma sono convinta che quando il contratto verrà siglato, anche il capogruppo di Forza Italia sarà soddisfatto, non fosse altro perché sono due anni che dall’opposizione invoca a gran voce il rinnovo contrattuale.

Marianna Madia ministro della Pubblica amministrazione

 

Al direttore - Non lo scopriamo certo ora come dietro concetti alti e nobili quali “contrasto al bullismo”, “lotta contro l’omofobia”, “educazione alla diversità” e, ci mancherebbe, “contrasto alle discriminazioni razziali” – usati a mo’ di “scudi umani” dalla neolingua politically correct – si celi in realtà un’ideologia che punta a riscrivere la grammatica sessuale e di genere all’insegna dell’omosessualismo. Il merito maggiore dello scoop delle Iene sui finanziamenti pubblici elargiti dall’Unar, organo della presidenza del consiglio, a circoli gay camuffati da fantomatiche associazioni culturali sta nell’aver finalmente squarciato il velo di ipocrisia che spesso e volentieri circonda simili realtà. Domanda: è giusto che il governo appalti l’educazione dei nostri figli alle lobby omosessualiste? Secondo me, no. Non lo è per principio (se lo stato dev’essere laico che laico sia, erga omnes), e non lo è nel merito. A meno che coloro i quali si divertono a sbertucciare ogni due per tre quei buzzurri del Family Day, non hanno nulla da ridire se i bambini da 0 a 4 anni vengono informati, come prescrive il documento dell’Oms “Standard di educazione sessuale nelle scuole”, “sul piacere nel toccare il proprio corpo e sulla masturbazione precoce”. Siccome io invece da ridire ce l’ho, eccome, essendo ancora più intollerante medievale bigotto e puzzone di Gandolfini, propongo la soppressione immediata dell’Unar.

Luca Del Pozzo

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