Battaglia per l'Unesco: proporre Israele patrimonio dell'Umanità

Redazione

    Al direttore - I tre evasi: riforma ok, ma noi siamo contro il monocameralismo.
    Giuseppe De Filippi

     

    Al direttore - Gli articoli sulla legge di Bilancio parlano della trattativa sul 2,2 o 2,3 per cento di disavanzo come se la Ue ci prestasse dei soldi, come se il permesso di superare i limiti decisi a Bruxelles fosse una regalia allo stato italiano. Invece nessuno ci regala niente. Sono sempre soldi e debiti degli italiani per i quali la Ue non spende un solo euro. Non sarebbe ora di stanare la contraddizione insita in un indicatore di politica economica (per sua natura interpretabile e quindi soggettivo) che in mano ai burocrati diventa un tabù falso, deviante? Come si fa a credere che una serie di indicatori sottoscritti in un trattato di quasi venti anni fa, siano ancora oggettivi e validi per 18 nazioni tanto diverse tra loro? Perché i capi di stato eletti col suffragio universale debbono trattare gli obiettivi di politica economica con dei burocrati che nessuno ha votato? Sembra proprio che l’integrazione europea, realizzata solo in parte, rende profondamente contraddittorie e sempre meno funzionali le regole sulle quali è fondata.
    Piergiorgio Rossi

     

    Al direttore - La stupida Unesco ha colpito ancora. Gli arabi se la suonano e se la cantano e in un’altra commissione (stavolta senza nemmeno gli Usa, la Gb, l’Italia e altri) si sono votati, per la seconda volta, la pacchiana e insultante mozione che nega la storia di Gerusalemme, dell’ebraismo e dei diritti di Israele. Meriterebbero ora solo spallucce e disprezzo. Tanto lo sanno: con quelle mozioni naziste a Israele fanno un baffo. E loro si qualificano per quello che sono: culturalmente feccia. La bellissima notizia è invece la dichiarazione del ministro Gentiloni che dice due cose: ad aprile, quando si voterà nuovamente sul Muro del Pianto, se la mozione non cambia l’Italia voterà contro. Finalmente. La seconda cosa che Gentiloni dice è: l’Italia è stanca dell’uso che si fa dell’Unesco: invece di salvaguardare i beni culturali si usa per proclami politici sull’oggi. E l’Italia si muoverà di conseguenza. Renzi è stato di parola.
    Umberto Minopoli

     

    E’ una buona notizia, certo. Ma se l’Unesco vuole avere ancora un senso e vuole dimostrare di non essere sottomessa all’islamicamente corretto può fare una cosa semplice: dichiarare Israele patrimonio dell’Umanità. Perché si sia iscritti nella Lista del patrimonio mondiale, dice l’Unesco, “occorre presentare un eccezionale valore universale e soddisfare almeno uno dei dieci criteri di selezione illustrati nelle Linee Guida per l’applicazione della Convenzione del patrimonio mondiale”. Ne citiamo alcuni: “Mostrare un importante interscambio di valori umani, in un lungo arco temporale o all’interno di un’area culturale del mondo, sugli sviluppi nell’architettura, nella tecnologia, nelle arti monumentali, nella pianificazione urbana e nel disegno del paesaggio”; “essere testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa”; “costituire un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che illustri uno o più importanti fasi nella storia umana”. Coraggio, proviamoci.

     

    Al direttore - Io votai la riforma costituzionale preparata dal centrodestra nel 2006. Riforma che considero molto migliore rispetto a quella per cui andremo a votare il 4 dicembre. Detto ciò, non comprendo come quelle stesse forze politiche che allora ci chiedevano un Sì per ridurre il numero dei parlamentari, per snellire l’iter legislativo, semplificare l’elezione del Capo dello stato e rendere in qualche modo più forte il governo (e il premier) oggi chiedano di votare No perché addirittura si rischierebbe “una deriva autoritaria”. Questa è schizofrenia politica. Se uno dovesse dire Sì solo a una riforma perfetta, non approverebbe mai nulla. Perché la perfezione è merce rarissima. La riforma costituzionale Renzi-Boschi non è perfetta, e lo sappiamo. Ma rifiutare l’ultima occasione utile per dare una sterzata alla baracca è un suicidio politico. A meno che non si voglia razionalmente pensare di consegnare le chiavi del potere a Grillo e ai frigo-complottisti. Per questo, nel mio piccolo e da elettore di centrodestra da sempre, voterò Sì. E’ questione di serietà.
    Amedeo Salzone