Certezze: a Roma l'importante è non partecipare, non vincere
Al direttore - Dice: però a Roma faremo quattro partite degli Europei. Eccolo là, cominciamo col proporzionale.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Il M5s ha vinto una campagna elettorale con parole d’ordine come rinegoziazione del debito, che non è consentita per gli enti locali in assenza di un’apposita legge nazionale, e riordino delle partecipate: cioè un obiettivo privo di significato, se non si spiega come si intende realizzarlo. Oggi, a soli due mesi e mezzo dall’insediamento, Virginia Raggi deve già fare i conti con una grave perdita di credibilità e autorevolezza, senza aver messo a segno nessun vero provvedimento di governo che indichi la direzione scelta per portare Roma fuori dal pantano. Come intende chiudere il ciclo dei rifiuti per dare alla città un livello di pulizia finalmente accettabile? Come pensa di garantire trasporti non più da terzo mondo? Come vuole riformare le partecipate e il sistema dei servizi pubblici? A oggi non è dato conoscere le soluzioni della sindaca Raggi per garantire condizioni di vita decenti ai romani che, secondo Eurostat, in Europa sono tra i meno soddisfatti della propria città. E non potrebbe essere altrimenti: in base ai dati Istat che come Radicali italiani, con Roberto Cicciomessere, abbiamo raccolto ed elaborato in un dossier che mette a confronto Roma e Milano, il tasso di occupazione nella Capitale è stagnante dal 2008, con un’impennata drammatica della disoccupazione giovanile nell’ultimo anno. Roma affida il suo futuro occupazionale prevalentemente a lavori stagionali e di bassa qualità. La nostra Capitale vive in buona parte su un’economia della “pizza a taglio”, dei souvenir dei “negozi cinesi” e dei compro oro. Il confronto con Milano è impietoso: oltre la metà degli occupati milanesi, infatti, svolge lavori altamente qualificati. E non va meglio sul fronte della mobilità: la maggioranza di chi si sposta quotidianamente a Roma, per lavoro o studio, usa veicoli a motore privati impiegando in media 1 ora e 7 minuti per andare e tornare. A Milano invece la maggioranza dei cittadini usa i mezzi pubblici o privati collettivi. Ribaltare questa realtà con soluzioni coraggiose, radicali e anche impopolari è la sfida con cui dovrebbe misurarsi il M5s, oggi alla prova del governo, andando oltre gli slogan per aggredire i problemi, e non solo gli avversari. Superando quell’idea di perfezione di se stessi – già compromessa dalla cronaca di questi mesi – che impedisce qualsiasi dialogo. E – si spera – iniziando a evolvere sui valori del garantismo, che non significa certo sconfessare quello dell’“onestà”. Come Radicali non siamo mai per il “tanto peggio tanto meglio”, non ci sfreghiamo le mani davanti alle difficoltà della sindaca Raggi e, anzi, l’abbiamo pubblicamente spronata a mettersi al timone. Il Movimento però sembra aver rinunciato a prendere posizioni chiare e nette, per raccogliere un consenso trasversale frutto del discredito delle altre forze politiche; e ora, senza una linea di governo chiara, risulta assai difficile anche trovare una squadra che possa incarnarla e perseguirla. La crisi dei Cinque stelle – che rischia di trasformarsi in crisi istituzionale – non deve però far dimenticare le responsabilità di chi li ha portati al successo. Primo tra tutti il Partito democratico romano: Renzi non riesce a coltivare una nuova classe dirigente e ciò che resta del Pd dopo “Mafia Capitale” insegue i grillini sul terreno giustizialista, nel tentativo di ricomporre la propria immagine senza passare da una doverosa autocritica e un conseguente passo indietro dei “capibastone” che nei decenni hanno contribuito a portare Roma sull’orlo del baratro. E – non prendiamoci in giro – a riscattare la Capitale non sarà certo la proposta para-leghista di “società chiusa” targata Giorgia Meloni, che soffoca qualsiasi spinta liberale indispensabile perché la città torni a respirare. Come Radicali non abbiamo mai smesso, anche a Roma – dentro e fuori il Campidoglio, di lottare per condizionare il governo, l’opposizione, il dibattito pubblico ed elettorale con analisi, proposte e iniziative concrete. Ecco perché di fronte a uno scenario così incerto riteniamo necessario farci promotori di una coalizione di forze di “civile intelligenza pubblica”: non ricattabili, autorevoli, credibili, che pur ci sono nel mondo della politica, dell’impresa, della ricerca, delle professioni, pronte a impegnarsi per rimettere in movimento Roma attraverso un piano di riforme che dia un nuovo impulso all’economia stagnante e ossigeno al tessuto sociale. Un piano coraggioso, che fissi con chiarezza gli obiettivi e gli strumenti per raggiungerli, così da guadagnare subito la fiducia – o il dissenso – dei cittadini delusi e disillusi, e smentire chi sostiene che Roma sia irriformabile e perduta. Rilanciare Roma come Capitale d’Italia e Capitale europea è la sfida da vincere per risvegliare l’interesse e la fiducia dell’Europa e del mondo anche verso il nostro paese.
Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani
Al direttore - L’importante è non partecipare, non vincere.
Gino Roca
Al direttore - Caro Cerasa, il referendum costituzionale sarà comunque un voto pro o contro Renzi. Il popolo chiamato a esprimere il proprio giudizio non può addentrarsi nei meandri delle modifiche costituzionali proposte, di evidente complessità. Cerca, allora, una semplificazione: ci teniamo Renzi o lo mandiamo a casa? Subentrano, poi, le dinamiche dei sondaggi che non hanno poco conto sulle decisioni che vengono prese. Concordo con lei sul messaggio che il presidente deve lanciare con chiarezza: Italia modello Milano (sì), Italia modello Roma (no). Temo, però, che oggi il secondo sia maggioranza nel paese.
Lorenzo Lodigiani
C’è una maggioranza sì-silenziosa che può essere attivata e il modo peggiore per conquistarla è spersonalizzare, normalizzare, minimizzare la portata del referendum. Il mondo non cambierà con il referendum ma di sicuro, in caso di vittoria del sì, ci libereremo per un po’ di tempo di molti parassiti che hanno fatto fortuna facendo leva sull’instabilità e l’ingovernabilità del nostro paese.


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