Pazza idea liberale per avere un'Irlanda con sole italiano

Redazione

    Al direttore - In carenza di crescita, in mancanza di flessibilità, in attesa di conflitti Apple vs Irlanda, una pazza idea: perché non abolire completamente in Italia le imposte dirette (sulle imprese, sulle persone), e imporre però soltanto una tassa di successione-monstre (del 90 per cento), imposta delle più democratiche e redistributive? Avremmo un’Irlanda con sole italiano, un paradiso anche fiscale, un paese meno feudale, e forse l’endorsement di molti oligarchi riflessivi à la Bill Gates che già si organizzano per lasciare tutto, privatamente, in charity (anche per evitare eredi debosciati).
    Michele Masneri

     

    Dove si firma?

     

     

    Al direttore - Fanno riflettere le parole usate da Mario Monti a Cernobbio a proposito della riforma costituzionale: invita a non sovraccaricarla di aspettative per l’economia. Certo, la riforma non sarà una bacchetta magica per i prossimi trimestri. Eppure, proprio Monti ci ha insegnato ad apprezzare un’azione di governo che guardi al medio-lungo periodo, non al breve. La riforma realizza alcuni degli obiettivi per cui noi “montiani” ci impegnammo in politica nel 2013: promuovere stabilità di governo e dunque un orizzonte certo per chi guida il paese; favorire una produzione normativa più snella e trasparente; superare la sindrome del No-a-tutto che alberga in certa politica locale. Tutto questo è sufficiente per avere crescita economica? Certo che no, ma è necessario. Postilla: uno degli impegni assunti dai partiti per sostenere il governo Monti fu che, mentre il professore governava, loro si sarebbero occupati di modificare la Costituzione nella stessa direzione in cui va la riforma attuale. Monti governò e fece scelte difficili, i partiti non fecero la propria parte. Non pare al professore che ora sia tempo di completare l’opera?
    Piercamillo Falasca

     

     

    Al direttore - Sono un medico di 30 anni, specialista in Medicina legale con il massimo dei voti, e ho sempre ritenuto che con sacrificio, tenacia e dedizione avrei potuto raggiungere gli obiettivi prefissati. Purtroppo mi sono dovuto confrontare con la realtà baronale che ancora è radicata nelle nostre università. Ho partecipato a un concorso per un progetto di ricerca nonostante non fossi “gradito” al responsabile scientifico e a dispetto delle voci che davano quel posto come già assegnato. Decido comunque di partecipare visto il mio curriculum. Siamo solo due candidati ma l’altro è “verosimilmente” incompatibile per altri incarichi sopraggiunti. A questo punto l’area amministrativa della più importante Università di Roma e il responsabile scientifico hanno comunicato la possibilità che il concorso venga annullato. Lo stato dovrebbe premiare il talento e la bravura opponendosi ai criteri familistici o clientelari, in una parola al “nepotismo”. Alle porte vi è un altro concorso importante quello del dottorato di ricerca, che è basato su criteri molto soggettivi e lascia poco anzi pochissimo spazio al talento. Spero che le voci circa una presunta assegnazione anche di tali borse di studio prima del concorso siano soltanto opera di “malelingue”. Spero!
    Non ho mai pensato di emigrare perché sono italiano e amo il mio paese ma se la realtà è questa preferisco fuggire dall’Italia.

    Aniello Maiese

     

     

    Al direttore - Il coraggio della verità vale più del come la si dice. Onore alla Lorenzin.
    Serafino Penazzi