L'Alfano dei 5 stelle, Casaleggio e un imbroglio spacciato per utopia

Redazione

    Al direttore - La Terza guerra mondiale, il lavacro dell’umanità, distruggere tutto per ricominciare. Ora Di Maio.
    Giuseppe De Filippi

     

    Sono sicuro che l’Angelino Alfano del Movimento 5 stelle ci regalerà grandi sorrisi e diventerà presto, con grande concretezza, la perfetta spalla comica del dottor Grillo.

     

    Al direttore - Leggo questa frase: “Carico eccessivo di lavoro per troppo pochi giudici, costretti a lavorare in fretta, senza il tempo necessario per meditare le decisioni”, e a pronunciarla è il presidente della Corte costituzionale che vuole così giustificare il rigetto dell’80 per cento delle questioni sottoposte – da giudici – alla stessa Corte. Quindi lavorare in fretta porta a decisioni errate? Forse il presidente della Corte costituzionale non potrebbe, ad esempio, fare il dirigente d’azienda e forse neppure l’avvocato e forse neppure la casalinga. Veramente, se riportata correttamente, una frase stupefacente, anche per il pulpito da cui proviene.
    Alberto Savoini

     

    Al direttore - Quando sento i No Triv dire che la “cultura è il nostro petrolio” penso che non ci sarà mai fine alla retorica che opprime questo paese. La cultura non è petrolio, perché la cultura non ce la ritroviamo in natura, sotto i piedi, un qualcosa che dobbiamo consumare. La cultura, al contrario, si realizza con l’ingegno e si sviluppa con il nostro interesse. Basta guardare il degrado di alcune realtà italiane e penso ai musei dove non si staccano biglietti, ai tanti siti archeologici sconosciuti, ai teatri maltrattati o abbandonati, tutte strutture prive di una gestione virtuosa dell’“economia dell’arte” (sì economia dell’arte, in giro per il mondo ci sono realtà che la cultura la fanno davvero staccando milioni di biglietti con quel poco che hanno senza chiedere un soldo pubblico). Con la retorica italiana della “cultura è il nostro petrolio”  abbiamo dato per scontato i nostri beni culturali, come se li avessimo trovati sotto terra, maltrattati con le trivelle dell’assistenzialismo pubblico; una cultura virtuosa, insomma, è il risultato della conoscenza di uomini e donne che alle ricchezze artistiche hanno unito idee e capacità gestionali senza le quali l’arte muore. P.S.: io certi musei, per provocazione, li farei gestire dalle grandi compagnie energetiche e sono certo di risultati migliori dell’attuale gestione dei beni culturali.
    Domenico Mazzone

     

    Al direttore - “Negli ultimi vent’anni la tendenza generale prevalente nel mondo islamico è andata in direzione antioccidentale. (…) I musulmani temono e odiano il potere dell’occidente e la minaccia che esso rappresenta per la loro società e la loro fede. Giudicano la cultura occidentale materialistica, corrotta, decadente, immorale. In più, la considerano seducente, e questo accresce l’urgenza di opporsi al suo influsso. Sempre più spesso i musulmani accusano l’occidente non perché aderisce a una religione imperfetta e fallace, ma perché non aderisce a nessuna religione. Agli occhi dei musulmani il secolarismo, l’irreligiosità e quindi l’immoralità degli occidentali sono nemici peggiori del cristianesimo occidentale che li ha prodotti”. Così scriveva Samuel P. Huntington nel 1996. Quanto tempo, e quanti morti ancora, ci occorrono per comprendere ciò che è evidente?
    Piergiorgio Molinari

     

    Lo scontro di civiltà, tra civiltà, esiste e negarlo oggi significa non combatterlo, anche culturalmente, e indirettamente significa anche alimentarlo, non il contrario.


    Al direttore - In democrazia uno vale uno, come si conviene tra i pari, ma noi siamo impari e la quantità è nemica della qualità, io sto con Eraclito che diceva che uno vale diecimila; per Casaleggio uno (lui solo) vale tutti gli altri. E’ la nuova tirannia tecnocratica, quella che fa intendere che basta un clic per divenire attori, mentre è vero il contrario. La vera democrazia non è schermata, la libertà di parola consegue a quella di pensiero (se si trova qualcuno che ne abbia almeno uno), la rete come la televisione ammette solo sincopi di idee e di parole… e poi il possesso degli strumenti della comunicazione e del consenso decide dei rapporti politici in uno stato. Si è tanto combattuto Berlusconi per le sue televisioni e il suo conflitto di interessi e si acconsente al dispotismo cibernetico senza colpo ferire. Il possesso del linguaggio web è il latinorum del futuro. I partiti sono in disarmo, perchè non è più la parola viva a stabilire relazioni, ma quella alienata dagli strumenti di comunicazione. In ultima istanza solo il conflitto bellico riuscirà a mettere in comunicazione reale gli uomini, cosa che sta già avvenendo e che spiega la disaffezione dei cittadini alle deliberazioni sui diritti fondamentali che li riguardano, si aspetta che “dopo lunga tenzon si venga al sangue”, solo così ci si sveglierà dal sonno dogmatico della ideologia sociologica o tecnologica che sia.
    Luca Sorrentino

     

    I commenti appassionati che santificano lo scomparso Casaleggio come l’uomo che ha cambiato l’Italia (eh?) dimenticano di ricordare un passaggio non secondario dell’ideologia grillina: il principio di uno vale uno non è un’utopia politica, è un magnifico e spensierato imbroglio ideologico. Chiaro?