Una kippah per tutti i lettori del Foglio. Mercoledì edizione speciale
Al direttore - No del Parlamento di Tobruk al governo di unità nazionale. Vedi il bicameralismo…
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Anche se a Mariarosa Mancuso è parsa più espressiva la nuca che non il volto di Géza Röhrig, l’attore che impersona il personaggio principale de “Il figlio di Saul”, quella pellicola è l’ennesima riprova che di film sulla Shoah non ce ne saranno mai abbastanza. In “Saul fia” si narrano le ore finali della “vita” di un Sonderkommando – un internato costretto a gestire efficientemente lo sterminio di migliaia di persone per poi subire la stessa orribile sorte. Con un milione di euro e 28 giorni di riprese intense e drammatici effetti sonori, l’esordiente László Nemes racconta orrori, alienazione, speranze, odii, amori, religiosità, ribellione, vergogna, viltà e ungheresità con un lirismo sommesso di raro coinvolgimento. Il figlio di Saul è il film da vedere in questa settimana della memoria anche se gli altri li abbiamo già visti e rivisti tutti. Magari indossando proprio la vostra kippah.
Marco Perduca
Al direttore - Auschwitz, Dachau, Treblinka. Doveroso fare memoria dell’orrore, affinché non ricapiti. Come è doveroso ricordare che il contrario di Aushwitz si chiama Israele.
Jori Diego Cherubini
Ricordare è doveroso ma non è più sufficiente. Quest’anno bisogna fare qualcosa di più. Bisogna scegliere da quale parte del mondo e della storia stare con la testa. Nel nostro piccolo, quest’anno abbiamo scelto di onorare il 27 gennaio, la Giornata della memoria, con una Giornata della kippah. In quel giorno, il Foglio allegherà al giornale una kippah per i suoi lettori come segno di solidarietà per tutti gli ebrei che in nome di un nuovo antisemitismo si vedono costretti, “per non provocare”, a nascondere i simboli della propria fede. Gli ebrei non devono nascondersi. L’occidente non deve nascondersi. Noi mercoledì ci mettiamo la faccia. Voi, se volete, metteteci la testa.
Al direttore - Analisi e narrazione al bacio, sugli avversari di Renzi. Sintetizzando: i più pericolosi nemici di Matteo Renzi sono quelli che in casa sua, in terra, in cielo e in ogni luogo, brigano, intrigano, lottano per impedire che si faccia nuovi amici. La loro arma più efficace, considerato che tutto si muove nel clima politico italico, per impedirlo è trattare da esseri spregevoli, antidemocratici, sull’orlo di procedimenti penali, tutti quelli che ha già, i possibili e i propensi. Aggiungiamo che nel campo dei possibili, dei logicamente possibili, infuria una battaglia interna, di una imbecillità senza pari, di una miopia prospettica senza fine, per apparire suoi oppositori. Bene, il perché il Nazareno sia stato crocifisso è chiarissimo. Poi, le piazze telecomandate, i giornaloni, i giornaletti dei duri e puri, gli appetiti editoriali, i talk, i conduttori che lisciano il pelo alla bestia della protesta, le dichiarazioni di personaggi che dall’antirenzismo traggono la loro visibilità, ecc. ecc. Ha ragione direttore: occhio.
Moreno Lupi
Al direttore - Ho l’impressione che l’ansia del rinnovamento e del politicamente corretto possa indurre qualcuno ad aver false speranze. Infatti, leggendo le cronache calcistiche di questi giorni ci si è imbattuti in una sequela di stupidaggini a mo’ di sermone sull’etica e l’etimologia delle parole che volano sul campo, tra allenatori ed allenatori, tra giocatori e giocatori. Tutti hanno diritto ad aspirare al meglio e comunque alla buona creanza, ma credo sia una pia illusione poter sentire sul campo (o leggere labiali) frasi del tipo: “Poffare, ella ha proditoriamente posto in modo violento la sua calzatura sul mio malleolo!” oppure un “taccia buon uomo, la sua etnia di appartenenza non le consente di profferir verbo” o anche “sappia che la sua genitrice è nota per essere donna di costumi leggeri e non siamo in estate” e per finire un bel “ella mi ricorda una verdura che si può fare in insalata o anche lessa”.
Valerio Gironi


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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