Il presidente regolare, normale, sarebbe una cosina bella, ma è difficile
Al direttore - Dice che la parola del 2015 è “ritmo”. Ah beh, credevo “traghetto”.
Maurizio Crippa
Al direttore - Ogni fine anno vengo aggredito, prima da rabbia, poi da tristezza, nell’assistere a questa esaltazione feticistica di oggetti venduti, comprati, donati, scambiati, riciclati, alcuni buttati (questi siano benedetti). Nel resto dell’anno li vedo come sono, belli, brutti, utili, inutili, appena vengono infiocchettati e poi scartati mi appaiono kitsch. Che fare? Un consiglio, a quei suoi lettori che provano le mie stesse pulsioni, chiaramente regressive e infantili, e vogliono depurarsi: visitare la retrospettiva di Jeff Koons nell’edificio più orrendo del ’900, il Centre Pompidou dell’imbarazzante senatore Piano. Se dopo la visita sono ancora disperati, si concentrino nella “Sala Chiusa” per osservare le sculture “Made in Heaven” e le prestazioni sessuali di Jeff con Cicciolina (ricordate le polemiche alla Biennale del 1990?). Tornerete vispi.
Riccardo Ruggeri
Al direttore - Un presidente autorevole e sbiadito. Ho il vago sospetto che nella nostra Italia le cattive abitudini fioriscano sugli alberi a ogni stagione. Il problema è che i frutti che producono sono indigesti a tutti. Certo, la sua proposta è convincente. Ma lei, raccontando come avvengono le elezioni presidenziali in Germania vola troppo alto nei desideri. Io mi auguro che venga eletta una persona che sa di politica ma non si applica al partitismo. Che aiuti chi governa e abbia uno spirito autenticamente liberale. Ecco una persona come Martino non mi spiacerebbe. Ma non so che fine abbia fatto. Succede che i migliori scompaiano dalla politica attiva. Altri, invece, della politica vogliono fare i padri nobili. E non è, questa, una categoria che mi piaccia.
Maria Pia Banchelli
Al direttore - L’efficace editoriale sul prossimo presidente della Repubblica, che l’Elefantino vorrebbe autorevole ma in apparenza sbiadito (29 dicembre), assume, sia pure con qualche condizionale, la fine del regime proporzionalista e l’avvento del maggioritario, che parte dal premio di maggioranza assegnato alla lista più votata. Il desiderio dell’Elefantino sviluppa così una autorevole linea di pensiero che vede, tra gli altri, sostenitore Sabino Cassese (può avere un significato ultrattivo, in relazione alle prossime elezioni?) il quale preconizza un ruolo einaudiano del presidente che diventa soltanto equilibratore e regolatore dei poteri dello stato. Ciò, però, dovrebbe supporre anche il rafforzamento di tutti gli altri poteri neutri di garanzia dal momento che il maggioritario può, alla fine, permeare di sé non solo i rami alti, ma l’intero settore pubblico (si pensi, ad esempio, alle nomine negli enti e nelle imprese pubbliche e alla loro attività), a maggior ragione se passerà il progetto di un Senato formato da nominati di secondo grado. Del resto, Einaudi svolgeva in quel modo la sua alta funzione pur in presenza di un sistema decisamente proporzionale.
Angelo De Mattia
Caro De Mattia, Einaudi era protetto dalla Guerra fredda e dal principio di autorità, anche personale, due elementi scomparsi.
Al direttore - Senza timore di smentita si può affermare che l’ormai leggendario film “The Interview” è un colossal: una colossale presa in giro! Una di quelle goliardate fatte con sottile e intelligente autoironia e, quindi, con una morale. Per due ore e mezzo, infatti, James Franco, Seth Rogen e il regista Evan Goldberg si fanno gioco di tutto quello che gira intorno allo showbiz americano, dalla crudeltà della e nella Corea del nord alle strategie della Cia, dalle armi di distruzione di massa all’anti-americanismo, dalla nascosta omosessualità di chi si confronta con una figura paterna prepotente alle parolacce, specie la coprolalia, dal sesso al cinema all’antisemitismo, dalla musica pop – europea e coreana – ai film splatter e i cuccioli su internet ma, soprattutto, la televisione e le sue star. Se poi caliamo questo testo affilato nella torta sfornata per il lancio del film – fatta di veri o presunti attacchi cibernetici alla casa produttrice Sony (che solo qualche giorno prima aveva subito una serie di sconvenienti leak di email), di un immediato ritiro della pellicola da decine di migliaia di sale negli Usa, di inviti di Obama a desistere dalla cancellazione della presentazione, di ritorsioni dei coreani, di distribuzione in un paio di centinaia di sale subito dopo Natale, del milione e mezzo di download pirati e delle cause incrociate tra cantanti usati ma non pagati – allora si raggiungono vette da capolavoro a tutto tondo. Siccome la morale combacia col finale non rovinerò la festa svelando come va a finire. Nell’attesa di leggere avidamente Nuovo Cinema Mancuso, auguro a Lei e a tutto il Foglio una buona fine 2014 e un miglior principio per l’anno nuovo dedicandovi un pensiero tratto da “Firework” di Katy Perry, l’artista più citata in “The Interview”: “Do you ever feel like a plastic bag / Drifting through the wind, wanting to start again? / Do you ever feel, feel so paper thin / Like a house of cards, one blow from caving in?”. Auguri!
Marco Perduca


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
